Questo il titolo dell'assurda e, per alcuni versi, "mostruosa" richiesta dell'associazione dei ginecologi inglesi, il prestigioso Royal College of Obstetricians and Gynaecology comparsa domenica scorsa dalle pegine del Sunday Times .

Riportiamo, di seguito, due interessanti contributi in merito a cura di Luisa Bosisio Fazzi - Presidente Consiglio Nazionale sulla Disabilità e Giampiero Griffo - membro Consiglio Mondiale di Disabled Peoples' International (DPI).

Lasciateci uccidere i bambini disabili
di Luisa Bosisio Fazzi

La dichiarazione, riportata il 7 novembre scorso dal quotidiano l'Avvenire, del Royal College of Obstetricians and Gynaecology "lasciateci uccidere i bambini disabili" è stupida e terribile nello stesso istante.

Stupida perché pare che da Platone il tempo sia passato invano. Anch'egli nel Convito, metteva nelle parole di Erissìmaco l'affermazione che "è brutto per un medico il voler tentare di curare ciò che per natura è cattivo" .

E' quello che pensava Licurgo quando a Sparta faceva lanciare i "minorati" dal picco del Taigeto.

Forse anche nel Medio Evo erano dello stesso parere quando per giustificare la nascita di un bambino disabile si accusavano le streghe di aver rapito, nella notte, dalla culla il bambino "bello", sostituendolo con un loro figlio "brutto". Trovando poi anche la scusa per "incendiare" qualche sventurata donna.

Certamente dopo i tempi cupi di quel periodo arrivò la luce della conoscenza e nel 1685 il famoso chirurgo parigino Francois Mauriceau , nel Trattato delle Malattie delle Donne Gravide e Infantate, al Capitolo XXXIX Del modo d'impedire ch' i fanciulli non divenghino loschi, storti, gobbi, ò zoppi, racconta: "S'impedirà che non venghino loschi, se si darà loro una nodrice ch'abbia la vista dritta, acciò che non pigli quell'abito in caso, che ella fosse tale; …. Se qualche membro avesse qualche cattiva figura, bisognerebbe accomodarla con fascie. …..Quando il petto, ò la spina del dorso fosser torte, gli si faranno giupponcini d'osso di balena, di latta, ò d'altro, acciò possino pigliar la lor forma naturale".

Prima della prima guerra mondiale un certo Alexis Carrel pubblica un libro "L'Uomo, questo sconosciuto" dove afferma che la medicina sbaglia nel cercare di "migliorare gli individui di qualità scadente" e che occorre abbandonare l'idea pericolosa di limitare i forti, elevare i deboli, e far così crescere il numero dei mediocri.
E' un libro del 1912 ma ancora pubblicato ai giorni nostri.

E che dire del signor Charles Richet , premio Nobel, autore di La Selection Humaine, che nel 1913 chiedeva disposizioni costrittive: controllo dei matrimoni e sterilizzazione dei portatori di geni cattivi, gobbi, zoppi, deboli che rischierebbero di introdurre germi nocivi in tutta la razza.

Il terzo Reich praticò senza scrupoli l'eugenismo in tutte le sue possibili forme. I Lebensborn , stazioni di monta per ariani in cui SS dall'aspetto fisico gradevole fecondavano "autentiche giovani donne germaniche", ne erano l'aspetto più simpatico.
Le leggi eugenistiche tedesce, promulgate tra il 1933 e il 1937 comportarono la sterilizzazione di 400.000 persone . Nell'operazione "Eutanasia" , che raccolse malati mentali, persone con disabilità, persone svantaggiate e altri "tarati" si assassinarono almeno 70.000 individui in centri specializzati per poi eliminarli tramite iniezione di veleno o asfissia con gas di scarico. Parallelamente venne varata una intensa campagna di propaganda destinata a convincere il popolo tedesco della giustezza della sterilizzazione e dell'eutanasia: film, grandi mostre, periodici vennero diffusi capillarmente e la pretesa necessità di eugenismo fu prudentemente accettata dal resto della popolazione. L'accanimento contro la disabilità divenne un apparato che assunse le caratteristiche e divenne la palestra dei futuri stermini di milioni di ebrei e zingari iniziati nel 1942.

