Fonte www.hanylex.org - Come promesso in occasione della pubblicazione dal titolo “La discriminazione delle persone con disabilità” approfondiamo ulteriormente il tema, andando ad analizzare le numerose normative Europee emesse negli ultimi anni in favore delle persone con disabilità.

Le comunità europee hanno iniziato ad intervenire sulla disabilità alla fine degli anni ’70, il primo approccio si basava su interventi di tipo sporadico e frammentario.

Agli inizi degli anni 80 si sono cominciati a sviluppare i primi interventi e progetti pilota e dopo il 1981, anno dedicato alle persone disabili, si è passati a strategie di finanziamento dei distretti su cui operare in senso globale.

Negli anni 90 in Italia viene implementato il progetto HELIOS I (1991-1993) che tuttavia risultò molto generico rispetto gli obiettivi prefissati; dal 1994-96 si sviluppa il progetto HELIOS II, atto a rinforzare gli scambi tra i paesi europei, focalizzandosi su aree tematiche quali impiego, educazione, vita indipendente, etc., concludendo i gruppi tematici con una definizione e raccolta di buone pratiche.

Il Trattato di Amsterdam del 1997 è il primo intervento formale a livello comunitario; infatti l’art. 13 sancisce che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.

L’art. 13 rappresenta la base legale legittimante gli interventi europei per la tutela delle persone disabili; sancisce il riconoscimento esplicito della competenza e della legittimazione della Comunità ad intervenire direttamente e specificamente sui problemi della disabilità.

Sempre nel 1997, nasce “L’EUROPEAN DISABILITY FORUM”.

L’E.D.F. con sede a Bruxelles, svolge un continuo lavoro di lobbying verso le istituzioni europee e di allargamento di alleanze e cooperazione con altre entità europee; ad oggi è il più autorevole rappresentante degli 80 milioni di persone europee con disabilità, opera per garantire che ogni politica, programma, azione dell’Unione europea e delle sue istituzioni tengano in conto i diritti e gli interessi delle persone con disabilità.

Nel 2000, con introduzione della “Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea” si analizzano le forme di discriminazione e riconoscimento dei diritti dei disabili.

In particolare, l’art. 21 recita che “E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”.

Il successivo art. 26 che “L’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità”.

La Carta costituisce la sintesi dei valori condivisi dagli Stati membri dell’UE e riunisce, per la prima volta, in un unico testo i diritti civili e politici classici e i diritti economici e sociali. Riconosce ai disabili il diritto alla non discriminazione e l’esigenza di misure positive per l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.

Sempre nel 2000 viene emanata una importante direttiva: la 2000/78/CE recepita ed attuata in Italia con il D.Lgs 216 del 9.7.2003.

L’excursus normativo della disciplina concernente la tutela antidiscriminatoria nel settore lavoro vedeva infatti, storicamente come pilastro la L. 300/1970 ed in particolare l’art. 15, che nella sua formulazione originaria tutelava i lavoratori da qualsiasi atto o patto diretto a discriminare per motivi sindacali.

A tale ambito di condotte antidiscriminatorie sono state assimilate, con la L. 903/1977 le discriminazioni per motivi politici, religiosi, razziali, di lingua e di sesso, estendendo di non poco l’ambito di applicazione.

La direttiva estende l’efficacia anche per motivi legati all’handicap, all’età, all’orientamento sessuale e alle convinzioni personali ed il D.Lgs 216/2003 riprende senza sostanziali modifiche quanto previsto dalla disciplina europea, scendendo nel particolare solo nelle aree non coperte dalla Direttiva.

Infatti è interessante notare come esso prevede delle possibili eccezioni al divieto di discriminazione; in particolare si individuano quelle differenze di trattamento, che, pur risultando indirettamente discriminatorie, sono giustificate da finalità legittime perseguite dal datore di lavoro attraverso mezzi leciti e giustificati, e in particolare alle disposizioni limitative riguardanti l’età e l’handicap previste per le forze armate.

Con ciò il legislatore prevede delle differenze che non vogliono integrare discriminazione bensì andare a tutelare, mediante la discriminazione, dei beni collettivi.

E ciò risulta coerente nel suo intento con l’art 2 comma 5 della Direttiva. Alla fine dell’anno 2003 fu definito un «piano di azione europeo sulla disabilità» che biennalmente individua alcune tematiche su cui concentrare le azione europee, promuovendo iniziative legislative e convegni.

