Fonte www.superabile.it - “Non è frutto del caso ma dell’abbandono in cui centinaia di migliaia di famiglie sono costrette a vivere. Ed è frutto della disperazione che da questo deriva”: così Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas, commenta la tragedia avvenuta a Rivarolo Canavese, dopo un uomo di 79 anni ha ucciso la moglie, il figlio di 51 anni con disturbi psichici e i vicini di casa, prima di rivolgere la pistola verso il proprio volto e sparare un colpo. Non solo una “strage familiare”, dunque, ma la conseguenza di una condizione di solitudine, abbandono, isolamento (peraltro evidenziata da diversi testimoni) che se non trova nella disabilità una ragione, certamente trova ha un legame stretto con la preoccupazione e l'angoscia di un padre di fronte ai problemi di suo figlio. E con l'assenza di supporti capaci di sostenere questa famiglia.
Oggi ne parliamo, ma appena si spegneranno i riflettori, tutto tornerà come prima e le frasi di circostanza rischiano di suonare ipocritamente prive di alcuna vera acquisizione di consapevolezza sul fatto che lo Stato non solo non riesce a proteggere le le persone più fragili, ma le lascia spesso nell’abbandono e nella disperazione più cupa, con le conseguenze del caso”, denuncia Speziale a Redattore Sociale.
E aggiunge: “Non si riesce a far comprendere che non tutte le disabilità sono uguali, ma ognuna di esse ha necessità di particolari e diversificati sostegni, anche con diverse priorità ed intensità. Ci vogliamo chiedere perché, in queste vicende, siano coinvolte quasi sempre famiglie al cui interno vivono persone con disabilità psichiche? E perché, quasi sempre, si tratti di genitori anziani e di persone che non hanno accesso ad una rete integrata di servizi, ma che vivono per lo più isolate all’interno del proprio contesto familiare?”
Questo non significa certamente spiegare, o tanto meno giustificare, il gesto compiuto dall'uomo: “Certamente vi sono altre complessità e non è neppure chiaro il contesto in cui tale ennesima tragedia si è sviluppata – precisa Speziale - Ma una cosa è certa: se non si interviene in modo adeguato e con la dovuta urgenza, questo non sarà l’ultimo caso che, nostro malgrado, saremo chiamati a commentare. Solo se si ripristina una presa in carico di prossimità, disponendo di servizi sociali attenti e di qualità, che agiscano in rete con le nostre associazioni, si potrà forse non dico azzerare questo terribile fenomeno, ma almeno prevenire, per tempo, il baratro della disperazione dei familiari, dal quale poi discendono episodi come questo”.
Sostenere queste famiglie può voler dire anche, nelle situazioni più complicate, “mettere in salvo le persone con disabilità, che spesso sono le principali vittime, incapaci peraltro di difendersi in alcun modo”. In questa “operazione di salvataggio”, il ruolo delle associazioni può essere determinante: “Questa famiglia, pur residente in un territorio in cui Anffas è presente con la propria fondazione, non era in carico alla nostra associazione che, se coinvolta per tempo, forse avrebbe potuto fornire un significativo aiuto”.
Un aiuto che diventa tanto più necessario e cruciale nell'era complessa e difficile della pandemia: “Il timore è che l’effetto della terribile esperienza che stiamo vivendo possa acuire questo profondo disagio e che casi come questo possano divenire molto più frequenti – afferma Speziale – Per questo chiediamo al ministro Stefani l’apertura di un tavolo specifico per mettere in atto, senza più alcun indugio, delle opportune iniziative, che non lascino più sole le nostre persone e le nostre famiglie”.