Fonte www.superando.it - Il recente avvio a Roma del Progetto “Gianni” – nome simbolico che identifica tutte le persone con gravi disabilità “non collaboranti”, le quali potranno finalmente usufruire nella Capitale di uno specifico intervento sanitario – dà lo spunto all’Anffas di Modica, in provincia di Ragusa (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), per lamentare la perdurante mancanza di risposte sul proprio territorio, a un’iniziativa analoga, denominata Libero accesso e presentata molti mesi fa dall’Anffas stessa, ma condivisa anche da altre Associazioni del territorio e basata su percorsi di accoglienza e trattamento di pazienti con disabilità minori o adulti non collaboranti.

«Cos’hanno in comune tutte queste esperienze?», si chiedono dall’Anffas modicana, citando anche gli “accessi facilitati” predisposti a Treviso dall’ULSS 7 e anche il Progetto ANCORA (Accoglienza Non Collaboranti: Orientamento alle Risorse Assistenziali) al Policlinico Giaccone di Palermo. «Una presa in carico personalizzata – è la risposta – che, attraverso un approccio multidisciplinare, metta al centro i “bisogni speciali” di chi non riesce sempre a esprimere le proprie necessità, coinvolgendo e supportando la persona e la sua famiglia. La tutela del diritto alla salute delle persone con disabilità deve quindi passare necessariamente attraverso simili progettualità, che ci auspicheremmo di vedere realizzate anche nel nostro territorio».

«Purtroppo – è la denuncia – ciò che sembra talvolta mancare è proprio l’interesse nel metterle in atto: tempo fa, infatti, abbiamo presentato l’analogo progetto Libero accesso, che però attende ancora una qualsivoglia risposta da parte del Dirigente dell’ASP (Azienda Sanitaria Provinciale)».

«Dispiace quindi – concludono dall’ANFFAS di Modica – constatare come ancora una volta, per scelta politica, si faccia della Sicilia e del nostro territorio il solito “fanalino di coda” nel riconoscere alle persone con disabilità una dignità e una tutela che, allo stato attuale, sembrano esistere solo su carta. Eppure le esperienze citate, e le tante altre che stanno prendendo vita sul territorio nazionale, ci ricordano che aver cura dei “bisogni speciali” non è solo doveroso, ma è anche possibile». 

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5 giugno 2015