Fonte www.vita.it - A Bollate, vicino a Milano, due nidi aprono le porte ad alcuni adulti con disabilità. Il progetto si chiama “La differenza c’è, ma che differenza fa?”. «Stiamo sperimentando un modello culturale di reale inclusione sociale. Altri servizi per l’infanzia ci stiano contattando per sapere come attivare progetti analoghi, siamo molto orgogliosi»

«Mamma, oggi è venuto il ragazzo con il caschetto e abbiamo fatto le costruzioni». Martina, due anni e mezzo e una parlantina sciolta, lo racconta con emozione appena la mamma va a prenderla. Attende ogni mese questa mattinata speciale: quando gli adulti del Centro Diurno Disabili "Centroanchio" di Bollate (Milano) vanno a giocare nel suo nido, si spostano i cuscinoni, i tavolini, le ceste con le macchinine e le bambole. Si crea uno spazio per tutti: per quel ragazzo che indossa un caschetto leggero perché è epilettico e per gli altri quattro adulti con disabilità severe, di cui uno sulla carrozzina. Gli ospiti portano sempre delle sorprese: una canzone nuova da cantare insieme, un didò fatto artigianalmente, un piccolo regalo per il bambino con il quale avevano instaurato una relazione speciale nell'incontro precedente, come ad esempio un cestino di sughero con dentro un’arancia.

Queste mattinate nascono all’interno del progetto “La differenza c’è, ma che differenza fa?”, l’iniziativa che punta a creare momenti di integrazione ed inclusione tra i bambini dell’ultimo anno dei due nidi comunali di Bollate e gli adulti con disabilità che frequentano due servizi del territorio: il Centro Socio Educativo “larcobaleno" e il Centro Diurno Disabili "Centroanchio".

Come ogni attività del nido, anche questi incontri avvengono ad intervalli regolari per consentire ai bambini di creare una routine. Gli adulti del "Centroanchio” hanno delle disabilità fisiche e intellettive piuttosto severe e per loro è molto impegnativo spostarsi, perciò si recano al nido “Il giardino dei Ciliegi” solo una volta al mese. Mentre gli adulti de “larcobaleno” hanno difficoltà più lievi perciò riescono a raggiungere l’asilo nido “Il giardino dei lillà” ogni settimana.

In entrambe le situazioni adulti e bambini sono coinvolti in attività semplici e di condivisione affinché possano entrare in relazione in uno spazio accogliente e protetto, giocando con le costruzioni, manipolando il materiale e cantando. «Desideriamo regalare ai bambini e alle persone con disabilità momenti di condivisione emotivi e relazionali che li vedano protagonisti, liberi di esprimersi, incontrarsi, conoscersi», spiega la pedagogista Daniela Nardellotto, che supervisiona il progetto.

Ma i bambini non sono gli unici a beneficiare di questa esperienza. Come spiega Silvia Grado, educatrice de Larcobaleno, «attraverso questo progetto desideriamo offrire alle persone con disabilità l'opportunità di attivare le proprie funzioni adulte. Per questo a volte li incoraggiamo ad aiutare le ausiliarie ad apparecchiare la tavola per il pranzo dei bambini, o ad affiancare le educatrici quando i piccolini vanno a lavare le mani».

L’incontro non è mai casuale ma si realizza in una situazione pensata sia degli educatori dei centri diurni che dalle educatrici del nido. «Il giorno prima dell’incontro - spiega una educatrice - diciamo ai bambini che domani verranno a trovarci i nostri ospiti speciali e che si potranno fare delle attività. Poi la mattina, quando stanno per arrivare, ripetiamo ai bambini quello che stiamo per fare e chiediamo loro se hanno voglia di giocare insieme. Restiamo in ascolto delle reazioni di ogni piccolino: qualcuno è entusiasta, altri invece preferiscono fare un’attività diversa. Ogni bambino è libero di scegliere cosa fare. Per noi questa libertà è indispensabile, perché rispetta i loro desideri e bisogni».

«I bambini hanno già una propensione naturale a relazionarsi con la diversità, senza alcun tipo di stigma», spiega Luisa Bonardi, coordinatrice del nido “Il giardino dei Ciliegi”. «Nelle classi infatti sono presenti dei bambini con disabilità e, per tutti, questa presenza è naturale, data quasi per scontata. Attraverso questi incontri ai bambini è offerta l'opportunità di confrontarsi fin da piccoli con la condizione della disabilità adulta, che invece è meno famigliare».

Per la buona riuscita di questo progetto - che è quasi a costo zero - è stata fondamentale la formazione rivolta alle educatrici dei nidi, (che si trovano a relazionarsi con un’utenza molto differente da quella a cui sono abituate) e la continua riflessione condivisa tra tutti gli educatori coinvolti. «Il monitoraggio in itinere del percorso - spiega Daniela Nardellotto - ci permette di calibrare gli interventi, di lavorare in uno spazio riflessivo importante e di aggiustare di volta in volta le proposte in base alle reazioni che abbiamo registrato, sia nei bambini del nido, che negli adulti con disabilità».

«Questo progetto rappresenta non solo una straordinaria opportunità di crescita per tutti gli attori coinvolti ma anche un'occasione di sperimentare un modello pedagogico e culturale di reale inclusione sociale», conclude la pedagogista«Siamo perciò contenti e molto orgogliosi del fatto che altri servizi per l’infanzia ci stiano contattando per sapere come posso attivare anche loro questa iniziativa».