famiglia - K. Haring Anffas commenta il documento dell'Osservatorio ed avanza delle proposte

In occasione della prossima Conferenza Nazionale della Famiglia, indetta dal Ministro Giovanardi, Anffas Onlus ha fatto il punto su ciò che significa "famiglia" e avanza proposte su come ridarle il giusto valore e collocazione all'interno della società.
Il nostro è un documento partecipato e sintetizza numerose ed importanti riflessioni emerse nel corso di incontrio e dibattiti, coinvolgendo anche la rete dei referenti famiglia di Anffas Onlus.
Nell'ottica del "nulla su du noi senza di noi", Anffas lo ha inviato al Ministro Giovanardi ed a tutte le istituzioni competenti, convinti che possa contribuire fattivamente ad una ridefinizione delle politiche a favore della famiglia, a partire dalla Conferenza Nazionale alla quale parteciperà una folta delegazione Anffas.

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OSSERVAZIONI E PROPOSTE ANFFAS ONLUS AL DOCUMENTO "VERSO UN PIANO NAZIONALE DI POLITICHE PER LA FAMIGLIA – DOCUMENTO PREPARATORIO PER LA CONFERENZA NAZIONALE SULLA FAMIGLIA – MILANO, 8-10 NOVEMBRE 2010"

Anffas Onlus, Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, proprio in considerazione della propria natura di "Associazione di Famiglie" ed anche al fine di dar voce alle oltre 15.000 persone con disabilità e loro famiglie rappresentate sull'intero territorio nazionale, ha letto con estremo interesse il documento preparatorio per la Conferenza Nazionale sulla Famiglia che si terrà a Milano nel prossimo mese di novembre. Inoltre, dal momento che l'Associazione ha da tempo attivato una rete di referenti per le politiche per la famiglia operanti direttamente sul territorio, anche al fine di catalizzare in maniera ancor più efficace le primarie esigenze e problematiche del maggior numero di famiglie, il documento in oggetto è stato analizzato in occasione di un incontro di tale rete di referenti tenutosi a Roma lo scorso 8 ottobre.
Di seguito, pertanto, convinti, nell'ottica dello slogan "Nulla su di noi, senza di noi!" da tempo fatto proprio dal movimento delle persone con disabilità, che la partecipazione dei "diretti interessati" ai processi ed alle scelte che li riguardano sia l'elemento centrale per garantire l'empowerment (di cui giustamente molto si parla nel documento stesso) e l'esigibilità dei diritti, riportiamo di seguito nostre osservazioni e proposte che auspichiamo possano trovare positivo accoglimento.
Ci preme ribadire che le stesse sono, nostro malgrado, nella maggior parte riprese da quelle già presentate in occasione dell'ultima Conferenza sulla Famiglia tenutasi a Firenze nel 2007. Riteniamo che ciò possa essere oggetto di serie e numerose riflessioni, in quanto indice del fatto che nei tre anni trascorsi alle richieste ed esigenze delle famiglie al cui interno sono presenti persone con disabilità, specie intellettiva e/o relazionale, non è stata fornita pressoché alcuna risposta.


Osservazioni e proposte di carattere generale:

1.L'analisi degli esiti delle politiche precedenti: nel documento non viene esplicitata l'analisi degli esiti delle politiche precedenti e/o in corso sulla famiglia, soprattutto in relazione alla precedente Conferenza Nazionale sulle Politiche Familiari. Il documento fa inoltre riferimento alle analisi e proposte contenute nella "indagine conoscitiva sulle condizioni sociali delle famiglie in Italia" risalente al 2007, in buona "datata" a causa, soprattutto,dei cambiamenti profondi provocati dalla crisi delle economie e che ha colpito anche il nostro Paese. Riteniamo importante, invece, che le proposte sullo sviluppo (la cornice prevalente entro la quale collocare le politiche per la Famiglia) abbiano alla base un quadro ampio e approfondito della situazione, che tenga conto anche e soprattutto delle difficili e impervie prospettive sociali a breve/medio termine generate anche dalla situazione di crisi economica che, in qualche modo, ha scardinato tutti punti fermi, imponendo un ripensamento delle politiche sulla base delle "emergenze".