Per certi versi si era creato in tal modo un terreno favorevole ad una sorta di "indifferenza" alla sorte e quindi alla morte di individui definiti inguaribili. In questo clima trovò terreno fertile la teorizzazione di una "eutanasia di Stato" . Nel 1920 apparve un libro dal titolo "L'autorizzazione all'eliminazione delle vite non più degne di essere vissute" . Gli autori erano Alfred Hoche (1865-1943), uno psichiatra e Karl Binding (1841-1920) un giurista.
Hoche e Binding di fatto svilupparono un concetto di "eutanasia sociale" . Il malato incurabile, secondo i due, era da considerarsi non soltanto portatore di sofferenze personali ma anche di sofferenze sociali ed economiche.

Nel 1933 si ebbe l'emanazione della "Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie" . Nell'8 ottobre 1935 venne emanata una seconda legge per "La salvaguardia della salute ereditaria del popolo tedesco" . Con essa si autorizzava l'aborto nel caso in cui uno dei genitori fosse affetto da malattie ereditarie.

Nello stesso periodo i paesi scandinavi (Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia) emanarono leggi non molto diverse da quelle tedesche. Non avevano portato all'eliminazione fisica delle persone nè a persecuzioni, ma anche loro avevano l'obiettivo di migliorare la qualità genetica della popolazione e hanno comportato fino agli anni Sessanta la sterilizzazione più o meno forzata di decine di migliaia di persone. Non dimentichiamo gli Stati Uniti dove fino al 1949 furono praticate in tutto 50.000 sterilizzazioni .

L'affermazione degli Ostetrici e Ginecologi inglesi è terribile perché oggi possiamo affermare che nulla è cambiato ed ancora la scienza costruisce le giustificazioni alla soluzione della disabilità . Una condizione che provoca sofferenze nei parenti della persona che ne è affetta e - dall'altro - sottrae importanti risorse economiche che sarebbero più utilmente utilizzate per le persone sane. Lo Stato dunque - arbitro della distribuzione delle ricchezze - deve farsi carico del problema che queste persone rappresentano e ucciderli ha un duplice vantaggio: porre fine alla sofferenza personale e consentire una distribuzione più razionale ed utile delle risorse economiche.

E' terribile, per noi persone con disabilità, scoprire ancora una volta che la disabilità non appartiene all'umanità, che la storia non ci ha mai "citato" se non per proporre la nostra eliminazione e quando non ci è riuscita per proporre giustificazioni alla nostra esistenza.

Prima degli Ostetrici e dei Ginecologi britannici sono arrivati alcuni pediatri olandesi (Centro Medico Università di Groeningen) in risposta ad un documento del Ethics Working Group of the Confederation of European Specialists in Paediatrics (CESP - Gruppo di Lavoro sull'Etica della Confederazione degli Specialisti in Pediatria) che sollevava un certo numero di osservazioni riguardanti la cura intensiva neonatale. Tale documento aveva per titolo Ethical dilemmas in neonatology: recommendations of the Ethics Working Group of the CESP (published in European J Pediatr 2001; 160:364-368).

In contrasto con questo articolo, venne preparato un protocollo nel 2002 dai pediatri di Groeningen in Olanda (chiamato Protocollo di Groeningen) in collaborazione con la magistratura locale e presentato nel prestigioso New England Journal of Medicine 2005; 352:959-962, Esso contiene linee guida generali e specifici requisiti riguardanti l'eliminazione attiva della vita di neonati con gravi disabilità. Da notare che lo studio è stato redatto dopo l'osservazione di 22 (ventidue) neonati affetti da spina- bifida. Ed ora la magistratura olandese, in base a questo protocollo non persegue quei medici che praticano l'eliminazione dei neonati con quelle caratteristiche.

Questi fatti (non così isolati, semmai non pubblicizzati) e la possibilità di valutare la "qualità genetica" di un embrione segnano la nostra storia passata e presente. E' risaputo che con le nuove tecniche di fecondazione è possibile individuare l'embrione migliore che sarà scelto per essere impiantato. Oggi i genitori possono passare in rivista il "pedigree" dei propri embrioni di cui dispongono per scegliere il migliore. Chissà se in questo modo l'autonomia del futuro bambino sia a rischio, e che l'intervento dei genitori nella definizione delle sue caratteristiche sia una negazione della sua libertà e la sovranità del suo destino.
Che relazione c'è tra la scelta individuale, in cui la libertà del genitore (a scapito di quella del bambino) viene rispettata, e le pratiche di Hitler?

Ed ora arrivano questi novelli Erode che cercano di giustificare e promuovere l'eliminazione di quei neonati scampati, non si sa come, alla valutazione pre-nascita. Affermano che la disabilità è una sciagura fisica e psicologica per i genitori ed economica per la società.

