Fonte www.vita.it - È passato ormai un mese da quando è stata riconosciuta priorità nella campagna vaccinale per tutte le persone con disabilità grave - non solo per quelle con determinate patologie - e per i loro familiari conviventi e caregiver. Ma a un mese dalle nuove “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19” riviste il 10 marzo, le persone con disabilità ancora non sono vaccinate. L’attesa, snervante, prosegue. La stessa Fondazione Gimbe nel suo monitoraggio scrive che per l’elevata fragilità è «impossibile effettuare analisi in assenza di una specifica categoria di rendicontazione dei vaccini somministrati a persone estremamente vulnerabili e a portatori di disabilità gravi». Sui social e sui giornali intanto cominciano ad apparire le storie di chi giustamente rivendica un diritto troppo a lungo negato ed è semplicemente quanto legittimamente stanco, deluso, arrabbiato. Come Anita Pallara, 31 anni, presidente nazionale dell'associazione Famiglie Sma, che come molte altre persone con la sua patologia sta ancora aspettando il vaccino. Un’attesa che non è solo un’attesa: «Ho appena saputo di una persona morta di Covid in Piemonte, in una residenza: l’ennesima. Aveva diritto ad essere vaccinato con priorità», dice Roberto Speziale, Presidente nazionale Anffas. «È evidente che chi sta morendo di Covid in questi giorni, non sarebbe morto se fosse stato vaccinato un mese fa. Non è ininfluente questo ritardo, è letteralmente questione di vita o di morte. Le cose finalmente si stanno muovendo, ma bisogna fare presto».
Ecco il punto con alcuni presidenti e direttori, che hanno il polso di quel che sta succedendo sul campo.
Marco Rasconi, presidente UILDM
«Dopo la pubblicazione delle delle raccomandazioni del 10 marzo si è mosso qualcosa quasi dappertutto, pur con tempistiche diverse e non senza criticità. Non è un tema solo nostro: una ragazza con disabilità che sta a Stoccolma ci ha raccontato che lì hanno vaccinato subito tutti i caregivers ma non le persone con disabilità, creando una bolla ma non la protezione per la persona. Nelle Marche per esempio inizialmente si era deciso di andare avanti per patologie, ma anche lì qualcosa poi è cambiato. La Lombardia ha chiesto ai vari centri di riferimento che hanno i pazienti in carico di mandare i nominativi e stanno cominciando a chiamare. Finalmente per quanto riguarda il nostro mondo UILDM possiamo dire che stanno quasi tutti iniziando, ho segnali abbastanza forti dalle sedi che stanno ricevendo le richieste di accompagnare le persone presso le sedi vaccinali con i mezzi attrezzati», dice Marco Rasconi, presidente UILDM. Lui stesso ha fatto la prima dose da pochissimi giorni, in Lombardia, «che mi ha chiesto di segnalare fino a un massimo di 4 persone familiari o caregiver da vaccinare». Questo è un primo tema, oltre all’equità dell’accesso in tutta Italia al vaccino, dal momento che nelle raccomandazioni nazionali non si fa riferimento al numero di familiari o caregiver da vaccinare: «Occorre garantire a tutti questo percorso, altrimenti si rischia di avere persone con disabilità vaccinate ma caregiver e familiari che non lo sono». L’altro nodo riguarda la registrazione delle persone non in carico ai centri. Resta però la fatica: «A fronte di una vulnerabilità così evidente, per avere riconosciuta questa priorità nella vaccinazione abbiamo dovuto fare una battaglia. La pandemia ha reso evidente che noi persone con disabilità siamo ancora gli ultimi».
Giovanni Merlo, direttore Ledha
«Le persone con disabilità che vivono nelle residente e quelle che frequentano i centri diurni sono state quasi tutte vaccinate mentre la vaccinazione generalizzata dei vulnerabili e delle persone con disabilità qui in Lombardia dovrebbe partire domani, 9 aprile. Da domani le persone potranno registrarsi al portale. Alcuni fra quelli in carico a un centro di riferimento sono stati già chiamati, persone con grande vulnerabilità, mentre da domani per le persone che rientrano nell’art 3 comma 3 della legge 104 ci sarà la possibilità di registrarsi, segnalando se si ha bisogno di farle il vaccino a domicilio», racconta Giovanni Merlo, direttore Ledha. «Pare che i caregiver non dovranno registrarsi ma verranno vaccinati insieme alla persona con disabilità, presentando una autocertificazione del loro ruolo. Abbiamo un “buco” sui minori fragili e in generale per chi non può vaccinarsi: le indicazioni nazionali prevedono che siano vaccinati i loro genitori e familiari conviventi, con priorità, ma al momento non si capisce come possono prenotarsi. L’abbiamo segnalato. Vediamo domani come andrà». C’è molta attesa e anche molta tensione: «Le persone sono spaesate e preoccupate, chi si ammala oggi lo fa con un vaccino disponibile, è una situazione che crea tensione. Speriamo che l’organizzazione funzioni e che il fatto di avere una data per il vaccino metta le persone nelle condizioni di poter dire che vale la pena tenere duro ancora un po’ perché c’è un orizzonte. Le situazioni di vita delle persone con disabilità sono molto complesse, continuano a vivere in casa, in residenze più o meno chiuse, con centri diurni a mezzo servizio… Il Covid si è aggiunto a una situazione che già era di discriminazione, di meno opportunità, di violazioni di diritti… tutto questo non è stato messo in stand-by».
