Fonte www.vita.it - Si è svolta ieri, lunedì 21 giugno, la riunione del Comitato Editoriale di Vita (di cui anche Anffas è parte), alla presenza del presidente di Padova Capitale Europea del Volontariato, Emanuele Alecci e di Luigino Bruni, economista da sempre attento ai temi del dono e della relazione. Al centro del dibattito, la candidatura transnazionale all'Unesco del Volontariato come «bene immateriale dell’Umanità». Un appello che tocca il cuore delle sfide che attendono il Terzo settore nel prossimo futuro.
Riccardo Bonacina, in apertura, ha spiegato come è nata la campagna. «Alla fine dello scorso anno, insieme agli amici di Padova Capitale del Volontariato europeo, abbiamo convenuto come il volontariato e la dimensione della gratuità fossero l'elemento che era riuscito a tenere insieme le persone nell'epoca del distanziamento. I mesi di pandemia ci hanno fatto capire poi come la gratuità non fosse un impegno del dopo lavoro, ma una qualità del gesto, dal panettiere al medico, dagli infermieri ai volontari».
In un periodo particolarmente drammatico e complesso, ha proseguito Alecci, «il volontariato ha fatto la differenza», mostrando quanto sia necessario alla tenuta del legame sociale e della comunità. Tanti giovani, sebbene non siano impegnati nei gruppi “classici”, si sono messi in gioco. Nel momento in cui i legami erano messi in discussione, «il volontariato ha rappresentato un filo che ha tenuto in piedi quei legami». Dal "male comune" del Covid-19 è emerso un "bene comune" rappresentato proprio dal volontariato.
«Non perché il volontariato abbia bisogno di gratificazione», ha concluso Alecci, «ma perché questo legame sottile va tutelato, favorito, protetto: da qui l'idea dell'appello rivolto all'Unesco». La campagna parte dall'Italia, ma ha al suo cuore l'Europa e la sua ripartenza, verso una società più inclusiva, più equa, più giusta.
La crisi del Covid-19, ha commentato Luigino Bruni, «ha fatto capire meglio che cos’è la cura. Il volontariato non è solo cura, è di più. Ma ciò che ha in comune la cura con il volontariato è un’insufficiente stima sociale». Perché tutto ciò che ha a che fare con la vita degli altri «è stato per troppo tempo considerato come non degno di nota, come un contorno non essenziale da relegare nell’alveo delle anime belle».
Il volontariato, ha rilevato il professor Bruni, «deve lavorare culturalmente per rovesciare questa percezione, rovesciando il banco: la cura, la gratuità, non sono faccende a margine, ma al cuore stesso della vita». Il volontariato «è un bene primario della vita in comune, ma va rivisto dal punto di vista culturale, antropologico e sociale».
Il volontariato è un patrimonio. Patrimonio, ha ribadito Bruni, «viene da "eredità dei padri", si eredita. Oggi stiamo consumando un patrimonio di virtù civili che non siamo capaci di rigenerare.
La sfida è ricominciare a generare queste virtù che alimentano il volontariato». Come tutti i patrimoni, il volontariato «ha identità precise, è localizzato, non è qualcosa di astratto. Ma il volontariato ha una particolarità: il suo aver radici, il suo essere radicato su un territorio non gli impedisce di essere universale e comune».
Ma che cos'è un bene comune? È un bene «le cui esternalità pubblche positive vanno molto oltre i suoi limiti "fisici"». Ma un bene comune - è la famosa "tragedia dei beni comuni" descritta dal Nobel Elinor Ostrom - può distruggersi e autodistruggersi, se non è alimentato, accudito.
«Se una comunità non si prende cura del bene comune, il bene comune è destinato a morire». Lo stesso vale per il volontariato che, ha concluso Luigino Bruni, «è come una trota: naviga solo in acque pulite e a noi spetta far sì che le trote del bene continuino a nuotare in acque pulite».
Un tema, quello del volontariato, che sarà al centro del prossimo numero (luglio-agosto) di Vita. «Sarà un numero-manifesto», ha spiegato il direttore Stefano Arduini. Un numero che in una prima parte dedicato a un'inchiesta che racconterà come il volontariato sia un vero e proprio «stock del bene nella società di oggi».
Un numero che avrà uno sguardo tanto storico sul volontariato, quanto orientato al futuro del volontariato. Un volontariato letto con uno sguardo profondamente "politico".
Il secondo capitolo del numero di Vita sarà dedicato all'appello presentato all'Unesco, con le prime cento adesioni. La terza parte presenterà una serie di profondi interventi "di pensiero" sulle sfide del volontariato in un mondo liquido e complesso, ma che ha sempre più bisogno di etica civile.
Il patrimonio del volontariato, hanno sottolineato dal Volontariato Sacra Famiglia, «sono le persone». Mettere le persone al centro significa mettere le relazioni al centro. Il numero speciale di Vita, ha commentato Ermes Carretta, presidente nazionale ConVol, «è l’occasione per fare davvero cultura delle persone e del volontariato».
Oggi, davanti al fenomeno del volontariato “liquido”, «le organizzazioni vivono il tema dello scarso ricambio. Fare cultura del volontariato significa capire perché non siamo riusciti a coinvolgere e stimolare nelle organizzazioni nuove persone, un tema su cui oggi dobbiamo tornare e il numero speciale di Vita arriva al momento giusto».
Il numero di Vita, ha infine spiegato il Direttore Arduini, è solo l'inizio di una serie di iniziative, dibattiti, incontri. Il primo step di una road map che avrà il volontariato come perno per connettere realtà, organizzazioni, esperienze sul territorio.
Emanuele Alecci ha spiegato il senso di questa proposta, partendo dal lavoro – durato tre anni - alla base di Padova Capitale Europea del Volontariato. Con la “scusa” di Padova, ha proseguito Alecci, si è presentata un’occasione unica: incontrare tantissime esperienze di volontariato, connetterle, tenerle in rete. Capirne le esigenze, le aspettative, le prospettive.