La bozza di Convenzione Onu sui diritti delle persone con
disabilità? "E' uno strumento epocale, ne sono entusiasta".
Con i retroscena: "la convenzione è stata condivisa e partecipata da tutti i paesi. Quindi i suoi contenuti, per quel che ci riguarda, per il momento non hanno neanche una virgola fuori posto. Tutto è perfettibile, ma certo è uno strumento straordinario, epocale". Il testo Onu, che dovrà essere discusso dall'Assemblea, "parte dal presupposto che la disabilità non è una malattia e il mondo intero deve impegnarsi per garantire i diritti fondamentali dell'uomo alle persone con disabilità". Il che significa, suggerisce Speziale, l'abolizione di barriere che alle volte possono impedire anche di prendere un aereo. E l'Italia? Il presidente Anffas ha le idee chiare: "E' un Paese in cui apparentemente l'attenzione per la disabilità sembra adeguata, ma che in realtà ha ancora forti discriminazioni ed emarginazioni per le persone disabili e le loro famiglie". E che deve risolvere pesanti problemi, soprattutto su due drammatici punti: l'abolizione dell'interdizione, "un istituto che affonda le radici nel Medioevo", e "e chiusura di tutte le strutture istituzionalizzanti. A Serra d'Aiello, in Calabria, abbiamo ancora una struttura con 400 disabili che vivono in una condizione assolutamente segregante e istituzionalizzante", denuncia. Con un'ultima nota per la scuola: "La mancanza di una qualificazione e attenzione da parte di insegnanti specializzati non crea le condizioni perché i disabili siano inclusi davvero. Anzi: spesso vengono fatti diventare pesi per la scuola, per la classe, e vengono relegati in corridoio a fare altre cose piuttosto che seguire un percorso scolastico".
Ecco l'intervista:
Presidente Speziale, qual è il nuovo baricentro della
definizione di disabile secondo la bozza di Convenzione sui diritti delle
persone disabili?
"Parte dal presupposto che la disabilità non è una
malattia e il mondo intero deve impegnarsi per garantire i diritti fondamentali
dell'uomo alle persone con disabilità. Quindi colloca - perché questa è stata la
ratio con cui ha lavorato la commissione ad hoc - di uscire dal contesto dello
stigma sociale disabilità per collocare anche i disabili nell'ambito dei diritti
umani fondamentali dell'uomo. Non più come condizione di malattia, ma contesto
sociale. Questo è il presupposto di base".
Il rapporto tra disabilità
e ambiente: può dirci qualcosa di più?
"La nuova definizione data
dall'Organizzazione mondiale della sanità, l'OMS, nel mettere a punto l'ICF, che
sono gli Indicatori di classificazione delle funzioni, ha dato una definizione
di disabilità. La nuova definizione di disabilità della bozza Onu è: una
condizione di salute in ambiente sfavorevole".
Quindi siamo tutti
potenziali disabili?
"E' esattamente così. Bisogna lavorare sul contesto
sociale e ambientale per creare per tutti condizioni di pari opportunità e non
discriminazione, e questo va ad incidere direttamente sulle condizioni che
comportano disabilità".
Tra la
concezione di disabilità dell'ICF nella I edizione del 1980 e la nuova
convenzione, quanta strada in avanti è stata fatta?
"Credo che la strada
sia parecchia. Sono due cose distinte, a dire la verità: la definizione dell'ICF
crea le premesse per un cambio culturale; la Convenzione Onu ha una portata
invece inimmaginabile. Riguarda le condizioni di 700 milioni di persone con
disabilità nel mondo e introduce una legge di diritto internazionale che colloca
le persone con disabilità nell'ambito di diritti di inclusione che sono rispetto
della dignità, pari opportunità, non discriminazione. Questi aspetti si
incontrano e cambiano radicalmente l'approccio, la cultura sulla disabilità".
