Fonte www.vita.it - La scorsa primavera, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza pubblicò un report ititolato "Il diritto al gioco e allo sport dei bambini e dei ragazzi con disabilità". Realizzato con ANCI su un campione di 173 Comuni, il report portò alla luce il fatto che solo il 27% dei Comuni coinvolge le famiglie di minorenni con disabilità nelle politiche di inclusione per ciò che riguarda il diritto al gioco e allo sport (il dato scende al 21% nei Comuni con meno di 10mila abitanti) e solo il 18% coinvolge i diretti interessati, i bambini e i ragazzi stessi.

Ciò che più mi colpì, in quel report, fu leggere che i ragazzini italiani non ricordano di aver mai giocato con un coetaneo con disabilità. La scuola italiana è una scuola inclusiva, per cui i nostri figli crescono in contatto con la disabilità, ma la disabilità resta tuttavia qualcosa di “separato”, tant’è che i ragazzi dicono di essere disponibili a trascorrere del tempo di gioco o di sport con i compagni con disabilità, ma con un adulto mediatore, come se giocare fra pari fosse impossibile e servisse un "esperto" "mediatore". Perché - secondo i ragazzi - «i coetanei con disabilità hanno desideri e necessità completamente differenti e hanno sempre bisogno di un adulto che possa fare da mediatore tra bisogni e significati», dice il report dell’Agia: «la disabilità, in generale, è considerata una condizione talmente distante da loro da pensarla come un mondo a parte». Così in tanti non ricordano di aver mai fatto giochi insieme o attività sportive condivise.

In questo panorama, si inserisce il nuovo progetto nazionale di UILDM, “A scuola di inclusione: giocando si impara”, che prevede la collaborazione e il lavoro in rete di una serie di soggetti attivi - tra cui le 66 Sezioni di UILDM – con 17 amministrazioni locali e gli studenti di 17 scuole sul territorio italiano. Obiettivo? Sensibilizzare le amministrazioni comunali e i loro istituti scolastici (per un totale di circa 1200 studenti) al tema dell’inclusione attraverso il gioco. «L’inclusione delle persone con disabilità è una questione ancora aperta. È importante partire dalle nuove generazioni per lanciare il nostro messaggio e costruire insieme un futuro dove c’è spazio per tutti. Il fatto che la disabilità venga vista come una ricchezza e non come un ostacolo può realizzarsi solo se fin da piccoli i nostri bambini vengono abituati a giocare, e quindi costruire relazioni, con altri bambini che hanno una disabilità. Da adulti non saranno né stupiti né spaventati nel vedere una persona in carrozzina, farà parte del loro presente, sarà normale», commenta Marco Rasconi, presidente nazionale UILDM.