Fonte corriere.it - Luoghi di vita in cui le attività individuali, o proposte a gruppi ristretti, mirano a conservare l’autonomia e le abilità residue della persona rispettando i ritmi di ciascuno, per esempio, quando fare colazione o che genere di musica ascoltare. Ambienti progettati per ridurre le difficoltà motorie, la confusione e l’ansia, dall’organizzazione degli spazi ai colori delle pareti e agli arredi. Nessun tipo di contenzione. Sono tutte modalità di un approccio di cura sperimentato per la prima volta col progetto Down Alzheimer Dementia (Dad), che ha dimostrato di rallentare il decadimento cognitivo degli adulti con disabilità intellettiva, aiutandoli a vivere una vecchiaia dignitosa nella propria comunità.

L’esperienza di Trento
Viene applicato da anni presso il centro integrato «La Meridiana» di Trento, gestito dalla sezione locale dell’Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale (Anffas) e si sta diffondendo anche in altre realtà del Paese.
«Il progetto Dad — spiega il coordinatore Tiziano Gomiero, responsabile dell’area psico-pedagogica di Anfass Trentino è nato nel 2005 come ricerca-azione per affrontare la sfida della nuova longevità delle persone con disturbo del neurosviluppo e gli aspetti più critici legati all’invecchiamento, come l’insorgere della demenza, soprattutto per gli adulti con sindrome di Down».

Per prima cosa, sono stati adattati al contesto italiano gli strumenti validati dalla letteratura internazionale per lo screening della demenza in chi ha una disabilità intellettiva, in modo da distinguere i cambiamenti legati all’età da quelli correlati a preesistenti deficit cognitivi.

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