Fonte www.personecondisabilita.it - L’epidemia di Coronavirus e il lockdown hanno mandato in crisi il sistema dei servizi comunali per le persone con disabilità, facendo emergere tutte le criticità e le debolezze di un sistema che le associazioni di persone con disabilità e loro familiari già da anni giudicano “inadeguato”. Un sistema che -ancora oggi, a sette mesi dall’inizio dell’emergenza- non è in grado di dare risposte adeguate alle persone con disabilità e ai loro familiari. E che per questo è necessario riformare.

La denuncia arriva da LedhaMilano ed è contenuta in una lettera che l’associazione ha inviato al sindaco di Milano, Giuseppe Sala, alla Giunta comunale e al Consiglio sottolineando la profonda stanchezza delle famiglie. Dopo il difficilissimo periodo del lockdown e dopo le lunghe settimane di chiusura dei servizi la “ripartenza” non ha portato sostanziali cambiamenti nella vita delle persone con disabilità e dei loro familiari. I centri diurni (CDD, SFA e CSE Cad) hanno riaperto, ma solo alla riapertura si è “scoperto” che lo spazio a disposizione non è sufficiente ad accogliere contemporaneamente tutte le persone che li frequentavano prima del lockdown. La soluzione è la frequenza su turni o a giorni alterni, ma senza la possibilità di uscire dal centro per attività all’esterno. Le nuove modalità di organizzazione dei servizi hanno portato a un ulteriore irrigidimento del sistema. Succede, ad esempio, che un ragazzo con disabilità multiple sia stato lasciato “momentaneamente” a casa perché non si reputa sicuro inserirlo nel centro. Un altro ragazzo è rimasto senza trasporto perché il pulmino non può modificare l’itinerario dall’abitazione al centro diurno.

“A sette mesi dallo scoppio dell’emergenza, le famiglie delle persone con disabilità devono sottostare a un sistema fatto di regole confuse e senza un disegno progettuale di medio-lungo periodo basato sul concetto 'prendere o lasciare' -scrive Enrico Mantegazza, presidente di LedhaMilano nella lettera indirizzata al sindaco Sala-. Per sette mesi abbiamo assistito impotenti al tentativo, da parte della macchina comunale, di far funzionare tutto come prima, preoccupandosi di riaprire i servizi e non di aprire a una possibile vita reale quotidiana le persone con disabilità”. 

È evidente, sottolinea LedhaMilano, che non è più possibile “fare come prima”. Per questo motivo l’associazione chiede al Comune di ascoltarla e di collaborare per costruire “un approccio differente alla disabilità che sia capace di prendere il progetto sulla persona (art. 14 L328/2000) come punto di riferimento, ragionando per budget individuale perché la persona con disabilità non è la somma di rette, titoli sociali e supporti”, si legge nella lettera.  Per realizzare questo progetto servono maggiori risorse e soprattutto “visione e la capacità di progettare un sistema nuovo”. La proposta di LedhaMilano è quella di dare vita a una task force che unisca figure tecniche, famiglie, persone con disabilità esperti, coordinati da un disability manager cittadino in cui tutte le politiche per la disabilità del Comune di Milano possano confluire abbattendo i rigidi confini tra assessorati, orientando la riflessione e l’elaborazione progettuale verso una città che sia per tutti: accessibile, inclusiva e garante dei diritti, anche con questa pandemia.