Ma questi signori certamente non hanno mai curiosato (esula dalle loro competenze?) nella vita dei bambini con disabilità diventati adulti.
I pediatri di Groeningen sapranno che le persone con spina bifida non hanno vite caratterizzate da "sofferenze indicibili" come loro affermano? Che hanno sviluppi esistenziali ottimi? Che i loro genitori i loro fratelli e sorelle, accanto a loro, vivono una vita familiare simile a quella delle famiglie dove non esiste una persona con disabilità? E così tutte quelle famiglie che accolgono con sollecitudine e amore tutti i loro figli con o senza disabilità.

Questi signori e tutti quelli (medici, ricercatori, politici, amministratori, gente comune) che ritengono validi solo i loro pensieri e le loro azioni sanno che dal 1948 in un luogo del mondo (New York) si proclamò la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo intendendo per uomo tutte le persone senza distinzione alcuna?

Chissà se avranno sentito che nel 1989, sempre a New York, tutti gli Stati del mondo (eccetto USA e Somalia) sottoscrissero e ratificarono la Convenzione del Fanciullo ? In quella Convenzione dichiararono (e quindi divenne non solo legge ma cambiamento anche di cultura ed atteggiamento verso i bambini) che l'importanza dei valori basilari espressi negli articoli 2, 3, 6, 12 della Convenzione sono considerati come "principi generali". Infatti la non discriminazione (art.2), l'interesse superiore del fanciullo (art.3), il diritto alla vita, alla sopravvivenza ed allo sviluppo (art.6), il rispetto dell'opinione del fanciullo (art.12), costituiscono i valori guida della tutela dei diritti dei bambini anche quelli con disabilità.
Addirittura nell'articolo 23 sottolinearono la necessità di maggiore attenzione ai bambini con disabilità affinché possano al pari di tutti gli altri bambini godere dei loro diritti.

Ed invece no. Mi sembra addirittura che non conoscano nemmeno l'esistenza dal 1993 della Risoluzione ONU sulle Regole Standard per le Pari Opportunità di Partecipazione per le Persone con Disabilità . Questa Risoluzione fu scritta da tutti gli Stati presenti all'Onu con la collaborazione delle persone con disabilità ed in essa si dichiara che le persone con disabilità per partecipare alla vita sociale - e quindi godere appieno di tutti i diritti e soddisfare anche tutti gli obblighi di cittadinanza – devono essere messi in grado di partecipare fornendo loro pari opportunità ed eliminando la discriminazione nei loro confronti.

Addirittura l'Organizzazione Mondiale della Sanità, santuario dell'approccio medico per definizione, influenzata anche dalle Regole Standard, ha avviato un coraggioso processo di modifica della sua ICIDH Classificazione delle menomazioni, disabilità e handicap presentando nel 2001 la nuova Classificazione ICF Classificazione Internazionale sui Funzionamenti .
Attraverso questo strumento viene diffuso un "messaggio chiave" e cioè:

L'ICF riconosce che ogni essere umano può avere un problema di salute e chiarisce il ruolo fondamentale dell'ambiente nel determinare la disabilità. Questo non è qualche cosa che capita solo a una minoranza, ma può capitare a chiunque e la riconosce come esperienza umana universale.
Inoltre sposta la causa di esclusione dalla disabilità all'ambiente. La persona non può partecipare alla vita sociale non a causa della sua disabilità ma a causa delle barriere ed ostacoli che tale società costruisce.

Ed allora, se la disabilità può capitare a chiunque ed in qualsiasi tempo della vita che differenza passa tra l'eliminazione del neonato disabile e quella della persona diventata disabile? Se la nascita, secondo l'esimio John Harris, docente di bioetica alla Manchester University, e quindi il fatto giuridico che trasforma il "prodotto del concepimento" in persona (uomo o donna che sia), non viene considerata come fatto rilevante per l'applicazione delle tutele derivanti dai diritti dell'uomo ai neonati disabili, anche un evento traumatico o una patologia invalidante potranno essere intesi come elemento indiscusso della necessità di eliminazione della persona che ha subito il trauma o soffre di tale patologia.

