Fonte www.superando.it - Un anno e non sentirlo, volato con la freschezza della novità e del carisma. Papa Francesco è sicuramente una delle poche buone notizie degli ultimi 365 giorni, e lo è non solo per i credenti, ma per tutti, comprese le persone come me*, che un po' di fede ce l'hanno, ma si sono allontanate da molto tempo da una Chiesa difficile da amare, e a volte persino da capire. Ho letto la sua lunga intervista a Ferruccio de Bortoli, pubblicata dal «Corriere della Sera».

Mi ha colpito soprattutto un passaggio. De Bortoli butta lì: «C'è qualcosa nella sua immagine pubblica che non le piace?». E Bergoglio non si tira indietro: «Mi piace stare tra la gente, insieme a chi soffre, andare nelle parrocchie. Non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia di Papa Francesco. Quando si dice per esempio che esce di notte dal Vaticano per andare a dar da mangiare ai barboni in Via Ottaviano. Non mi è mai venuto in mente. Sigmund Freud diceva, se non sbaglio, che in ogni idealizzazione c'è un'aggressione. Dipingere il Papa come una sorta di superman, una specie di star, mi pare offensivo. Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha amici come tutti. Una persona normale».

Quella frase ha dato corpo al mio unico dubbio, maturato in questi tempi così difficili. Ho avuto come la sensazione che la sua semplicità dirompente nel dire le cose stia assumendo, nel meccanismo infernale della comunicazione contemporanea, una valenza eccessiva. Penso che sia molto facile costruire comunicazione attorno a Papa Francesco, trasformandolo – come in parte è già avvenuto – in una sorta di "icona pop", una "star" che stordisce le masse dei fedeli, conquistandole con il gesto e con l'accento argentino, ma rendendo troppo superficiale la lettura dei contenuti che il Pontefice sta cercando di veicolare nel mondo conservatore della Chiesa e in un'opinione pubblica imbevuta di materialismo e di paure.

E infatti la parola "profondità" torna spesso nelle sue considerazioni. La consapevolezza dei dubbi, delle incertezze: ecco che cosa oggi mi affascina e mi interroga, da laico cristiano. Mi conforta sapere che il Papa non ha risposte immediate. O meglio: non ha risposte scontate e scolastiche.

Si interroga sulla modernità risalendo alle origini della fede, e sceglie l'umiltà del parroco per dialogare con chi quotidianamente affronta le difficoltà aspre di un'esistenza che è quasi impossibile vivere seguendo unicamente le regole della Chiesa. Non so se riuscirà nell'impresa titanica di fornire al mondo di oggi risposte comprensibili, moralmente ferme, ma compatibili con la varietà di situazioni che caratterizzano la nostra società, con la famiglia in crisi, con le tante discriminazioni che vengono tollerate, o combattute solo a parole.

Per quanto mi riguarda, attendo con speranza una Pastorale sulle persone con disabilità, che sembra affiorare tra le pieghe di singoli gesti, simbolici e forti, e da parole importanti, come quelle pronunciate sugli "scarti", ovvero «contro l'avanzata di una "cultura" che considera l'essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare».

La dignità e il rispetto nei confronti delle persone con disabilità, non più oggetti di solidarietà, ma soggetti attivi, capaci di modificare la comunità nella quale vivono: questo messaggio forte e chiaro ha bisogno di tempo per tradursi in azioni coerenti. Ma se lo dice il Papa, la speranza si ravviva. In un mondo nel quale regna l'incertezza, e governa il cinismo dei potenti, mi piace augurare buona vita a un Papa venuto dall'altro mondo.

*Articolo di Franco Bomprezzi, Direttore responsabile di «Superando.it».

6 marzo 2014