2.Le risorse: rileviamo con interesse l'esistenza nel documento di una serie di proposte in merito ad iniziative (incentivi, sostegni, benefici, agevolazioni, creazione di nuove reti di servizio, potenziamento della rete dei nidi, revisione della rete dei consultori familiari, sostegno alle imprese, creazione di nuovi enti ed osservatori, istituzione di un fondo nazionale per il welfare familiare aziendale, etc) che prevedono un poderoso intervento sulle risorse economiche. Tuttavia, riteniamo che l'assenza totale nel documento di riferimenti chiari alle risorse previste ed alle modalità di sostegno economico delle iniziative previste possa rappresentare, pur ipotizzando una scelta voluta, un evidente limite alla fattibilità, realizzazione, nonché monitoraggio e verifica, di quanto prospettato.

3.Le riforme: con riferimento particolare alle Parti 1 e 3 del Piano riteniamo che le proposte avanzate non possano assolutamente prescindere dalla definizione e avvio delle le riforme strutturali entro le quali sono collocate (riforma previdenziale, fiscale, del mercato del lavoro,del federalismo fiscale). Le politiche familiari devono quindi poggiare saldamente su tali riforme, in maniera stabile, ponendo al loro centro la famiglia in modo sussidiario e non assistenzialistico.

4.I livelli essenziali: all'interno del documento evidenziamo l'assenza di qualunque tipo di riferimento, diretto o indiretto, ai livelli essenziali di assistenza (anche con riferimento al relativo concetto costituzionale), sia che si parli di sanità e sociosanitario (LEA) e sia che si parli di LEP/LIVEAS, etc.Riteniamo che ciò sia un elemento critico strutturale dell'intera proposta di Piano. Il nodo da affrontare, infatti, non si esaurisce al "solo" aspetto delle risorse ma anche della definizione di quali servizi/prestazioni devono essere garantiti in tutto il Paese (art. 117 Cost.). Ciò vorrebbe dire, quindi anche spostare l'attenzione primaria non sui servizi e sulle prestazioni da erogare, ma sulle condizioni di efficacia con le quali il sistema di protezione sociale in capo alla P.A. sia in grado di garantire nel tempo il governo in mano pubblica dei processi di presa in carico globale e continuativa.

5.Il welfare familiare: accogliamo con favore il concetto contenuto nel documento laddove ci si riferisce al "welfare familiare sostenibile e abilitante". Tuttavia, però, non ci è chiara la coerenza tra tale concetto ed altre parti del documento che invece ci appaiono fortemente ancorate a logiche "liberiste" e basate ancora su un approccio fondamentalmente risarcitorio e assistenziale (vedi osservazioni specifiche);

6.Il monitoraggio dei provvedimenti legislativi e la valutazione di impatto familiare della legislazione: riteniamo positivo che nel documento si accenni alla necessità del monitoraggio e valutazione delle politiche. Tuttavia, è necessario ribadire che affinché ciò possa essere pienamente realizzato è fondamentale la partecipazione attiva delle famiglie, che deve essere quindi prevista, facilitata e poi realizzata. A questo proposito, ad esempio, riteniamo che le misure proposte laddove si discute del tema dell'equità fiscale, ed in particolare, del Quoziente familiare pesato, meritino un serio e condiviso approfondimento e confronto al fine di realizzare misure quanto più adeguate a sostenere tutte le famiglie e che invece non producano, come si rischia, ulteriori discriminazioni e disagi. Per quanto concerne, invece, il monitoraggio delle politiche familiari da svolgersi a cura dell'ISTAT, riteniamo importante che si rafforzino ulteriormente strumenti regionali, comunque coordinati e in rete fra loro, che rrilevino e tengano conto delle diversità territoriali, oggi sempre più accentuate.

Osservazioni e proposte di carattere specifico (famiglie al cui interno sono presenti persone con disabilità, specie intellettiva e/o relazionale)

1.Il linguaggio: all'interno del documento viene in molti casi utilizzato un linguaggio inadeguato con la ricorrenza frequente del termine "portatori di handicap". Riteniamo, e ciò non per un mero formalismo ma al fine di superare definitivamente un approccio ed una visione della disabilità ormai divenuto arretrato, che non si possa più ignorare quanto contenuto nel modello della disabilità basato sui diritti umani, che vede la disabilità come la risultante di una situazione di salute in un ambiente sfavorevole, promossa dall'OMS già da diversi anni e fatta propria dalla Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità che, ricordiamo, è stata ratificata nel nostro Paese con la L. 18/2009. Il modello citato aborrisce le precedenti definizioni, discriminatorie e cariche di pregiudizio, ed impone l'utilizzo della definizione "persona con disabilità". E' chiaro, quindi, che oltre all'utilizzo del linguaggio corretto è assolutamente indispensabile che l'intero modello della disabilità basato sui diritti umani sia la base e la guida di ogni intervento/piano/azione in materia. Il punto di partenza, coerente con i contenuti della Convenzione ONU, deve essere infatti: promuovere l'inclusione, combattere la discriminazione, creare condizioni di pari opportunità, abbandonando quindi una concezione "antica" dell'intervento sociale basata prevalentemente sull'erogazione di servizi e prestazioni, che pure devono rimanere la struttura portante del sistema di protezione sociale.