Scusatemi signori pediatri di Groeningen, signori Ostetrici e Ginecologi londinesi, signor John Harris ma secondo le vostre argomentazioni siete in pericolo di vita. Se dovessimo adottare le vostre dichiarazioni e doveste cadere vittima di incidente con gravi danni cerebrali, di una emorragia cerebrale, di una demenza senile, di una malattia neuromuscolare, di un tumore in fase terminale o di altra patologia altamente invalidante quando pensate sarà il momento di eliminarvi? Al momento della diagnosi, al vostro primo ricovero ospedaliero, al rientro al vostro domicilio. Fateci sapere.

Ora augurandovi una vita piena e soddisfacente, senza alcuna malattia né disabilità futura, vorrei che ci venisse riconosciuto il diritto di essere ascoltati in quanto persone con disabilità . Non è possibile, in nessun tribunale che possa definirsi giusto, fare sentenza senza avere ascoltato il presunto colpevole. Quando si tratta di persone con disabilità questo diritto viene negato e chi deve emettere sentenza si arroga il diritto di saperne più dell'interessato.

Dai vostri luoghi di studio, dai vostri laboratori dite che le nostre vite sono vite senza dignità. Ma avete chiesto alle persone (che voi chiamate, orrore, con l'appellativo della disabilità: i miodistrofici, i down, i cerebrolesi, gli idioti, ecc) un parere sulla loro vita? Che etica è quella che esplora e indaga sulla qualità della vita delle persone con disabilità partendo dal punto di vista del medico? Che ne sa quel medico di come la mia vita si è sviluppata se non mi ascolta? Che ne sanno i bioetici della vita delle persone con disabilità se osservano solo la disabilità e non la persona.

Forse, anzi no, è venuto il momento di essere presenti nei comitati di bioetica per argomentare sulla dignità della vita portando dal nostro punto di vista di persone.

Forse, anzi no, nei comitati di bioetica è venuto il momento di parlare delle persone con disabilità e non più della disabilità perché noi siamo persone e come tali titolari prima di diritti umani fondamentali, e di conseguenza anche di diritti civili, economici e politici.

Un'ultima riflessione sul ruolo dei mezzi di comunicazione. Se, riprendendo un mio pensiero precedente, la scienza costruisce le giustificazioni alla soluzione della disabilità, in questo momento il mondo dei media sta preparando il terreno alla stessa giustificazione. Sui giornali e mezzi di comunicazione radio e televisivi passano solo le notizie clamorose con i titoli ad effetto. E' inutile strillare scandalizzati se questo o quel luminare parla di eliminare le persone con disabilità se poi non si danno notizie che possono dare una posizione differente.

Dove eravate questa estate (precisamente il 25 agosto) quando all'ONU, sempre con i nostri Paesi abbiamo scritto e definito la nuova Convenzione sui diritti e la dignità delle persone con disabilità?

Dove siete quando lavoriamo in stretto contatto con il Parlamento Europeo, la Commissione Europea, il Consiglio d'Europa sulla definizione dei Piani di Azione decennali delle politiche sulla disabilità?
Dove siete quando con le nostre associazioni lavoriamo all'interno delle Università come consulenti e docenti ? quando con le Amministrazioni Locali definiamo Piani Politici Sociali? Quando iniziamo percorsi di formazione sull'etica, sulla qualità della vita, sulla libertà di scelta, sulla non discriminazione con i nostri associati in collaborazione con enti e persone estranei alla nostra rete?

Nulla avete mai scritto né scrivete di questo, anche per voi siamo solo dei poveri guitti da usare per fare titoli ad effetto, siamo come la "donna cannone" da mostrare al circo per attirare la curiosità dei vostri lettori . Ed allora non stupiamoci se poi delle persone con disabilità si parla solo della loro indegnità di vita e se la pubblica opinione, formata su questi standard, alla fine dichiara che "sì, la loro vita è proprio una vita di merda".

Autorizzateci all'infanticidio di bambini con disabilità
di Giampiero Griffo


La notizia che viene da Londra sembra incredibile: «Dateci la possibilità di uccidere i neonati con disabilità gravi». È questo l'agghiacciante richiesta fatta dal Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (RCOG) di Londra in un documento indirizzato al Nuffield Council on Bioethics, una influente Commissione privata di Bioetica che la settimana prossima licenzierà un rapporto sulle decisioni critiche in medicina fetale e neonatale.


