Fonte SMITALIA - È uscito il numero di marzo/aprile di SMITALIA, la rivista AISM in cui è presente un articolo a firma di Roberto Speziale, presidente nazionale Anffas e coordinatore della Consulta Welfare del Forum Terzo Settore, per la rubrica "L'altro Editoriale" dal titolo "Diritti negati: un’Italia spaccata in due". Si riporta di seguito il testo - che è disponibile anche cliccando qui - presente nella rivista a pagina 5.
Il 10 febbraio, il Ministero della Salute ha pubblicato il monitoraggio relativo all’erogazione dei LEA, i livelli essenziali di assistenza, che verifica la qualità delle prestazioni e servizi sanitari di base su tutto il territorio nazionale. Questo monitoraggio ci restituisce un dato drammatico: le cure essenziali non sono affatto garantite ovunque in Italia, dove 11 Regioni su 20 presentano un punteggio inferiore alla soglia di sufficienza. Questo significa che stiamo negando diritti ai cittadini italiani. Si parla spesso – giustamente – di aggiornamento dei LEA, ma è altrettanto necessario parlare di adeguato finanziamento ed esigibilità sui territori.
Il nostro sistema funziona attraverso lo stanziamento di fondi nelle leggi di bilancio, che vengono poi distribuiti per quota capitale alle Regioni, le quali possono eventualmente aggiungere risorse proprie. Se le prestazioni minime non sono garantite, la causa non è esclusivamente legata alla mancanza di risorse (che, certo, non sono mai sufficienti): si tratta anche di incapacità di spesa.
Capita fin troppo spesso infatti in ambito sociale che le risorse non vengano spese e siano restituite o accantonate. A pagarne le conseguenze sono le persone, le famiglie, che si trovano costrette a rinunciare alle cure o a rischiare un progressivo impoverimento.
Talvolta, per ricevere una prestazione può passare più di un anno, e questo porta all’aggravarsi della situazione di salute delle persone e alla cronicizzazione delle patologie. Privatamente, però, prenotazioni e prestazioni si ottengono da un giorno all’altro.
Si tratta di una grave lesione dei diritti umani, di una discriminazione delle persone con disabilità e delle loro famiglie: vivere in una famiglia con una persona con disabilità o anziana non autosufficiente è considerato tra i principali motivi di impoverimento assoluto per gli italiani.
La mancata attuazione delle cure è preoccupante anche in prospettiva: se questo sistema non funziona per i LEA, come potrà funzionare per i Livelli essenziali delle prestazioni e sociali (LEP e LEPS), che coinvolgono anche gli Ambiti Territoriali Sociali locali?
A differenza dei LEA, i LEP e i LEPS sono stati definiti dalla legge di bilancio del 2022 nell’ambito del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e ora bisognerà attendere i decreti attuativi per la loro piena operatività. Poiché oggi ogni livello agisce in maniera autonoma, l’auspicio è che il livello sanitario e quello sociale finiscano per integrarsi e compenetrarsi, perché solo così sarà possibile garantire ai cittadini un sistema integrato di servizi, omogeneo su tutto il territorio.
Il movimento che fa riferimento al Terzo Settore italiano è da sempre impegnato su queste tematiche. Ed è un Terzo Settore che oggi surroga e si sostituisce agli enti pubblici e allo Stato, per evitare che i cittadini siano abbandonati a loro stessi. Noi vogliamo che questa situazione sia superata e che il Terzo Settore diventi coresponsabile della progettazione di servizi, nella strutturazione dei livelli essenziali e nella loro attuazione. Il ruolo del Terzo Settore può rappresentare la chiave di volta, a patto che ognuno faccia la propria parte: Stato, Regioni, Aziende Sanitarie, in modo proattivo e sinergico.
Perché non basta un colpo di penna o una risorsa in più per garantire diritti, cittadinanza, qualità di vita, inclusione sociale, è necessario attivare un welfare generativo e di comunità.