Fonte VITA - La vicenda dei 350 milioni “sottratti” alle persone con disabilità si chiude così: nel 2026 le risorse per l’attuazione della legge delega in materia di disabilità «saranno 350 + 85 milioni, ossia 435 milioni». Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità, chiude così su VITA una polemica che dura ormai da una settimana, sorta dopo che il governo con il Decreto Anticipi ha previsto l’utilizzo di 350 milioni del “Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità” per coprire i maggiori costi del Superbonus per le ristrutturazioni. Risorse che non sarebbero comunque state utilizzabili nel 2023 perché destinate al finanziamento delle innovazioni previste dalla riforma della disabilità (legge 227/2021), di cui si stanno ancora scrivendo i decreti attuativi: il cronoprogramma imposto dal Pnrr li prevede entro giugno 2024, ma due sono già stati approvati dal Consiglio dei Ministri e stanno facendo il loro iter e due – annuncia la ministra – ci approderanno «tra pochissimi giorni, forse già la prossima settimana».
Ministra, che queste risorse non sarebbero state utilizzate né utilizzabili nel 2023 per quello per cui erano state stanziate è ormai chiaro. Perché però metterle sulla riforma, se si sapeva già che i decreti sarebbero stati pronti solo nel 2024 e non su altri ambiti sempre legati alla disabilità?
La riforma della disabilità era necessaria. La legge delega è stata approvata a dicembre 2021 ed è evidente che per poter approvare una legge le risorse vanno allocate immediatamente per i vari anni successivi: quindi le risorse sono state allocate dove e quando dovevano essere allocate. Poi sappiamo che le leggi delega, per poter avere piena attuazione, necessitano dei decreti attuativi e questi hanno bisogno non solo di essere scritti ma – mi lasci dire – anche di essere riflettuti. Il ministro Stefani ha avviato due commissioni, che hanno lavorato ai primi decreti attuativi, non vincolati al Prrr: un lavoro che poi io ho completato, portando i decreti al concerto con gli altri ministeri. Due decreti sono già stati approvati dal Consiglio dei ministri, e stanno facendo il loro iter: uno sulla riqualificazione dei servizi pubblici per la loro accessibilità è in dirittura di arrivo, dato che dopo essere passato per Conferenza unificata, Consiglio di Stato e commissioni parlamentari, deve essere solo approvato in via definitiva da un prossimo Consiglio dei ministri; l’altro che istituisce il Garante per la tutela dei diritti delle persone con disabilità ha già avuto intesa piena in Conferenza unificata ed è all’esame del Consiglio di Stato. Gli ultimi due decreti, che hanno richiesto un maggiore impegno, sono quelli per la revisione della valutazione di base dell’invalidità civile e quello relativo alla valutazione multidimensionale e al progetto di vita: sono decreti molto innovativi e hanno bisogno di risorse per essere implementati. Queste risorse erano state quantificate in 350 milioni di euro, che sono i soldi di cui si è parlato in questi giorni. Lo ripeto perché sia chiaro, sono risorse che io non avrei potuto toccare, non essendoci i decreti della legge delega. Il Mef – è vero – quest’anno in qualche modo li ha spostati, ma si tratta di un semplice slittamento, di una riprogrammazione per assicurare che le risorse siano disponibili quando serviranno effettivamente per attuare la riforma. In realtà a me e a tutti noi che abbiamo a cuore questi temi quello che interessa è il fatto che sul Fondo queste risorse ci siano nel momento in cui serviranno, ovvero a cominciare dal 2025, quando la riforma inizierà a produrre i suoi effetti.
E ci saranno?
Sì, ci saranno. Non solo, aggiungo che a decorrere dal 2026 sul Fondo verranno posizionati altri 85 milioni l’anno oltre ai 350 già allocati dal precedente governo: vuol dire che su quella linea di intervento noi avremo a disposizione 435 milioni per il 2026 e anche dal 2027 le risorse saranno incrementate in via strutturale di 85 milioni in più rispetto a quelle già stanziate. La scelta politica è questa ed è chiara e io ne sono molto soddisfatta.
Perché dal 2026 e non dal 2025?
Perché la delega prevede un’attuazione graduale. In particolare le novità portate da questi ultimi due decreti attuativi – rivoluzionari, me lo lasci dire – che comportano una revisione completa di tutto il sistema dell’accertamento dell’invalidità civile, nel 2025 partiranno con una sperimentazione che riguarderà solo alcune province: pertanto per quell’anno sono sufficienti i 350 milioni che ci sono.