Paolo Bandiera, Direttore Affari Generali di AISM
Fa una premessa, il direttore Affari Generali di AISM: riguarda l’eccezionalità e la complessità della situazione che stiamo vivendo. «Si tratta di una campagna di estrema complessità, questo va considerato. La campagna vaccinale in corso richiede sforzi straordinari, senza precedenti, per processi logistici, di approvvigionamento, di reclutamento del personale, più gli aspetti legati ai punti di somministrazione… E tutto questo deve coesistere con i normali processi di funzionamento delle strutture sanitarie. Eppure non si può tacere come la campagna vaccinale stia mostrando una grande disomogeneità sui territori: c’è la necessità di avere un approccio uniforme da parte delle regioni, garantendo la stretta applicazione di criteri definiti nelle raccomandazioni nazionali. Le stesse pronunce giurisprudenziali affermano con chiarezza che c’è una sovraordinazione dello Stato rispetto alle competenze pur esistenti in materia concorrente di salute»: dice Paolo Bandiera. Concretamente, pur essendo le persone con SM da tempo esplicitamente citate nella celebre tabella 1 delle persone vulnerabili, Bandiera registra «un'applicazione molto difforme, stentano ad essere rispettate le indicazioni ministeriali rispetto alle priorità della categoria 1 della fase 2. Un altro aspetto è la difficoltà di identificazione di alcuni gruppi target, ad esempio il convivente di persone in terapie immunosoppressiva o il caregiver, volontario o retribuito, non esistendo un’anagrafe dei caregiver ma solo la definizione data nella legge di bilancio per il 2018». Anche per “rintracciare” i pazienti con SM non basta il codice di esenzione per patologia: «È emersa la debolezza del dato e la necessità di rendere integrabili i sistemi. Questa è una priorità insieme alla equità del diritto di accesso alla salute. La partita è enorme: un ritardo nella vaccinazione è una compromissione del diritto all’integrità personale e alla salute, oltre che un costo sociale enorme per il paese».
AISM in queste settimane ha svolto una intensa attività di promozione delle informazioni sui benefici della vaccinazione, «è un ruolo specifico nostro quello della qualità dell’informazione e far capire il valore della vaccinazione in ottica non solo individuale ma anche sociale. In questo senso sarebbe auspicabile una integrazione fra pubblico e Terzo Settore». In secondo luogo, AISM con tutto il rispetto della normativa sulla privacy, ha messo a disposizione del sistema sanitario i dati in suo possesso per andare a costituire gli elenchi delle persone da chiamare, che talvolta sfuggivano ai flussi perché non in carico ai centri clinici ad esempio perché non più in trattamento farmacologico ma gestiti solo a livello sociale. Prosegue Bandiera: «Il nostro Registro della SM è stato messo a disposizione in ottica di sanità pubblica. Se parliamo di coprogettazione, come anche le recenti Linee Guida dicono, anche su una partita che sembra distante, è importante che il Terzo settore si ponga in ottica proattiva: non vorrei che il Terzo settore stesse solo nella posizione del richiedente, cosa legittima perché abbiamo volontari e operatori, ma abbiamo anche tante frecce con cui poter contribuire. È anche la nostra partita».
