Fonte www.vita.it - Le aziende italiane non brillano per attenzione alla gestione delle diversità. Secondo i 750 rispondenti a una survey condotta dal Diversity Management Lab di SDA Bocconi, al di là dei proclami, in molti casi continuano a mancare ruoli e pratiche specifiche per il diversity management e, all'interno della popolazione organizzativa, persone meno giovani, stranieri, persone con disabilità e omosessuali risultano svantaggiati nei processi di assunzione e di promozione.

L'organizzazione

Al campione è stato chiesto, innanzitutto, come ritengono si comportino le imprese sul diversity management a livello organizzativo : solo il 23% dichiara che nella propria azienda è presente un sistema di pratiche per la gestione delle diversità, a fronte di un 30% che ne sottolinea la mancanza. «A questo proposito - spiega Stefano Basaglia, che ha curato la ricerca per il Diversity Management Lab insieme a Zenia Simonella -, è da sottolineare anche un altro dato: il fatto che il 46% non sappia rispondere, a evidenza che, forse, c'è anche un problema di comunicazione interna circa le iniziative aziendali su questi temi".

La probabilità di promozione

Riguardo alla possibilità di avanzamenti di carriera, a parità di competenze, l'opinione dei rispondenti non cambia: uomini e donne anziani e persone con disabilità hanno meno chance di ottenere una promozione. Nel caso delle donne, inoltre, anche la presenza di figli risulta svantaggiosa. «Tanto per i processi di assunzione che per quelli di avanzamento di carriera emerge come vi siano determinate categorie sociali penalizzate e stigmatizzate all'interno della popolazione organizzativa». sottolinea Stefano Basaglia. Non è vero quindi che le aziende utilizzino il merito per valorizzare il talento; i nostri dati dimostrano che il talento viene attribuito pregiudizialmente a certe categorie e caratteristiche sociali- aggiunge Simona Cuomo, coordinatrice del Diversity Management Lab di SDA Bocconi- Le evidenze mostrano inoltre come, a livello organizzativo aziendale, manchino ancora ruoli, strutture e processi dedicati alla gestione delle diversità e come il management appaia poco impegnato su questi temi».

Il work-life balance

Un altro aspetto sondato dalla survey riguarda la gestione del bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata, tema sempre più importante nella gestione della popolazione organizzativa. Ciò che risulta è che le pratiche attuate dalle imprese su questo versante sono ancora ferme a una visione tradizionale. Le due pratiche considerate più presenti sono il part-time (4,62 su 7) e la flessibilità sugli orari di ingresso e uscita (4,69). Telelavoro (2,72), job-sharing (2,38), forme di flessibilità personalizzate (3,06) non paiono ancora far parte del linguaggio aziendale. Il lavoro agile, ossia l'insieme di queste pratiche di flessibilità lavorativa, è un potente strumento di gestione della nuova popolazione organizzativa delle aziende - conclude Simona Cuomo -.

Purché però si superino gli stereotipi che caratterizzano ancora oggi il lavoro, ossia un tempo e un luogo fisso per il suo svolgimento. Le imprese italiane, da questo punto di vista, sono ancora molto indietro».

23 gennaio 2014