2.Distinzione tra persone con disabilità e persone anziane non autosufficienti: all'interno del documento le persone con disabilità sono sempre accomunate alle persone anziane non autosufficienti. E' assolutamente indispensabile superare questa concezione e occorre comprendere che le esigenze e condizioni di una persona con disabilità, specie se intellettiva e/o relazionale, sono del tutto differenti da quelle di una persona che è divenuta non autosufficiente a causa dell'età e che quindi ha avuto, nella maggior parte dei casi, la possibilità di costruire attorno a sé proprie reti familiari e di sostegno (anche di tipo economico), ha prodotto reddito e ha avuto possibilità di creare risparmi. Inoltre, è assolutamente impensabile uniformare le esigenze di persone con disabilità, di tutte l'età (quindi a partire dai primissimi mesi di vita, dell'adolescenza, etc) con quelle di persone anziane. C'è da aggiungere infine che in base all'attuale sistema degli accertamenti dal punto di vista "legale" le persone con disabilità, al compimento del 65esimo anno di età vengono considerate esclusivamente anziane e ciò non tiene assolutamente conto del loro particolare vissuto e delle situazioni di disagio, diverse, che possono accompagnarle anche nell'età senile.

3.Le proposte specifiche: le proposte previste in particolare per le persone con disabilità (come l'affido residenziale del disabile; lo sportello telefonico di ascolto e orientamento gestito da familiari, l'ospedale a domicilio etc.) riscontrano da parte nostra numerose perplessità, sia per le motivazioni sopra riportate, sia perché improntate in un'ottica che rinchiude nuovamente in un circuito prevalentemente assistenziale la persona e la famiglia e perché distanti dalla realtà, soprattutto in relazione alla disabilità complessache, ci teniamo a sottolineare, non significa, necessariamente, disabilità grave secondo un approccio prevalentemente medico.. Infatti pur essendo la disabilità grave sicuramente di per sé complessa sotto ogni punto di vista, altrettanto e forse ancora più complessa è la condizione di vita espressa dalle persone con disabilità medio-lieve (gravi carenze di pari opportunità, difficoltà nello sviluppo della capacità di auto-determinazione, gravi limitazioni alla dimensione esistenziale e affettiva, ecc. ). Gli interventi di cui sopra non sembrano quasi per nulla ispirati ad un modello che punti all'inclusione sociale delle persone con disabilità, per un percorso che passi anche per l'inclusione scolastica e lavorativa e per i giusti sostegni alle famiglie.

4.L'inclusione lavorativa: nel documento registriamo l'assenza di qualunque tipo di previsione/proposta al fine di rendere concreto e funzionante il sistema dell'inserimento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro "vero". Se si considera però che è accertato che le persone con disabilità rimangono ancora in misura rilevante escluse dal mercato del lavoro e da qualunque possibilità di avere accesso al reddito e che le indagini sulla povertà confermano che le famiglie nelle quali è presente un disoccupato il rischio di impoverimento aumenta, così come aumenta in presenza di un componente il nucleo che sia in condizioni di disabilità, è chiaro come iniziative di tal tipo possano considerarsi importanti e fondamentali per il miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie.

5.La presa in carico saldamente in mano pubblica: rispetto alle proposte presenti nel documento, riteniamo importante piuttosto ribadire l'importanza della previsione di un vero e proprio cambiamento dell'intero sistema dove al centro rimanga, ovviamente, la persona e chi la rappresenta (se la persona non è in grado di rappresentarsi da sola, e quindi la famiglia in primo luogo), ma dove le risposte devono essere plurime, diverse e complementari tra loro, purché coerenti all'obiettivo: la persona con disabilità difesa da ogni discriminazione, messa in grado di promuovere la propria vita nella maggiore e migliore condizione possibile di auto-determinazione e la famiglia della persona con disabilità intesa come luogo naturale delle relazioni di aiuto e non come elemento sostitutivo e privato del processo di presa in carico che DEVE RIMANERE SALDAMENTE IN MANO PUBBLICA. In quest'ottica, il ruolo assegnato ai consultori familiari e ai centri famiglia appare confuso, povero di risposte e poco adeguato per quanto riguarda la disabilità, soprattutto laddove si sovrappone con altri strumenti del processo di presa in carico che da tempo il movimento delle persone con disabilità stan sollecitando (i punti unici di accesso) e con quanto invece già c'è a livello territoriale, a partire dagli sportelli di segretariato sociale.