La notizia, pubblicata sul Sunday Times, riporta anche le motivazioni che stanno alla base della richiesta. Secondo il RCOG sarebbe in questo modo tutelato il bene superiore delle famiglie, per risparmiare ai genitori il fardello emotivo e il peso economico della cura per un bambino gravemente disabile, "potrebbe prevenire alcuni aborti tardivi in quanto i genitori sarebbero rassicurati sulla continuazione della gravidanza prendendosi un rischio sull'esito" della stessa. Il professore di Bioetica John Harris, membro influente della Commissione governativa di Genetica umana, ha commentato la notizia in maniera favorevole : «Attualmente si può abortire fino agli ultimi giorni di gravidanza se ci sono grossi handicap del feto, ma non possiamo uccidere i neonati. Cosa pensate che accada nel passaggio attraverso il "canale della nascita" per giustificare l'uccisione del bambino da un lato del canale e non dall'altro?».


Già in passato, attraverso un documento pubblicato da una importante rivista scientifica, alcuni medici olandesi (dove è ammessa per legge l'eutanasia) avevano sostenuto la soppressione di bambini nati con la spina bifida (protocollo di Groningen), dietro motivazioni analoghe a quelle sollevate dal RCOG: alleviare le sofferenze dei genitori e prevenire costi di assistenza elevati. Questa posizione favorevole all'infaticidio di neonati con disabilità aveva avuto autorevoli supporti culturali da vari esperti e luminari di bioetica e di medicina. Citiamo solo alcuni esempi di queste incredibili prese di posizione. M. Rietdijk , medico e filosofo tedesco : "Si dovrebbe uccidere quel bambino che si scopra avere difetti fisici o mentali prima o dopo la nascita" ; Bob Edwards , embriologo di fama mondiale : "Sarà presto una colpa per i genitori avere un bambino che rechi il pesante fardello di una malattia genetica" ; Peter Singer , professore di bioetica : "Non sembra del tutto saggio aumentare ulteriormente il drenaggio di già limitate risorse, incrementando il numero dei bambini con disabilità" . Proprio il prof. Singer ha teorizzato che in un mondo dove le risorse sono sempre più scarse, esse vanno investite per i sani e non per i "malati" E' una trasformazione profonda dei valori su cui si è costruito il mondo fino ad ieri, per definire chi meriti di essere tenuto in vita. Se è il mercato che determina i valori del mondo perché stupirsi se la vita delle persone con disabilità venga valutata antieconomica e quindi soppressa?

Non è un caso da qualche anno alcune associazioni di persone con disabilità e loro familiari hanno lanciato segnali di forte preoccupazione sui rischi di ulteriori discriminazioni e violazioni di diritti umani che le pratiche di biomedicina stanno sviluppando. Gli screening pre-natali orientati all'interruzione selettiva delle gravidanze "socialmente indesiderabili", le promesse di terapie geniche che eliminino le malattie, senza conoscere le implicazioni di una modificazione del DNA, fino all'eutanasia delle persone con disabilità adulte, rappresentano nel campo della bioetica una delle più grandi minacce per i diritti umani delle persone con disabilità in questo millennio.

Ha cominciato nel 1995 Inclusion International , la Federazione mondiale delle famiglie di persone con ritardo mentale e difficoltà di apprendimento, occupandosi della Convenzione sul genoma umano del Comitato internazionale sulla bioetica dell'Unesco , ha continuato nel 2000 Disabled Peoples' International Regione europea , con l'organizzazione di un seminario mondiale su "Bioetica e disabilità. Una questione di diritti umani" nel Regno Unito e la definizione di una Dichiarazione europea su genetica e disabilità, elaborata direttamente dalle persone disabili di 5 paesi europei attraverso un progetto finanziato dalla Commissione europea (vedi www.dpitalia.org). A queste associazioni hanno fatto seguito posizioni preoccupate dell' IFSHB (la Federazione europea delle associazioni di spina bidìfida ed idrocefalo), e l'European Disability Forum con due Risoluzioni sugli screening prenatali e sul diritto alla vita (questa in corso di approvazione).

Il dibattito verte su una semplice domanda: chi decide per il diritto alla vita delle persone con disabilità? I medici si arrogano la competenza di valutare la bassa qualità della vita delle persone con disabilità partendo solo da considerazioni mediche, spesso distorte. In realtà la qualità della vita delle persone con disabilità – come quella di qualsiasi persona – non dipende dalla condizione soggettiva della persona, bensì dal livello di inclusione della società che li accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione (istruzione, ausilii, servizi, etc.). Nella maggioranza dei casi la persona con disabilità riceve vari svantaggi, dalla società che non pensa che ci siano viaggiatori in sedia a rotelle, impiegati non vedenti, studenti sordi, etc. In più, la qualità della vita di una persona con disabilità dipende dai comportamenti, sostegni e risorse della famiglia, dall'ambiente di vita, dalle differenti istituzioni responsabili ad intervenire e, quando adulto, dalla stessa persona con disabilità. Le stesse ragioni da cui dipende la qualità della vita di ogni persona. E' solo un pregiudizio attribuire una modesta qualità della vita alle persone con disabilità. Partendo da questo pregiudizio alcuni medici stanno veicolando l'idea che si possa decide sull'eutanasia di queste persone. La persona con disabilità, potrà vivere pesanti o lievi limitazioni alla liberta di muoversi, pesanti o lievi discriminazioni nelle regole sociali e/o istituzionali che lo includano o lo escludono, ma la qualità della sua vita non sarà automaticamente inferiore alla qualità della vita di altre persone.