Secondo lei, in che misura il nostro Paese è pronto a cambiare il suo
approccio nei confronti della disabilità?
"L'Italia sicuramente va
collocata fra i paesi più avanzati dal punto di vista della qualità normativa
sulle persone con disabilità. Il problema è che di fatto queste normative
vengono scarsamente applicate. Quindi è un Paese in cui apparentemente
l'attenzione per la disabilità sembra adeguata, ma che in realtà ha ancora forti
discriminazioni ed emarginazioni per le persone disabili e le loro famiglie. Per
cui l'Italia deve cogliere le indicazioni Onu e rilanciare in positivo una serie
di politiche per arrivare a pareggiare questo vulnus che si è determinato
specialmente negli ultimi anni".
Ci fa un esempio di come potremmo
pareggiare questo vulnus?
"Penso che l'Italia debba rivedere
completamente l'impostazione del suo sistema socioeconomico creando situazioni
inclusive. Immaginiamo la condizione delle donne con disabilità: sono emarginate
due volte, la prima perché donne e la seconda perché non hanno accesso al mondo
del lavoro. Oppure quanto accade nel mondo del lavoro delle persone disabili,
spesso relegate a trovare un impiego nelle cooperative sociali perché il mondo
del lavoro 'ordinario' lo ritiene un peso per la società e non una risorsa.
Oppure pensiamo a quanto accade oggi sugli aerei".
Cioè?
"E'
l'ambito di massima discriminazione. E' quasi impedito alle persone con
disabilità motorie o intellettive la possibilità di prendere un volo: questa è
una forte limitazione della libertà. L'ultima condizione, che in realtà è la
prima, è che per esempio l'Italia non ha ancora eliminato dall'ordinamento
l'istituto dell'interdizione, nonostante dal 2004 esista l'amministratore di
sostegno. Questa convenzione definisce l'interdizione come istituto segregante,
mentre in Italia manteniamo una figura che affonda le sue radici nel medioevo. E
si potrebbe parlare del mondo della scuola...".
Ecco, che cosa accade
nel mondo della scuola?
"La mancanza di una qualificazione e attenzione
da parte di insegnanti specializzati non crea le condizioni perché i disabili
siano inclusi davvero nel mondo della scuola. Anzi: spesso vengono fatti
diventare pesi per la scuola, per la classe, e vengono relegati in corridoio a
fare altre cose piuttosto che seguire un percorso scolastico. Insomma, sono
infiniti gli ambiti di applicazione: ma l'Italia dovrebbe dare due segnali
forti".
Quali?
"Sono due i settori importanti: abolizione
dell'interdizione e chiusura di tutte le strutture istituzionalizzanti. A Serra
d'Aiello, in Calabria, abbiamo ancora una struttura con 400 disabili che vivono
in una condizione assolutamente segregante e istituzionalizzante".
Tornando in conclusione alla bozza Onu: va nella direzione giusta o
c'è qualche modifica da fare?
"Non me la sento in alcun modo di trovare
anche una sola notazione negativa. Perché la commissione ad hoc ha licenziato un
testo che certo dovrà essere approvato dall'assemblea, ma è frutto di un modulo
di base cui l'Italia ha partecipato in modo straordinario con i nostri
rappresentanti, il presidente Fish (Federazione Italiana per il Superamento
dell'Handicap, N.d.R.) Giampiero Barbieri e Giampiero Griffo (membro Fish e
presidente della Disabled People Organisation in Europe, N.d.R.). Che ci hanno
raccontato la dinamica alla base della convenzione: è stata condivisa e
partecipata da tutti i paesi. Quindi i contenuti della convenzione, per quel che
ci riguarda, per il momento non hanno neanche una virgola fuori posto. Tutto è
perfettibile, ma certo è uno strumento straordinario, epocale".
Antonino
D'Anna
Si ringrazia Affari Italiani ( www.affaritaliani.it ) per la
gentile concessione alla pubblicazione di questo articolo.