6.Il progetto individuale (art. 14 della L. 328/2000): la presa in carico globale e continuativa non può realizzarsi se non si attua quanto definito, dieci anni orsono, dall'art. 14 della L.328/2000 che definisce la stesura dei progetti individuali per persone con disabilità che devono considerare anche le risorse e i bisogni della persona con disabilità e della sua famiglia.

7.La revisione del sistema degli accertamenti (art. 24 L. 320/2008): riteniamo che sia assolutamente prioritario ed urgente, al fine di attuare qualunque tipo di intervento sulle persone con disabilità e loro famiglie, attuare la revisione, già prevista dalla l. 328 del 2000, degli attuali criteri e procedure connesse all'accertamento dell'invalidità civile, operando in primo luogo per promuovere l'implementazione e l'utilizzo dell'ICF e ICF-CY e di altri sistemi (collaudati e validati, come ad esempio le SIS – scale dell'intensità dei sostegni) che consentano di determinare "qui e ora" l'intensità, la tipologia e la frequenza dei sostegni necessari a promuovere livelli superiori di qualità della vita delle persone con disabilità. Da questo punto di vista esprimiamo qui preoccupazioni e perplessità di fronte a ciò che in questi giorni sta accadendo in molte famiglie al cui interno sono presenti persone con disabilità a seguito delle iniziative dell'INPS che esercita il proprio legittimo potere di verifica circa il possesso dei requisiti previsti dalle norme per l'accesso ai benefici. Esiste già una norma, da noi bene accolta, nel suo insieme, che prevede l'esonero delle visite di verifica per tutti coloro che rientrano in uno dei 12 gruppi di patologie che generano condizioni di salute e di funzionamento irreversibili e invalidanti (D.M. 2 agosto 2007). Leggendo però le linee guida operative dell'INPS sull'invalidità civile (con criteri che, se applicati in modo acritico e "burocratico" ridurranno la platea dei beneficiari pur in presenza di complesse e gravi condizioni personali e sociali) e constatando che migliaia di famiglie con disabili sono chiamate a visita nonostante si tratti di persone che, purtroppo, non muteranno di molto la loro condizione di vita, ci chiediamo se, alla vigilia di un appuntamento così importante come la Conferenza di Novembre, non vi sia un comportamento contradditorio da parte dello Stato che da un lato prevede importanti azioni di sostegno, e dall'altra comprime gli spazi di tutela, peraltro già esigui (con la pensione di invalidità e l'indennità di accompagnamento una persona con disabilità "campa" con meno di 25 Euro al giorno!)

8.Il concorso alla spesa: nel documento vengono, giustamente, prese in considerazione una serie di misure volte a dare sollievo alle famiglie, anche dal punto di vista economico. Riteniamo che un intervento di tale tipo non possa prescindere dalla risoluzione della questione del concorso alla spesa (oggi fonte di incredibili iniquità, discriminazioni e contenziosi), anche superando la diatriba (che pure chiediamo venga rapidamente risolta) tra chi sostiene che la normativa in materia sia "incompleta" e chi invece invoca il principio della gerarchia delle fonti (D.Lgs.109/1998 e D.Lgs.130/2000: manca davvero una norma che definisca l'ambito di applicazione del principio del "reddito individuale" oppure, come noi sosteniamo e come sostengono ormai anche alcune sentenze, il principio fissato per Legge deve essere comunque rispettato?) e realizzando concretamente delle forme di pari opportunità, valutando se pagare o meno un servizio o una prestazione crea discriminazione a danno della persona con disabilità rispetto a quella non disabile che utilizza servizi/prestazioni assimilabili (per esempio: la frequenza di un servizio diurno sociosanitario, è paragonabile alla frequenza di una scuola media superiore, o di una Università, o di un luogo di formazione professionale? Se sì, perché vi sono differenze di costo sino a tre/quattro volte tra le persone con disabilità e quelle senza disabilità?) e chiarendo che la compartecipazione al costo, laddove prevista, deve essere sempre basata sul reddito della sola persona con disabilità (escluse eventuali provvidenze economiche ed indennità) simbolica e sostenibile.

