Fonte www.superabile.it - Vivono per lo più a casa, con i familiari, e frequentano centri diurni dove svolgono diverse attività, ma una gran parte è stata costretta a cambiare residenza perché sono intervenute difficoltà nell’assistenza. E’ la condizione delle persone over45 con sindrome di Down esplorata da uno studio nazionale, (pubblicato sulla rivista Advances in Aging Research) del progetto Dosage (Functioning and disability of Ageing people with Down Syndrome), finanziato dalla Fondazione Jerome Lejeune di Parigi e coordinato dalla Fondazione Irccs Istituto Neurologico Carlo Besta, in collaborazione con Anffas e l’Associazione italiana persone Down. Sono stati intervistati 136 tra familiari e operatori che vivono e si occupano di over 45enni con sindrome di Down con l’obiettivo di capire come affrontare l’invecchiamento, non sono solo sul piano sanitario, e pianificare il futuro. I familiari contattati sono principalmente fratelli o sorelle e gli operatori sanitari sono soprattutto educatori.
La ricerca rileva che la metà del campione ha cambiato residenza nel corso della propria vita perché il caregiver che li aiutava è venuto a mancare (41,2%) o la persona che li assisteva non poteva più farlo (32,0%). L’aspetto più rilevante osservato, spiegano i ricercatori, ha riguardato la “mancanza di pianificazione del futuro”: il 25% dei caregiver intervistati ha ammesso che, nonostante la consapevolezza dell’avanzare dell’età, non si è mai affrontato il tema del “cosa succede al nostro familiare quando noi non saremo più in grado di assisterlo”, mentre oltre il 30% ha dichiarato che cambiamenti sostanziali nella vita dell’anziano con sindrome di Down sono intervenuti in modo repentino e in emergenza, spesso a causa della morte di chi lo assisteva senza che fosse stata pianificata per tempo una sostituzione.
La ricerca esplora anche il grado di autonomia: la capacità di utilizzo dei mezzi pubblici, ad esempio, che per la maggior parte è impossibile in modo autonomo. Ma anche la salute: il 56,3% non è in grado di prendersi cura della propria salute e non sa come assumere i farmaci. Ben il 79,4% non lavora e non ha mai lavorato, solo l'8,1% ha lavorato in passato e solo il 5,1% ora lavora.
“Partendo dalla constatazione della scarsità di studi sull’invecchiamento delle persone con sindrome di Down, abbiamo indagato la loro vita quotidiana passati i 45 anni per valutare la presenza, o l’assenza, di strumenti che aiutino ad affrontare l’oggi e, soprattutto, a pianificare meglio il loro futuro” - spiega Matilde Leonardi, Direttore di Neurologia, Salute Pubblica, Disabilità della Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Neurologico Carlo Besta che ha coordinato il lavoro insieme alle dottoresse Venusia Covelli ed Erika Guastafierro. - Ciò che emerge dalla nostra ricerca è la centralità della programmazione: lavorare “in emergenza” non è mai una buona idea. Fondamentale diventa parlare, costruire, progettare il futuro degli anziani con Sindrome di Down insieme a loro, partendo dalle attività, dalle abitudini, dalle consuetudini dell’oggi, pensando a cosa accadrà quando i caregiver, che di solito sono i genitori, non saranno più in grado di prendersi cura dei figli, allargando anche la sfera di persone che potrebbero essere coinvolte".
“Pianificare il futuro è fondamentale per favorire la continuità delle competenze acquisite in età adulta, evitando un deterioramento della qualità di vita di queste persone. - prosegue Leonardi - Non è solo un intento organizzativo, ma significa tenere conto in modo di tutti gli aspetti, dalle condizioni di salute dell’anziano con sindrome di Down alle sue relazioni, ai supporti cui si affida, al domicilio, elementi che caratterizzano quotidianamente la loro vita, al fine di pianificare al meglio anche gli anni dell’invecchiamento, che in alcuni casi supera i 70 anni. Una sfida che non è possibile rimandare, ma che richiede di pensare a nuove formule rispetto a quelle fino a oggi considerate”.