È accaduto ancora una volta. Una persona con disabilità insieme ai suoi familiari iscritti ad Anffas Bologna si oppongono tenacemente e hanno ragione rispetto ad un’illegittima richiesta di compartecipazione al costo da parte del loro Comune della provincia di Bologna, questa volta addirittura arrivata alla persona con disabilità con un decreto ingiuntivo del tribunale.
“Le nostre famiglie e le nostre associazioni locali da tempo chiedono che si applichi la normativa nazionale in tema di compartecipazione al costo in base all’ISEE, senza sé e senza ma. Ormai non c’è Tribunale Amministrativo - e adesso anche Civile – che non ci dà ragione e non comprendo come mai gli Enti Locali in alcuni casi insistano” è il commento di Roberto Speziale, Presidente Nazionale di Anffas Onlus (Associazione Nazionale Famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale).
Già sotto la vigenza della vecchia disciplina ISEE, l’Anffas aveva portato avanti in tutta Italia una campagna sul “pagare il giusto”, ripresa sui vari territori anche da altre organizzazioni del Terzo Settore e rinforzata a seguito dell’introduzione della disciplina ISEE col successivo DPCM n. 159/2013.
“In ciò Anffas Bologna è stata una delle più attive ed il risultato di oggi ne è una viva testimonianza. Voglio perciò ringraziare chi si è messo in discussione sul territorio, partendo dai genitori della persona in questione e da chi ha voluto seguire negli anni questa vicenda come tante altre simili”, continua Roberto Speziale.
Il caso. Nel giugno 2009 una persona con disabilità frequentante un centro diurno per persone con disabilità e con ISEE individuale pari a zero cessava di pagare quanto il Comune richiedeva per i servizi di trasporto, mensa e frequenza. Infatti le uniche provvidenze economiche di cui godeva la persona erano esclusivamente la pensione di invalidità civile (di circa 280,00 euro mensili) per la propria sopravvivenza e l’indennità di accompagnamento (di poco sopra i 500,00 euro mensili), che comunque non dovevano rilevare come sostanze economiche utili per un’eventuale compartecipazione al costo verso il Comune.
Questo Comune della Provincia di Bologna invece prevedeva che si dovesse compartecipare in base ad una situazione reddituale in cui si includessero proprio l’assegno di accompagnamento e la pensione di invalidità civile. Tra l’altro, il regolamento dell’Ente Locale fissava una quota minima giornaliera per ISEE inferiore a € 8.000,00 (anche in assenza totale di reddito) ed una quota giornaliera massima per ISEE superiore a 8.000,00. Nessuna esenzione, si ribadisce, era prevista nel caso in cui la persona con disabilità fosse priva di qualsivoglia reddito e non era nemmeno prevista una proporzionalità tra chi aveva redditi e chi non li aveva.
Pertanto, la persona con disabilità ed il suo amministratore di sostegno, ritenendo di essere nel giusto, continuavano a non pagare fino al dicembre 2018, allorquando il Comune richiedeva all’Autorità Giudiziaria l’emissione di un decreto ingiuntivo di 9.027,18 euro per mancato pagamento della asserita dovuta compartecipazione al costo per il periodo sopra indicato.
L’amministratore di sostegno della persona con disabilità, insieme agli avvocati Mumolo e Pizzi, spiegava opposizione al decreto ingiuntivo innanzi al Tribunale Civile di Bologna che, con sentenza dello scorso 28 settembre, ha revocato il decreto ingiuntivo dando ragione alla persona con disabilità.
Le motivazioni della sentenza (qui consultabile). La sentenza contiene un unico argomento di diritto che costituisce punto nodale della vicenda, rispondendo alla domanda se sia legittimo assumere l’indennità di accompagnamento e la pensione di invalidità come reddito.
Per fare ciò la sentenza prende in considerazione sia l’attuale sistema sulla compartecipazione generatosi a seguito dell’emanazione dei nuovi criteri di ISEE ai sensi del DPCM n. 159/2013 sia anche quello pregresso, considerando che le richieste del Comune erano anche per periodi precedenti a partire dal giugno 2009.
