Anffas Nazionale e Confcooperative Federsolidarietà rivolgono un appello alle Istituzioni competenti al fine di richiedere con determinazione la modifica della Legge n. 118/22, “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”, e del Decreto del Ministero della Salute del 19 dicembre 2022, attuativo della stessa, i quali, intervenendo su alcune disposizioni del D.lgs. n. 502/92, hanno comportato l’estensione delle regole sulla concorrenza agli enti privati che erogano servizi sanitari e sociosanitari e, conseguentemente, anche agli Enti del Terzo settore.
Già in data 15 maggio u.s., le scriventi avevano inviato alle Istituzioni competenti una nota a firma congiunta che metteva in luce le criticità e le gravissime conseguenze che tale modifica normativa, così come predisposta, cagionerà alle persone che usufruiscono di tali servizi e alle strutture che li erogano e presentava delle proposte di modifica, ad oggi non ancora riscontrate.
In particolare, l’art. 15 della Legge n. 118 del 5 agosto 2022, intervenendo sugli artt. 8 quater, sostituendo il comma 7, e 8 quinquies, aggiungendo il comma 1 bis, del D.lgs. n. 502/92, e il DM 19 dicembre 2022, attuativo della detta Legge, hanno modificato la disciplina dell’accreditamento e del convenzionamento delle strutture private nonché del monitoraggio e valutazione degli erogatori privati convenzionati.
Tali modifiche hanno avuto quale effetto quello di attrarre alla disciplina della concorrenza tutti i soggetti privati, senza distinzione alcuna tra Enti di Terzo Settore e privati profit.
Ciò appare assolutamente ingiustificabile e, tra l’altro, non si comprende come possa coordinarsi con il ruolo che agli ETS viene assegnato con la Riforma del Terzo Settore.
Basti pensare agli strumenti di “amministrazione condivisa”, previsti agli artt. 55-57 del D.lgs. n. 117/17, i quali rappresentano un’applicazione dell’art. 118, ultimo comma, Cost. che valorizza ed agevola la possibile convergenza su “attività di interesse generale” fra la pubblica amministrazione e gli Enti di Terzo Settore.
La stessa Corte costituzionale (Sent. n. 131/20), ha chiarito come si tratta di “una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale valorizzato dall’art. 118, quarto comma, Cost.”, un originale canale di “amministrazione condivisa”, alternativo a quello del profitto e del mercato, scandito “per la prima volta in termini generali [come] una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria”. Ed ha, altresì, sottolineato il fondamentale ruolo che gli enti del Terzo settore svolgono in tali procedure, chiarendo proprio come gli ETS rappresentano la “società solidale” e “costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, (…) in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (altrimenti conseguibili in tempi più lunghi e con costi organizzativi a proprio carico), sia un’importante capacità organizzativa e di intervento: ciò che produce spesso effetti positivi, sia in termini di risparmio di risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della “società del bisogno”.
La specificità degli enti di Terzo settore è evidente e non può in alcun modo essere ignorata dal legislatore.
Tra l’altro, come più diffusamente trattato nella nota a firma congiunta già citata, non si è operata alcuna differenziazione, neppure a seconda della tipologia di prestazione erogata o della condizione della persona presa in carico, dei suoi bisogni e delle sue esigenze, andando a standardizzare tutto il comparto dei servizi. Ciò, con grave pregiudizio sia dei diritti delle persone con disabilità che usufruiscono di tali servizi (diritto di libera scelta, continuità assistenziale, autodeterminazione, non discriminazione, principio di universalità e accessibilità ai percorsi di cura e presa in carico, etc.), sia di quelli alla continuità gestionale e organizzativa delle strutture già accreditate o contrattualizzate che operano, magari da anni e stabilmente, in detti settori.
E tutto ciò, senza realizzare alcun coordinamento con i principi e criteri direttivi sanciti nella Legge n. 227/21 (“Delega in materia di disabilità”) e nella Legge n. 33/23 (“Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”).
Non si tiene neppure conto delle diversificate realtà esistenti a livello regionale e, conseguentemente, delle ingenti difficoltà che alcune di esse hanno nell’adeguarsi alla nuova normativa nei tempi così ristretti previsti dalla stessa (30 settembre 2023).
È, quindi, del tutto evidente come risulti sempre più cogente un intervento correttivo della nuova disciplina introdotta.
Pertanto, Anffas Nazionale e Confcooperative Federsolidarietà ribadiscono quanto già specificato nella nota a firma congiunta del 15 maggio u.s., richiedendo:
- l’esclusione dall’ambito di applicazione della Legge n. 118/22 e del DM 19 dicembre 2022 e, quindi la previsione di una differente disciplina per le attività sanitarie e sociosanitarie di interesse generale, poste in essere dagli Enti di Terzo Settore (D.lgs. n. 117/17) e dagli ETS Imprese Sociali (D.lgs. 112/17), accreditati e contrattualizzati con il SSN (esclusione già previsa per gli enti pubblici e IRCSS);
- la previsione di una disciplina diversificata, con diverse ulteriori regole ed indicatori per aree di fragilità, al fine di garantire i diritti fondamentali delle persone con disabilità che accedono ai servizi.
Il nostro auspicio è che le nostre proposte possano essere al più presto riscontrate, anche mediante l’avvio di un confronto che possa portare, in un’ottica di fattiva collaborazione, al superamento e alla risoluzione delle suddette criticità, che se perdurassero pregiudicherebbero gravemente i diritti delle persone con disabilità che usufruiscono dei servizi sanitari e sociosanitari, nonché delle strutture stesse che li erogano.
Anffas Nazionale
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Confcooperative Federsolidarietà
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