9.L'impoverimento delle famiglie: al punto sopra si lega strettamente la necessità della conduzione di ricerche sociali in merito alle condizioni di vita materiale delle persone con disabilità e delle loro famiglie, esposte più di altre a processi di impoverimento che producono ancor più esclusione sociale.

10.Più tempo per la famiglia: questo tema riveste per noi importanza decisiva: affrontare a tutto campo il rapporto tra tempo dedicato al lavoro e tempo di vita (e quindi individuare ed affrontare le situazioni dove più acuto è il divario tra esigenze della persona con disabilità e esigenze della famiglia che se ne prende cura) significa incominciare ad esaminare nel dettaglio le condizioni entro le quali la famiglia al cui interno è presente una persona con disabilità svolge il proprio ruolo e capire quali siano le difficoltà e le strettoie che vanno risolte e superate. Pur in presenza delle autonomie regionali sancite dalla L.Cost. 3/2001 occorre, quindi, un intervento dello Stato che ri-definisca gli attuali strumenti di organizzazione del lavoro (p.e. istituto del part-time) e che riesamini l'intera materia dei congedi e dei permessi. Riteniamo sia, inoltre, fondamentale, eliminare le divergenze tra settore pubblico e privato (INPSD e INPS) su alcuni aspetti legati all'erogazione dei permessi e dei congedi (p.e. lavoratori part-time) e prevedere di considerare usurante prendersi cura di una persona con grave disabilità. Sarebbe necessario, inoltre, prevedere ed approfondire le misure, cui si accenna anche nella bozza di Piano, per garantire che le persone che lavorano possano dedicare i giusti tempi e spazi al volontariato ed associazionismo, al fine di superare l'attuale sistema che vede impegnate quasi esclusivamente persone in pensione/che non lavorano e non garantisce il giusto spazio alle famiglie giovani, sempre più isolate e freneticamente avvolte dalle necessità di sussistenza familiare. Riguardo alla possibilità di una anticipazione dei tempi della pensione per familiari con congiunti con disabilità sarebbe già una buona cosa riprendere e approvare rapidamente il disegno di legge n.2206 già approvato dalla Camera dei Deputati in data 19 maggio 2010 "norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili").

11.Le giovani famiglie: un punto che merita particolare attenzione e che nel documento non viene direttamente affrontato, è quello relativo alle giovani famiglie, le quali sono esposte a molte vulnerabilità e necessitano di supporto e presa in carico spesso già in fase prenatale (al momento della prima diagnosi di disabilità che avviene tramite gli strumenti scientifici oggi a disposizione e che possono porre di fronte alla difficile scelta di mettere o meno al mondo un bambino con disabilità), al momento della nascita (la comunicazione della diagnosi, la presa in carico precoce ed immediata del bambino con disabilità) ed all'intero delicato e fondamentale periodo dei primi anni di vita del proprio figlio con disabilità.

12.Il "durante noi" e il "dopo di noi": nel documento non viene per nulla affrontato e non vengono evidenziate proposte in merito al "dopo di noi", ovvero la situazione delle persone con disabilità rimaste orfane o con genitori anziani che non sono più in grado di prendersene cura e che spesso a loro volta necessitano loro stessi di assistenza. In quest'ottica, è assolutamente indispensabile che si prevedano i giusti interventi, frutto del processo di presa in carico di cui sopra, affinché si promuova il "durante noi", ovvero il raggiungimento della massima autonomia possibile delle persone con disabilità e si garantisca alle stesse di vivere in ambienti che siano il più possibile vicini e simili a quelli familiari, superando, di fatto, la condizione che ancora oggi le vede inserite in "istituti" e simili. A tal proposito, pur mantenendo alta l'attenzione in merito alle disabilità gravi e complesse che richiedono risposte ad alta complessità assistenziale e sanitaria, sarebbe necessario promuovere interventi volti alla creazione di innovative formule abitative che prevedano per le persone con maggiore autonomia la costituzione di piccoli nuclei all'interno delle normali abitazioni (anche di proprietà della famiglia di origine), nei condomini e quindi in condizioni di massima inclusione sociale. Al di là delle autonomie regionali, quindi, occorre che lo Stato definisca un programma specifico di intervento straordinario a carattere pluriennale che renda concreto non solo il sostegno alle famiglie, ma, contemporaneamente, il diritto della persona con disabilità alla propria vita al di fuori della famiglia.

27 ottobre 2010

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