Nel 2008 il Trattato di Lisbona, sostituì integralmente il Trattato di Amsterdam del 1997. Noto anche come Trattato di riforma, ufficialmente il Trattato di Lisbona modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea ed ha apportato ampie modifiche al Trattato sull’unione Europea. Rispetto al precedente Trattato, quello di Nizza, esso ha provveduto al riparto di competenze tra Unione e Stati membri, e rafforzato il principio democratico e la tutela dei diritti fondamentali. È entrato ufficialmente in vigore il 1º dicembre 2009. Nel 2010, l’Unione Europea ratifica la convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite (CRPD) e la convenzione entra nel diritto comunitario; attualmente sono 19 gli stati membri che l’hanno ratificata.

L’UE dovrà costituire un sistema di monitoraggio della convenzione come stabilito dall’art. 35 della stessa. A seguito della ratifica, nasce anche la “Strategia Europea sulla Disabilità 2010 – 2020”. Essa si basa sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Uncrpd) e integra inoltre Europa 2020 (la strategia dell’UE per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del Trattato di Lisbona.

La strategia individua otto settori per azioni congiunte tra l’Unione europea (UE) e i paesi dell’UE:

Accessibilità : garantisce che le persone con disabilità abbiano accesso a beni, servizi e dispositivi di assistenza;

Partecipazione: garantisce che le persone con disabilità possano esercitare tutti i loro diritti fondamentali derivanti dalla cittadinanza europea;

Uguaglianza: garantisce l’attuazione di politiche che promuovano l’uguaglianza a livello UE e nazionale;

Occupazione: garantisce un aumento del numero di lavoratori disabili nel mercato del lavoro e una migliore accessibilità ai posti di lavoro;

Istruzione e formazione: garantisce che gli allievi disabili possano beneficiare di un sistema di istruzione accessibile e dei programmi di apprendimento permanente; La Commissione europea ha già lanciato diverse iniziative concernenti l’istruzione, quali l’Agenzia europea di sviluppo dell’insegnamento degli alunni aventi esigenze specifiche.

Protezione sociale: affronta problematiche sociali diffuse sofferte dalle persone con disabilità, quali la disuguaglianza di reddito, il rischio di povertà e l’esclusione sociale. I fondi strutturali europei e le misure nazionali adottate dai paesi dell’UE possono essere utilizzati per assicurare tale protezione sociale;

Salute: garantisce che le persone con disabilità possano accedere in modo equo e sostenibile ai servizi sanitari e alle relative strutture

Azioni esterne: promuove i diritti delle persone con disabilità a livello internazionale.

Per una migliore attuazione della strategia, le istituzioni e i paesi dell’UE devono lavorare insieme al fine di sensibilizzare sulle questioni relative alla disabilità; offrire possibilità di finanziamento; migliorare i dati statistici; garantire l’applicazione dell’Uncrpd. Infatti, nonostante dal 2010 ad oggi ci siano stati netti miglioramenti e risultati tangibili con la Strategia europea per la disabilità, è indubbio che per molte persone disabili la situazione sia ancora difficile. Ad esempio i report disponibili sulla strategia sono ancora pochissimi: ciò significa che la prima cosa che serve per migliorare è l’attenzione da parte di studiosi, sociologi e medici che possano effettivamente segnalare buone pratiche da seguire. Gli studi condotti in questi ultimi 10 anni mostrano che, nel settore del lavoro, c’è un vasto divario tra il tasso di occupazione delle persone senza disabilità e quello delle persone con disabilità. E la base di questo divario è in principal modo nella scuola: il tasso di abbandono scolastico delle persone con disabilità è esattamente il doppio di quello della popolazione generale. Inoltre, è importante ricordare la disabilità è catalizzatore povertà.

A questo va aggiunto il quadro specifico di donne e bambini disabili, spesso oggetto di una discriminazione più forte rispetto a quella di cui sono vittime gli uomini. La discriminazione, purtroppo, parte anche dalla scuola. Probabilmente, infatti, i motivi per cui le persone disabili abbandonano precocemente la scuola vanno ricercati in aula. È innegabile che, nonostante gli alunni delle generazioni odierne siano maggiormente abituate alla presenza di compagni con disabilità in classe, ciò non è abbastanza per frenare il fenomeno del bullismo nei loro confronti, che purtroppo ancora esiste. Poi, non ci sono solamente problematiche relazionali tra pari: ciò che, per un disabile, l’andare a scuola una battaglia quotidiana è sicuramente la presenza di barriere architettoniche sia sensoriali che fisiche ancora vive in molti edifici scolastici, nonché le scelte didattiche (o relative ad attività para-scolastiche) che spesso non tengono in considerazione le esigenze degli alunni con disabilità.

