Personecondisabilita.it - Nelle ultime settimane LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità ha ricevuto diverse segnalazioni da parte di genitori di bambini e ragazzi con disabilità cui è stato chiesto di pagare una quota supplementare della retta per iscrivere i propri figli al Centro ricreativo estivo (Cre).

Diversi episodi si sono verificati in provincia di Bergamo, dove alcuni Comuni hanno previsto una compartecipazione economica della famiglia per permettere ai bambini e ragazzi con disabilità di partecipare al centro estivo. In alcune situazioni si tratta di richieste simboliche, in altre di cifre ingenti, per pagare in toto o in parte il supporto educativo che gli stessi organizzatori ritengono necessario. Cifre tali da ostacolare la partecipazione dei bambini e dei ragazzi con disabilità a questi spazi di gioco e di incontro con i compagni.

Anche a Crema (Cremona) si è verificata una situazione simile: ai genitori di bambini e ragazzi con disabilità è stato chiesto di pagare una quota di partecipazione doppia rispetto a quella richiesta a tutti gli altri ragazzi per poter partecipare al centro estivo.

Inoltre, sono stati segnalati dei casi in cui il centro estivo ha escluso a priori la possibilità di iscrizione di alcuni bambini con disabilità a causa della inidoneità degli spazi e dell'organizzazione nel rispondere alle esigenze connesse alla condizione di disabilità, aggiungendo anche vaghi e generici motivi di sicurezza.

Su queste vicende, il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA ha pubblicato un articolato parere legale in cui si evidenzia come in queste situazioni "vi siano tutti gli elementi di fatto e di diritto per configurare una condotta discriminatoria vietata dalla Legge 67.2006 e dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità - scrive l'avvocato Gaetano De Luca -. Il risultato finale è identico: il bambino con disabilità per poter usufruire di un servizio aperto a tutti e per poter partecipare al centro estivo, viene trattato meno favorevolmente".

Di fronte a situazioni come queste, qualcuno potrebbe obiettare che la retta più elevata o la contribuzione aggiuntiva richiesta per poter usufruire dei supporti e dei servizi di assistenza necessari siano legati al maggior costo che la presenza di un bambino con disabilità comporta. E che quindi non sia discriminazione ma una situazione inevitabile.

"In realtà tale obiezione è la conseguenza di un approccio culturale/giuridico alla disabilità oramai superato", puntualizza l'avvocato De Luca, citando la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (ratificata dallo Stato Italiano). Un documento che impone di considerare la disabilità come il risultato anche di un contesto economico, sociale, culturale spesso non in grado di includere e di tenere conto dei bisogni derivanti da una diversa condizione personale.

"Ecco quindi il motivo per cui, gli eventuali supporti educativi necessari, così come ogni attenzione specifica per far sì che tutti i bambini e ragazzi possano partecipare, devono far parte della fase di progettazione strutturale delle iniziative e non essere considerati solo a posteriori - conclude l'avvocato De Luca -. Tocca quindi ai Comuni e ai centri estivi far in modo che tutti i bambini (a prescindere dall'eventuale condizione di disabilità) possano accedervi alle stesse condizioni, in modo che nessuno possa o debba essere escluso, pena il configurarsi di una situazione discriminatoria, vietata e sanzionata dal nostro ordinamento giuridico".

Inoltre, i legali del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi hanno predisposto un fac-simile di lettera che le famiglie possono inviare ai comuni per contestare la richiesta di contribuzione per il servizio di assistenza.

 

01 luglio 2016