Tratto da: ww.superabile.it - di Claudio Imprudente - È proprio vero che nessuno vuole più fare questo mestiere? Partendo da un articolo apparso su un quotidiano nazionale Claudio Imprudente fa una riflessione sulla professione dell'insegnante di sostegno, a partire dalla legislazione sull'inclusione scolastica e i pochi mezzi a disposizione per realizzarla.

Tempo fa mi aveva colpito una notizia riportata dal quotidiano "La Repubblica" che così titolava "Mancano trenta prof di sostegno. Lacoppola: «Nessuno vuole farlo»" (23 ottobre u.s.). Ovvio che, sapendo in che modo vengono spesso utilizzati i titoli giornalistici, ovvero per colpire il lettore distratto o frettoloso o che, comunque, mai si azzarderebbe a perdere dieci minuti per arrivare alla fine del pezzo, piuttosto che per dare una sinossi efficacemente descrittiva, ho proseguito nella lettura, scoprendo che le cose in realtà erano più complesse di quanto sembrasse. Infatti, sembra che il virgolettato riferito al dirigente dell'ufficio scolastico della Provincia (U.S.P.) di Bari, il dott. Lacoppola, racconti solo una parte dei fatti, i quali compongono una trama piuttosto complessa, infittita dai gravi problemi economici, e di qui organizzativi e pedagogici, che la scuola italiana tutta deve affrontare. Dicevamo che le parole del dirigente forniscono una versione parziale dello stato delle cose nella provincia di Bari: questo non significa che non siano in parte veritiere.

Riporto altri passi dell'articolo:
[..."Sembra che nessuno voglia insegnare agli alunni che hanno difficoltà", scuote la testa il dirigente dell'U.s.p., Giovanni Lacoppola. L´anno scolastico a settembre è iniziato senza insegnanti per centinaia di studenti con disabilità: un´emergenza legata ai tagli ministeriali che ha spinto l´Angsa, l´associazione nazionale genitori soggetti autistici, a mettere in mora l´ufficio scolastico provinciale. Dall' U.s.p. però è arrivata la nomina straordinaria di altri 188 docenti di sostegno: dal 12 ottobre sono iniziate le nomine. "Abbiamo proceduto immediatamente con le chiamate degli insegnanti, individuando i casi più gravi", spiega Lacoppola. Ma finora trenta posti non sono ancora stati assegnati: "i docenti contattati scorrendo la graduatoria fino agli ultimi posti, semplicemente, non hanno accettato o non si sono presentati in istituto". L´ultima chiamata è fissata al 25 ottobre: "dopo quella data - annuncia il dirigente - delegherò ai capi di istituto la ricerca"..].

Non mi meraviglierebbe che, nonostante oggi la ricerca di un lavoro venga vissuta più come una questione di sopravvivenza, una necessità inderogabile (quando non una causa persa in partenza: aumenta, non a caso, il numero di coloro che non risultano disoccupati in senso tecnico e statistico, solo perché non cercano neanche più un lavoro) che una possibilità di realizzazione in un determinato campo, si possa innescare una dinamica che porti degli/delle insegnanti a rinunciare ad un incarico (e magari a retrocedere in graduatoria a causa di quel rifiuto) che preveda un ruolo di sostegno ad alunni con bisogni speciali. Non mi meraviglia, né mi scandalizza, non potendo tacciare quegli insegnanti "mancati" di insensibilità, di disaffezione al ruolo di educatori (in senso lato), di scarsa professionalità. Semmai il contrario, perché ne andrebbe riconosciuto l'"eccesso" di professionalità, includendo in questa anche la capacità di riconoscere i propri limiti. Cosa intendo dire? L'Italia, come si sa, ha una legislazione considerata all'avanguardia in tutto il mondo in materia di inclusione scolastica (alcuni vi vedono anche tratti utopici, per non dire ipocriti, resta il fatto che sono pochissime le nazioni al mondo in cui viga un modello simile), una legislazione a mio avviso meravigliosa, da difendere con le unghie, ma che necessita di un impegno, di un investimento forte perché possa funzionare e rivelarsi efficace (ed efficiente) non solo per l'alunno con disabilità, ma per l'intero gruppo classe. Il presupposto della legge, formidabile, è infatti che la presenza di un alunno con deficit si riveli una risorsa pedagogica e formativa per tutti gli altri e per gli insegnanti stessi, oltre ad essere un modo per far conoscere la "disabilità" in modo non mediato e a partire dalla tenera età. Questo, ovviamente, riassumendo un po' la questione. Le cose si complicano se agli insegnanti che devono fornire il sostegno mancano gli strumenti per farlo, una preparazione adeguata, il supporto dei colleghi curricolari, una formazione costante, le risorse materiali per avviare e proseguire una pratica educativa e di relazione che possa dare risultati. Nel "gran rifiuto" degli insegnanti segnalato dal dirigente vedo questo, il timore di intraprendere un'avventura di questo tipo "a mani nude". Un timore che va compreso e le cui ragioni vanno cercate altrove, non nelle propensioni caratteriali o nelle aspirazioni professionali degli insegnanti.

"Mi chiamo Annarita , sono un'insegnante di sostegno di Avellino, al quindicesimo anno di esperienza, ma ogni volta che devo affrontare un nuovo caso, tutta la mia esperienza sembra svanire forse perché più credi di sapere, più non sai. Quest'anno, in prima elementare, mi è stato affidato C., un alunno affetto da polimicrogiria. Non parla né cammina, ma credo capisca tutto ciò che gli capita intorno. Me ne accorgo dall'intensità del suo sguardo, dal suo sorriso che appare ogni volta che si sente amato.

Vorrei fare qualcosa, dargli un modo per comunicare, per capire il suo pensiero, deducibile, ora, solo da risate o da gridolini. Non vorrei ripetere quanto ha fatto per tre anni alla scuola dell'infanzia...Per caso, ho visto quella tavoletta di plexigas...Si è accesa in me una speranza, la mia mente ha cominciato a frullare strategie,ipotesi... Mi sento poco professionista in questo momento, ma mi piacerebbe sapere la tua storia di alunno, step by step, per sapere da come, da dove cominciare. Se vuoi, puoi anche rispondermi sulla tua rivista, ma dammi il tempo di iscrivermi domani, a nome di tutte quegli insegnanti di sostegno che, seppur tacciati di indifferenza, continuano a fare questo mestiere con dedizione,anche, se a volte, credimi, ci si sente abbandonati dalle istituzioni. Magari, ci sono in giro per l'Italia tante persone con gli stessi miei dubbi e non hanno lo stesso coraggio che mi è venuto, spinta dal bisogno di sapere non per curiosità, ma per amore del mio mestiere. Certa che per me avrai parole di incoraggiamento, aiutami a fare il mio dovere di insegnante, suggeriscimi le metodologie (...) più idonee, perché (...) anche io possa essere mediatrice di un'altra sfida, perché anche tu possa essere coprotagonista di una probabile vittoria. Al di là del riferimento al mio strumento di comunicazione, la lettera che mi ha scritto Annarita rende appieno la portata di quanto ho scritto sopra. Un invito, in particolare agli insegnanti di sostegno "in crisi": scrivete a claudio@accapaprlante.it o sul profilo di Facebook.

13 dicembre 2010