Relativamente all’ultimo periodo investito delle richieste del Comune, si fa presente che a seguito dell’entrata in vigore del DPCM n. 159/2013 la compartecipazione va calcolata secondo l’ISEE della persona con disabilità, e che le sentenze n. 838, 841, 842 del 2016 del Consiglio di Stato hanno escluso dal computo dello stesso ISEE i “trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche” (art. 4, comma 2 lettera f), ossia tutte le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc. Del resto, tali sentenze sono state recepite con l’ art. 2-sexies della legge 26 maggio 2016, n. 89 che nelle more della modifica del regolamento sull’Isee n. 159/2013 ha espressamente escluso di considerare i sopra indicati trattamenti.
Tale principio viene ribadito nella sentenza del Tribunale di Bologna dove si legge: “«illegittimo il regolamento in argomento nella parte in cui computava, nella definizione di reddito imponibile, anche voci aventi natura indennitaria o compensativa, erogate al fine di attenuare una situazione di svantaggio (indennità di accompagnamento o misure risarcitorie per inabilità che prescindono dal reddito)» (Consiglio di Stato, decisioni nn. 838, 841 e 842 del 2016). Tanto la pensione di invalidità che l’indennità di accompagnamento, secondo tale indirizzo, in quanto diretti a compensare la persona da oggettive situazioni di svantaggio, che già di per sé comportano disagio e diminuita capacità reddituale, e ad assicurare, dunque, il rispetto del principio costituzionale e convenzionale di uguaglianza e non discriminazione, non possono essere contemplati nella definizione della capacità reddituale del soggetto, posto che, appunto, non configurano reddito ma hanno mera funzione indennitaria finalizzata a garantire, per quanto possibile, analoghe condizioni di partenza”
L’innovatività di tale sentenza consiste nel fatto che poi il Tribunale, prendendo in esame anche le richieste del Comune di compartecipazione al costo per il periodo precedente al DPCM n. 159/2013, ha ritenuto ugualmente valido il principio di non rilevanza delle provvidenze assistenziali e risarcitorie, avendo queste da sempre il fine sopra ricordato. Pertanto, il Tribunale di Bologna ha ritenuto non preclusivo dell’applicazione del sopra indicato principio di ordine generale il fatto che nel precedente sistema ISEE (disciplinato dal d.lgs. n. 109/98), si prevedeva genericamente che per la compartecipazione al costo si facesse riferimento alla “situazione economica del solo assistito” senza che essa venisse meglio dettagliata per legge.
Né tanto meno per lo specifico periodo precedente al 2013 potrebbe trovare applicazione una vecchia normativa regionale (nel caso di specie l’art. 49 L.R. Emilia-Romagna n. 24/2009 e ancor prima l’art. 49 della L.R. n. 2/2003) che, nella vigenza dell’altrettanto generico d.lgs n. 109/98 sul punto, prevedeva di adottare successivamente una delibera di giunta regionale che evidenziasse eventuali indennità di carattere assistenziale percepite dalla persona.
Pertanto si legge testualmente nella sentenza di Bologna che: “Si tratta di principi, prima enunciati dalla giurisprudenza e quindi recepiti dal Legislatore, che in quanto espressione di canoni d’ordine generale, debbono intendersi validi anche nel quadro della disciplina precedente all’entrata in vigore del DPCM n. 159/2013, atteso che, come visto, l’art. 3, comma 2-ter D.lgs. n. 109/1998 non conteneva sul punto un principio univoco, rimandando alla generica nozione di «situazione economica» e che, una volta introdotto nel 2013 un principio di segno contrario, la competente giurisprudenza amministrativa ne ha riconosciuta l’illegittimità. In buona sostanza, non si rinviene nel quadro normativo antecedente al 2003 la enunciazione di specifiche scelte del Legislatore che consentano, oggi, di non estendere i principi individuati dal Consiglio di Stato nella materia de qua.”
Si assume, dunque, che i principi espressi da ultimo dal Consiglio di Stato interessino tutto l’arco temporale di cui al credito oggetto di causa (2009-2018), inducendo in questa sede anche alla disapplicazione delle fonti di diritto secondario (legge regionale, delibere di giunta regionale) che prevedevano la compartecipazione dell’opponente in ragione della percezione della pensione di invalidità e di un assegno di accompagnamento e all’accertamento.
“In ogni caso, è bene ribadire che in presenza di ISEE pari a zero, mai nulla è dovuto, come previsto dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 7850/2020” – conclude il Presidente Nazionale Anffas.