Fonte www.superando.it - Dopo il caso della persona con sindrome di Down (vedi ARTICOLO ) nata in Italia da madre straniera, cui era stato negato il diritto alla cittadinanza – vicenda risolta poi politicamente con l'intervento dell'AIPD (Associazione Italiana Persone Down) – in questo stesso mese di giugno, ed esattamente il giorno 4, è stata depositata un'importante Sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio (n. 5568-13), con la quale è stato annullato, per difetto di istruttoria, un Decreto del Ministero dell'Interno che aveva negato il diritto alla cittadinanza Italiana di una persona con disabilità intellettiva nata in Italia da genitori stranieri.

La complessità del caso lo rende ancor più interessante. Infatti, la persona coinvolta è tutelata da un amministratore di sostegno, il quale aveva personalmente presentato la richiesta di cittadinanza. Ora il TAR ha rigettato le obiezioni del Ministero, circa la necessità che le istanze vengano personalmente sottoscritte dai richiedenti. In particolare, il Tribunale Regionale, basandosi sulla Legge 6/04, che ha introdotto nel nostro Paese la figura dell'amministratore di sostegno, ha ritenuto che quest'ultimo avesse il potere di sottoscrivere per l'interessato, il quale comunque non aveva perduto la capacità di agire, a differenza dell'ipotesi in cui fosse stato interdetto.

Superato tale scoglio, il TAR ha poi affrontato nel merito il divieto posto dal Ministero dell'Interno alla concessione di cittadinanza italiana, basato sul fatto che l'impossibilità di esprimersi verbalmente costituisse un impedimento, poiché la normativa prevede che l'interessato debba dimostrare di conoscere la lingua italiana ed esprimere personalmente a voce il giuramento di fedeltà alla Repubblica.
Sul primo di questi aspetti, il TAR si è così espresso: «Ritiene il collegio che la carenza del linguaggio verbale non può essere motivo per ritenere una persona incapace di manifestare la propria volontà né per sostenere che essa non possa in altro modo dimostrare di quanto meno comprendere la lingua italiana. Infatti, la capacità della […] di comprendere la lingua italiana, pur senza sapersi esprimere, può – con le opportune cautele e gli adeguati strumenti – essere valutata, con l'ausilio di personale specializzato, ad esempio rivolgendole semplici ordini e verificando se essi vengono eseguiti, o comunque osservando le sue reazioni alle frasi che si pronunciano in lingua italiana ».

Questo, invece, si legge in riferimento al secondo aspetto : «Più arduo è invece certamente il procedimento di accertamento della volontà della disabile di diventare cittadina italiana alla luce delle sue limitazioni espressive e cognitive. Anche in questo caso, tuttavia, prima di giungere alla conclusione della impossibilità per la disabile di manifestare una tale volontà, l'amministrazione avrebbe dovuto valutare in concreto, all'esito di un accertamento approfondito e condotto con l'ausilio di personale specializzato, se una tale impossibilità effettivamente sussista, pur non essendo stata la disabile privata giuridicamente della capacità di agire. Nell'ambito di tali accertamenti potranno, eventualmente, essere presi in esame anche elementi indiziari, quali la permanenza in Italia, la comprensione della lingua e della cultura italiana, lo stile di vita, ecc. Non risulta, invece, che tale istruttoria sia stata effettuata in quanto l'amministrazione – come si è detto – si è limitata al dato della impossibilità della disabile di sottoscrivere l'istanza e di esprimersi nella lingua italiana».

18 giugno 2013