Fonte www.superabile.it - I tuffi paralimpici muovono i primi passi. Merito di Marica Russo e Roberta Piovesan le prime tuffatrici italiane con disabilità fisica che da circa due anni hanno iniziato questo sport. Le atlete hanno cominciato ad allenarsi nella squadra Master della società sportiva MR Sport dei Fratelli Marconi di Roma, guidate dall’allenatrice Paola Flaminio e seguite dal classificatore Luca Tomasi. La loro ambizione è coinvolgere sempre più atleti per accedere in futuro ai Giochi paralimpici. I primi risultati ci sono: ora sono dieci i tuffatori con disabilità che nel nostro paese iniziano ad affacciarsi a questa nuova disciplina. “I tuffi come altri sport hanno bisogno di tempi di incubazione per cominciare – ha detto il presidente del Comitato paralimpico Luca Pancalli –. Io benedico tutto ciò che è sfida, purché ci sia rispetto dell’atleta e sicurezza. Siamo felici di questa nuova galassia da scoprire”.

Marica Russo e Roberta Piovesan, le prime tuffatrici paralimpiche

Marica Russo e Roberta Piovesan sono due ragazze romane, reduci entrambe da un’amputazione traumatica, che nel settembre del 2018 hanno iniziato ad allenarsi nella squadra Master dell’MR Sport di Roma con atleti normodotati. “Noi facevamo nuoto ma volevamo provare un altro sport – racconta Marica Russo –. Mi son sempre piaciuti i tuffi ma non esisteva una società che potesse accogliere persone come noi, con una disabilità fisica. Sapevo che la MR Sport aveva una sezione di Tuffi Adapted solamente per ragazzi con disabilità intellettive. Ho chiesto informazioni alla società e mi hanno proposto di provare ad allenarmi con altri atleti normodotati”. La sua scelta è stata seguita anche da Roberta Piovesan, che racconta: “Io soffro di vertigini e ho difficoltà a tuffarmi con una gamba sola, ma quando Marica mi ha lanciato questa sfida l’ho accolta volentieri. Ora non posso più fare a meno di questa adrenalina che provoca anche dipendenza”.

In poco tempo, le atlete si sono introdotte nella squadra e l’allenatrice ha elaborato una preparazione tecnica specifica per loro. “Ho dovuto adattare gli allenamenti alle loro esigenze – racconta Paola Flaminio - Ho compreso con il tempo che Roberta, non avendo la parte inferiore della gamba, ha difficoltà nell’equilibrio. Così ho deciso che per avere una maggiore stabilità doveva partire a braccia aperte. Marica, invece, priva di una parte del braccio, ha difficoltà nella raggruppatura, la posizione che permette di raccogliersi stringendo le gambe al petto. Ha imparato a raggruppare con la sola forza degli addominali”. Ora le due ragazze, oltre a tuffarsi dal trampolino di un metro, hanno raggiunto altre altezze: quello da tre e la piattaforma da cinque. “Marica e Roberta hanno imparato tutti i tuffi di base fino al salto mortale – prosegue Paola Flaminio – Abbiamo fatto le rotazioni avanti e ora stiamo lavorando su quelle indietro che sono più tecniche. Prossimo obiettivo è imparare il salto mortale e mezzo”.

I partecipanti sono aumentati e hanno fatto la loro prima esibizione, grazie anche all’interesse mediatico e al sostegno della Federazione italiana nuoto paralimpico. “Abbiamo dato a tutte le discipline d’acqua un riconoscimento statutario – ha detto il presidente Finp Roberto Valori – anche per i tuffi. Devono però crescere i partecipanti”. Nella decima edizione della Roman Junior Cup, che si è svolta dal 22 al 24 luglio 2020 al Kursaal di Ostia, in occasione del quinto torneo di tuffi, hanno così debuttato i primi sette tuffatori con disabilità fisica. A supporto dell’iniziativa era presente nel pubblico anche la atleta e politica Giusy Versace.

Un lungo iter “Sogniamo di coinvolgere sempre più atleti in Italia”

Oltre al supporto della Federazione, Luca Tomasi, classificatore nazionale di nuoto, tuffi, pallanuoto, hockey paralimpico e membro del comitato di ricerca internazionale sull’hockey (IPCH) è al lavoro per una corretta classificazione funzionale, passo fondamentale per garantire equità nelle competizioni degli atleti con disabilità. “Ho stimato che con queste due partecipanti ci saranno due grandi categorie: upper, per chi ha problemi con gli arti superiori, e lower, con quelli inferiori – spiega il classificatore – . All’interno di queste verranno poi definite ulteriori sottoclassi. Sono molti i fattori da valutare, tra cui l’equilibrio sul trampolino e l’impatto con l’acqua. Adesso le classificazioni si basano prevalentemente sull’osservazione di queste prime atlete che praticano questo sport. Quando aumenteranno i partecipanti cresceranno anche le classi. Stiamo già pensando di aggiungere una categoria anche per chi ha deficit visivi”. L’iter è lungo. La priorità è reclutare gli atleti attraverso i canali social e il passaparola. Già numerose persone con disabilità fisica si sono interessate a questo sport: a Roma, Milano e Torino si sono formati i primi gruppi per allenarsi. “Dobbiamo, inoltre, – prosegue Tomasi – formare tecnici, giudici di gara e classificatori e fare propaganda internazionale affinché l’International Paralimpic Commettee, il comitato che governa gli sport paralimpici, possa dare il benvenuto ai tuffi come disciplina nei Giochi”. Le buone premesse ci sono e l’interesse è alto. “Ci auguriamo che il coinvolgimento possa venire in Italia. Questo sport si può fare e anche bene – conclude l’allenatrice Paola Flaminio - . Marica e Roberta pensano spesso di non riuscire a tuffarsi ma poi cambiano idea. Sogniamo di portare tanti atleti con disabilità a partecipare”.