Fonte www.vita.it - Ad Adria, Rovigo, la mostra fotografica “Scusate il ritardo” di Riccardo Duò raffigura alcuni giovani per quello che amano di più. Per farci guardare le persone, che spesso restano nascoste dietro i loro limiti.

Cristina ama danzare. Annalaura è una campionessa di nuoto. Michael è un hacker di professione. I loro ritratti ne mettono in mostra le passioni, le ambizioni e i desideri, altrimenti nascosti dietro a un’ingombrante etichetta: disabilità.

Le foto di Cristina, Annalaura, Michael e altri compongono la mostra “Scusate il ritardo”, esposta recentemente ad Adria (RO) e nata proprio dall’idea di raccontare le persone “vere”, celate dietro agli stereotipi e i pregiudizi associati alla disabilità. Lo fa con ironia e leggerezza, a partire dal titolo.

 

A ideare il progetto fotografico è Riccardo Duò, 38 anni, vita e lavoro in basso Polesine. Per lui la realizzazione di questi scatti è stata anche un percorso per trovare risposte a dubbi e domande molto personali: Riccardo, infatti, è papà di Francesco, un bambino con sindrome di Down. “Ci ho messo un po’ a raccontare la mia situazione familiare. Come tutti, ero ignorante e pieno di pregiudizi”, ha raccontato a "Radio volontariato", il programma curato dal Csv di Rovigo.

Accettare la disabilità è un problema spesso per gli stessi genitori, figurarsi per la società. Le persone con una disabilità tendono così ad essere nascoste alla vista. E quando non lo sono, restano comunque legate a quell’etichetta e ai luoghi comuni che comporta. "Il progetto è nato da un'esigenza semplice: smettere di leggere le etichette appiccicate al vestito di ognuno di noi e prendersi due minuti di tempo per conoscere la persona che lo indossa", spiega Duò nella presentazione del progetto.

I ragazzi sono ritratti semplicemente per quello che sono. Le bellissime immagini sono rese ancora più vive da delicate didascalie, che restituiscono anche le impressioni del fotografo: "Cristina ama danzare - si legge -. Si vede che ce l'ha nelle vene. Non ho visto timidezza in lei, anzi ho percepito la passione che la travolge quando indossa i suoi abiti da ballerina. La prima cosa che ha fatto, prima di mostrarmi tutti i passi che conosce, le posizioni assurde e le evoluzioni sugli alberi, è stata una spaccata sulle foglie, che sembravano danzare insieme a lei".

Ciò che siamo, racconta la mostra, è ciò che ci piace, le passioni a cui dedichiamo il nostro tempo migliore, le cose che ci sanno emozionare. Ed è spesso qualcosa di molto semplice: «Gregorio, l'esploratore – racconta un’altra didascalia - Oh, quanto gli piace scoprire nuovi posti, tracciare percorsi, immaginare paesi che non ha (ancora) visto. Con un atlante in mano diventa talmente serio e concentrato... diciamo che si perde per strada. Letteralmente».

Ma «la disabilità è una questione da prendere alla leggera? Basta del sano spirito per renderla rose e fiori?», si domanda Duò. «Assolutamente no, è dolorosa come poche altre cose al mondo. È un incendio nella foresta. La foresta in questione è il cuore delle famiglie. Il fuoco che si propaga senza fine è la paura. Il vento che alimenta il fuoco è l'indifferenza della gente».

Per vincere la paura, il papà del piccolo Francesco si è confrontato con altre persone e ha conosciuto l’associazione Down Dadi, che ad Adria realizza vari progetti per le persone con disabilità e a cui ha proposto il progetto fotografico. In questo percorso, il fotografo ha trovato anche una risposta a una domanda molto importante: «Ho capito qual è l'unica cosa che conta per mio figlio: la sua felicità». Una felicità che non sarà facile da conquistare, ma che i suoi genitori gli garantiranno sempre. «Purtroppo ho capito che il mio sforzo solitario e quello di tutte le famiglie coinvolte non è sufficiente». Perché Francesco, una volta cresciuto, trovi una società che lo accolga, anziché limitarsi a etichettarlo, serve l’impegno non solo delle associazioni, ma dell’intera comunità. Per fortuna il futuro di Francesco è ancora tutto da costruire.