Fonte www.superabile.it - Mascherine, guanti e distanze pare che saranno le parole chiave di quella “fase 2” caratterizzata dalla “convivenza” con il virus. Almeno fin quando questo non sarà meglio identificato e possibilmente arginato con un vaccino, occorrerà proteggersi con dispositivi che possano almeno ridurre il rischio di contagio. Ma per qualcuno, già ora, l'utilizzo diffuso di guanti e mascherine, in particolare, rappresenta un problema nel problema e rischia addirittura di limitare le capacità comunicative e relazionale. Pensiamo, in particolare, a chi ha una disabilità sensoriale o intellettiva, o agli anziani con demenza. Per questo, è stato chiesto alle relative associazioni di immaginare la futura “fase 2”, segnalandone le possibili criticità. Ecco cosa ci hanno risposto

Autismo e Dpi, “stiamo allenando i nostri ragazzi ad accettarli”

Così ci spiega il problema Benedetta Demartis, presidente di Angsa: “Molte famiglie hanno paura di far entrare operatori nelle proprie case e i bambini e i ragazzi non accettano facilmente i dispositivi di protezione individuale. In molte residenze per autismo gli operatori stanno facendo un avvicinamento ai guanti e alle mascherine per fare in modo che i ragazzi si abituino e non prendano soprattutto i guanti in lattice come un gioco o un passatempo legato soprattutto all’aspetto sensoriale. Alcuni genitori in casa stanno cercando pian piano di proporre delle attività con i dispositivi, ai quali ci dovremo tutti abituare. Nei giorni scorsi l’ISS ha fornito misure ai centri, che siamo certi si stanno riattivando per contattare e sostenere le famiglie con persone autistiche. All'interno della nostra associazione, composta da tantissimi di genitori di bambini, adolescenti e adulti viviamo in prima persona questa durissima esperienza e conosciamo sulla nostra pelle le difficoltà, che ciascuno sta attraversando. I peggioramenti e i comportamenti problema dei nostri ragazzi sono sotto i nostri occhi e ci auguriamo che in questo momento il comitato scientifico stia valutando anche i rientri nei centri di riabilitazione, così come nelle scuole e i servizi di assistenza domiciliare. Noi sicuramente non lasceremo indietro perché significherebbe lasciare ciascuno dei nostri figli. Per questo continueremo a farci sentire con le istituzioni e nei tavoli decisionali, affinché le persone con autismo, tra le più fragili in questo momento, vengano tutelate, garantendo loro nella seconda fase dell’emergenza tutti i servizi necessari”.

Disabilità intellettive, “dispositivi adeguati, dove le distanze non si possano garantire”

Sul critico rapporto tra disabilità intellettive e dispositivi di protezione, ci risponde l'Unità di Crisi Covid19 di Anffas Nazionale, che si occupa della ripresa delle attività: “Per alcune persone più compromesse dal punto di vista sensoriale o comportamentale, può essere molto complicato e in alcuni casi impossibile l'utilizzo di guanti e mascherine anche per un tempo limitato. La nostra preoccupazione riguarda sopratutto la tutela del benessere fisico della persona e dei compagni e dei lavoratori che sono a contatto diretto, così come il benessere emotivo e psicologico che potrebbe risentire della riduzione dei contatti fisici per alcuni di essi. Occorrerà un lavoro molto meticoloso sul contesto, creando spazi e distanze adeguate, così come sistemi di training mirato all'apprendimento contestuale, l' utilizzo di sistemi di monitoraggio a distanza, la dotazione di dispositivi di protezione che siano adeguati alle specifiche esigenze, da impiegare in tutte le attività in cui la distanza sociale non sia percorribile e con le persone che non sono in grado di rispettarla”.

Un problema per gli anziani con demenze

Francesca Arosio, psicologa della Federazione Alzheimer Italia, indica così le principali criticità: la prima consiste nel fatto che “trovarsi di fronte una persona che indossa la mascherina può destare preoccupazione nella persona con demenza: pertanto occorre spiegare le ragioni  con delicatezza e in maniera semplice , con un tono di voce calmo e una spiegazione semplice e chiara che aiutino la persona a tranquillizzarsi”. La seconda criticità è che “le persone con demenza possono rifiutare l’aiuto degli operatori o familiari che indossano i dispositivi di protezione per il semplice fatto che non li riconoscono”. La terza problematica risiede nel fatto che gli anziani con demenze “possano rifiutare di indossare i dispositivi: i guanti sono complicati da indossare, taluni si rompono facilmente e possono risultare fastidiosi. Inoltre, a fronte di altre capacità sensoriali ridotte, quali la vista e/o l’udito, ridurre anche il tatto provocherebbe una difficoltà in più”.
 
Quale soluzione si può allora immaginare, per rendere meno traumatica una misura che, specialmente per gli anziani, pare essere di vitale importanza? “Gli occhi parlano: se pensiamo che non siano sufficienti ci sbagliamo! Lo spessore di una mascherina non nasconde occhi ridenti e in grado di creare sintonia e provare affetto. Allora, attirare l’attenzione sugli occhi, parlare tanto, verbalizzare in continuazione quanto si sta facendo, con un tono di voce calmo, fermo e pacato aiuta a distrarre dai dispositivi e dalla situazione di disagio e distanza che questi creano. È utile anche preparare la persona prima di indossare il tutto: raccontare cosa si sta facendo, lentamente e continuamente, sempre con la stessa motivazione, ribadendo l'importanza di questa misura. Anche l’utilizzo delle mascherine colorate potrebbe essere un modo per farle accettare, ma vanno valutate singolarmente le condizioni e le situazioni. Si potrebbe anche provare il gioco: 'Ci mascheriamo, facciamo finta'. Importante sarà tenere a portata di mano gel igienizzante per le mani e salviettine disinfettanti per le superfici”.