Rossano Bartoli, presidente Lega del Filo d’Oro
Le persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali seguite dalla Lega del Filo d’Oro da inizio pandemia vivono una condizione di isolamento nell’isolamento. Per loro è impossibile evitare il contatto, perché quello è l’unico canale di relazione con il mondo e con le persone. Impossibile anche il metro di distanza. «Le persone che sono ospitate nei Centri Residenziali e che frequentano i nostri Centri Diurni ormai sono state quasi tutte vaccinate, diciamo che si sta completando benché ogni regione si sia comportata diversamente», afferma Rossano Bartoli, il presidente. Sono invece ancora in attesa di vaccino tutte le persone che vivono a casa propria e che la Lega del Filo d’Oro segue con i servizi territoriali: «Anche questo problema ormai è emerso in tutta la sua gravità e complessità, come dimostrano le raccomandazioni del 10 marzo. Si sta cominciando ad affrontarlo ma ancora con forti ritardi, sia per la persona con disabilità sia per i loro famigliari e caregiver. Bisogna dare risposte concrete e in tempi rapidi», continua Bartoli. «Il dramma che vivono le famiglie si avverte, la famiglia è terrorizzata dall’eventuale positività del figlio con disabilità, per la vulnerabilità e per ciò che comporterebbe un eventuale ricovero in isolamento di una persona sordocieca: si aprono un'infinità di problemi. Anche l’indicazione della priorità nella vaccinazione anche per familiari e caregiver, che finalmente c’è, credo che debba essere attuata con intelligenza e buon senso: sarebbe illogico vaccinare solo parzialmente il nucleo familiare. È dall’inizio della pandemia che sosteniamo che ci deve essere una attenzione adeguata nei confronti delle persone con disabilità e in particolare di quelle con disabilità gravi e dell’ambiente in cui loro vivono, che significa Centri, servizi e famiglie. È stato un problema non affrontato adeguatamente, adesso mi pare si sia fatta chiarezza: serve però concretizzare la risposta, senza alimentare ulteriore confusione».
Roberto Speziale, Presidente nazionale Anffas
Ieri Anffas ha pubblicato una Guida alla vaccinazione anti-Covid per le persone con disabilità e le loro famiglie. Un “instant book” nato sull’onda del Consiglio nazionale di Anffas di venerdì 2 aprile, aperto a tutti i presidenti delle organizzazioni a marchio Anffas, da cui è emersa con forza la disomogeneità sul territorio nazionale dell’attuazione della campagna vaccinale ma anche l'incertezza e la carenza di informazioni disponibil. L'opuscolo fornisce una corretta informazione sul piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-Covid, indicando chi sono le persone con disabilità ad avere diritto alla vaccinazione con priorità, in quali casi anche i loro caregiver/conviventi ne hanno diritto, dando le risposte ad alcune delle domande più frequenti sul consenso informato, i casi in cui avviene il rifiuto alla vaccinazione… «Dinanzi a questo comportamento estremamente eterogeneo sui territori, alla estrema confusione circa l’accesso al diritto alla vaccinazione con priorità sia per le persone con disabilità sia per i loro famigliari e caregiver e soprattutto vista la difficoltà enorme ad accadere alla vaccinazione per tutte le le persone che non frequentano i servizi in generale e per tutte le famiglie non afferenti a mondo associativo, come Anffas abbiamo deciso di farci carico di questa criticità, creando una guida che consentisse alle persone con disabilità e alle famiglie di potersi orientare in questa congerie di norme di non facile lettura», racconta Roberto Speziale, Presidente di Anffas Nazionale. Ad oggi qualcosa è partito, ma «molti sistemi neanche ancora permettono le modalità di registrazione, non sono in grado di indicare una realtà che oggi sia in linea con le raccomandazioni nazionali. Ci sono dei sistemi ancora non utili, perché magari non consentono di registrare il famigliare e moltissime regioni sono ancora nella fase di mettere a punto i sistemi di prenotazione». È disponibile inoltre un modello di segnalazione per le problematiche che emergessero, con richiesta di intervento risolutivo a tutte le autorità coinvolte nel processo di vaccinazione: «Non ci siamo limitato a indicare i termini del dritto ma anche a come fare nei casi in cui il diritto continuasse ad essere negato, per superare eventuali empasse. C’è chi sta fissando un numero massimo per i familiari o i caregiver da vaccinare o chi si preoccupa di abusi fra chi si dichiara caregiver: la norma non fissa numeri, occorre creare una bolla, o sono tutti vaccinati o non ha senso. Così per i caregiver, una definizione c’è, si faccia una autocertificazione e poi chi dovrà controllare controllerà e chi ha fatto una dichiarazione falsa o mendace ne risponderà. La preoccupazione oggi deve essere quella di vaccinare a tappeto le persone con disabilità e i loro familiari, una interpretazione riduttiva della norma è contro la chiara volontà di mettere in sicurezza queste persone. Giorno dopo giorno i segnali di miglioramento si vedono, ma siamo in forte ritardo e questo ci porta purtroppo a dover continuare a registrare morti di persone se fossero state vaccinate un mese fa, con priorità, sarebbero ancora con noi».