La disabilità, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità , è data dall'interazione tra persone con disabilità e le barriere ambientali, inclusi gli atteggiamenti e le immagini discriminatorie, che la società produce. La nuova genetica umana, e le ideologie culturali e politiche che la sostengono, lavorano direttamente contro questa definizione e promuovono il concetto che la persona con disabilità è, né più né meno, la sua stessa disabilità. Questa medicalizzazione della disabilità incrementa la discriminazione contro le persone con disabilità e conferisce sostegno al massiccio impegno finanziario solo per la ricerca sulla genetica umana, a scapito delle azioni contro gli ambienti fisici e sociali disabilitanti. Sono gli effetti negativi dell'interazione con questo ambiente a produrre disabilità, non le nostre disabilità, sia di origine genetiche o, come per la gran maggioranza, causate da malattia, incidente o conflitto armato.

Le persone con disabilità non si oppongono alla ricerca medica quando lo scopo è una cura o il lenimento del dolore. Molte persone con disabilità oggi sono vive solo grazie al progresso scientifico in generale e alle scoperte mediche in particolare, ragion per cui è importante promuoverne e sostenerne il progresso laddove apporti benefici per tutti. Tuttavia vorremmo vedere la ricerca diretta al miglioramento della qualità delle nostre vite, non a negarci l'opportunità di vivere. Ci opponiamo, invece, alla pulizia genetica, guidata dal profitto e dall'efficacia sociale, pervasa di pregiudizio contro le persone con disabilità e condotta in nome della cura o del trattamento .

Se fino ad ieri le persone con disabilità erano escluse e segregate (come avviene ancora nella gran parte dei paesi del mondo), venivano uccise in forme tribali o istituzionali, e questo sembrava un trattamento legittimo ed umano, oggi la voce delle persone con disabilità è diventata tanto chiara e forte da far approvare dalle Nazioni Unite la Convenzione per i loro diritti, che vieta ogni forma di discriminazione, promuove l'egualizzazione delle opportunità e tutela i loro diritti umani. Oggi finalmente esiste uno strumento legale per far si che le risorse della società siano indirizzate a garantire l'inclusione sociale delle persone con disabilità. Non suona paradossale che proprio ora che riusciamo a far riconoscere i nostri diritti una parte della società, non potendo escluderci nelle vecchie forme, si schieri esplicitamente per la nostra soppressione fisica? Davvero la paura del diverso (che fa scaturire fantasmi contro gli immigrati, contro le religioni, le culture che non appartengono alla nostra storia e tradizione) produce queste aberrazioni? Davvero la difesa dei propri privilegi e dei propri stili di vita può far arrivare a pensare di sopprimere chi li pone in discussione e vuole estenderli per tutti i cittadini?
Oggi che nel dibattito bioetico alcuni parlano di noi come se fossimo solo oggetti, di cui fare quello che si vuole, è importante che le persone con disabilità ed i loro familiari combattano queste aberrazioni sul nascere. E' necessario dire la nostra, portare in primo piano i nostri diritti e le nostre opinioni. Anche in questo campo è sempre più valido lo slogan/diritto NIENTE SU DI NOI SENZA DI NOI . Dobbiamo chiedere che nei corsi di bioetica abbiamo diritto di parola (come per es. nel Master di Bioetica dell'Università di Ancona, dove DPI-Italia in collaborazione con il Forum por la vida independiente spagnola e la Gasbi e l'Acisb ha organizzato una giornata di formazione su bioetica e disabilità), dobbiamo rivendicare di far parte dei comitati etici, quando si parli di noi, dobbiamo chiedere al Comitato nazionale di bioetica di farne parte e di elaborare urgentemente un documento sulle persone con disabilità ed i loro diritti.