Nel marzo 2021 poi, la Commissione Europea ha adottato la strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030.  La strategia si basa sui risultati della precedente strategia europea sulla disabilità 2010-2020, che ha spianato la strada verso un’Europa senza barriere e verso l’emancipazione delle persone con disabilità, affinché possano godere dei loro diritti e partecipare pienamente alla società e all’economia. Nonostante i progressi compiuti nell’ultimo decennio, le persone con disabilità affrontano ancora notevoli ostacoli e presentano un maggiore rischio di povertà ed esclusione sociale.

L’obiettivo della nuova strategia è compiere progressi per garantire che tutte le persone con disabilità in Europa, indipendentemente da sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, età od orientamento sessuale, possano:

  • godere dei loro diritti umani;
  • avere pari opportunità e parità di accesso alla società e all’economia;
  • essere in grado di decidere dove, come e con chi vivere;
  • circolare liberamente nell’UE indipendentemente dalle loro esigenze di assistenza;
  • non essere più vittime di discriminazioni.

Questa nuova strategia rafforzata tiene conto delle diverse disabilità, comprese le minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine (in linea con l’articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità), spesso invisibili.

Tiene conto inoltre dei rischi dello svantaggio multiplo affrontati da donne, bambini, anziani, rifugiati con disabilità e persone con difficoltà socioeconomiche, e promuove una prospettiva intersettoriale in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS).

La nuova strategia prevede pertanto una serie di azioni e di iniziative in vari settori ed ha numerose priorità, tra cui:

  • l’accessibilità: la possibilità di circolare e soggiornare liberamente, ma anche di partecipare al processo democratico
  • una qualità di vita dignitosa e la possibilità di vivere in autonomia, poiché si concentra in particolare sulla deistituzionalizzazione, sulla protezione sociale e sulla non discriminazione sul luogo di lavoro
  • la parità di partecipazione, in quanto mira a proteggere efficacemente le persone con disabilità da qualsiasi forma di discriminazione e violenza, a garantire pari opportunità e accesso per quanto riguarda la giustizia, l’istruzione, la cultura, lo sport e il turismo, ma anche parità di accesso a tutti i servizi sanitari
  • il ruolo dell’UE nel dare l’esempio
  • l’intenzione dell’UE di fare della strategia una realtà concreta
  • la promozione dei diritti delle persone con disabilità a livello mondiale.

Le principali iniziative a ci si è già dato in gran parte corso prevedevano tra le altre:

  1. AccessibleEU: una banca dati con informazioni e buone pratiche in materia di accessibilità in tutti i settori;
  2. Carta europea della disabilità (Disability Card) proposta dalla Commissione europea e sarà valida in tutti i paesi dell’UE. La carta consentirà alle persone disabili di ottenere più facilmente un sostegno adeguato quando viaggiano o si trasferiscono in un altro paese dell’Unione europea; in Italia è già ottenibile dal 23 dicembre 2021 grazie ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che ne disciplina il rilascio.

Il Nostro Paese è uno degli stati “pilota” assieme a Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Malta, Slovenia e Romania.

  1. Orientamenti con raccomandazioni agli Stati membri su come migliorare la vita autonoma e l’inserimento nella collettività delle persone disabili, consentendo loro di scegliere se vivere in alloggi accessibili e assistiti o continuare a vivere nella propria casa (2023).
  2. Un quadro per i servizi sociali di eccellenza destinati alle persone con disabilità (2024)
  3. Un pacchetto per migliorare l’inserimento delle persone con disabilità nel mercato del lavoro;
  4. Piattaforma sulla disabilità: riunisce le autorità nazionali preposte all’attuazione della Convenzione, le organizzazioni delle persone con disabilità e la Commissione. Sostiene l’attuazione della strategia e rafforza la collaborazione e gli scambi a tal fine.
  5. Nuova strategia per le risorse umane della Commissione europea, comprendente azioni volte a promuovere la diversità e l’inclusione delle persone con disabilità.

Come si può notare, l’Europa ha a cuore le varie problematiche delle persone con disabilità; certo, le azioni da mettere in campo sono tante ma sempre finalizzate ad un obiettivo specifico: migliorare la qualità della vita, delle relazioni sociali e familiari, dell’ambiente scolastico e lavorativo ed evitare qualsiasi tipo di episodio discriminatorio.