Dove sarà scritto questo impegno dei 435 milioni?
Immagino già nella legge di bilancio. Comunque questi sono gli accordi presi con il Mef dai nostri uffici. Ricordo anche che la riforma della disabilità è una riforma vincolata al Pnrr, quindi quando in questi giorni si è detto “chissà poi se questi soldi ce li ridaranno”, in realtà sono parole che confondono solo le idee… La norma e la sua attuazione sono legate al Pnrr e da lì non si torna indietro.
Quando arriveranno questi ultimi due fondamentali decreti? In alcune interviste ha detto già il 31 ottobre…
A brevissimo, perché i decreti sono già al concerto dei tre ministeri che hanno competenza in materia, tra cui il Mef che è impegnato ovviamente anche con la legge di bilancio. Appena i miei colleghi daranno questo concerto, andranno in Consiglio dei ministri. Abbiamo lavorato a qualcosa di epocale, quindi questi dieci mesi di lavoro secondo me sono un tempo giusto, non un tempo lungo.
Una novità che abbiamo visto in queste ore nelle prime bozze della legge di bilancio è invece il fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità…
È un segnale importante, probabilmente nelle bozze che circolano non è ancora scritto esattamente come dovrà essere scritto, comunque il senso è che anche nell’erogazione delle misure destinate alle persone con disabilità vogliamo fare un passo in avanti, per semplificare la vita delle persone. Con il ministro Casellati inoltre abbiamo iniziato a lavorare su un Testo unico sulla disabilità, che per tutto il 2024 lavorerà per produrre un testo: bisogna fare in modo che per le persone sia semplice capire come funzionano le norme e da dove possono attingere per poter usufruire delle risorse. Questo del fondo unico è un segnale molto forte.
La Fish chiede l’innalzamento da 15 a 115 milioni di euro del fondo per la vita indipendente. Al momento nella bozza non ce n’è traccia.
Quello della vita indipendente è un tema importante, fondamentale e deve essere rispettato e garantito, come dice la Convenzione Onu e come è scritto nella legge delega. Poi è chiaro che dentro il perimetro della “disabilità” ci sono tanti interventi specifici e settoriali che possono essere portati avanti. Io sto agendo nella direzione di cambiare le prospettive per il futuro, anche con questi decreti in arrivo, su temi che riguardino effettivamente l’intero mondo delle persone con disabilità. Con le risorse che avrò a disposizione in legge di bilancio, vorrei finanziare il fondo per l’inclusione delle persone con disabilità e incrementare le risorse per i caregiver familiari delle persone con disabilità, in attesa della norma: oggettivamente quel fondo – lo dico avendo fatto l’assessore regionale – ha poche risorse.
Ci sono novità sui caregiver? Ne parliamo da tantissimi anni…
Abbiamo firmato il decreto istitutivo del tavolo interministeriale che scriverà la norma sul caregiver familiare convivente: io lo cito sempre così, con questi due aggettivi. Sappiamo che ci sono state storicamente diverse proposte di legge sul tema, che si sono arenate. E sappiamo anche che l’Italia è l’ultimo Paese in Europa rimasto senza una norma specifica per il riconoscimento del caregiver familiare: la nostra legislazione ha tante qualità in materia di disabilità, ma su questo siamo indietro. Abbiamo già dato una risposta all’Onu e ora abbiamo deciso di istituire il tavolo interministeriale per scrivere la norma: c’è il ministero delle Disabilità, il ministero del Lavoro, tutti i soggetti competenti in materia, sia a livello istituzionale sia di Terzo settore. Lavorerà sei mesi ed elaborerà una proposta normativa che porteremo all’attenzione del Consiglio dei Ministri e poi del Parlamento. Ovviamente non si comincia da zero, ma si terrà conto del lavoro parlamentare che è già stato fatto in questi anni.
Con la riforma che state immaginando, che cosa cambierà davvero, concretamente, per le persone con disabilità e le loro famiglie?
La ringrazio per questa domanda perché è un punto fondamentale che invece faccio sempre fatica a esplicitare. Da ministro e da persona che conosce da vicino il mondo della disabilità, la mia più grande aspirazione – che è insieme anche l’aspirazione più umile – è quella di semplificare alcuni percorsi. Per esempio nello scrivere il decreto attuativo sulla valutazione di base e sul progetto di vita ho riconvocato più volte il tavolo di lavoro, per ragionare su come togliere le valutazioni multiple per chi ha situazioni specifiche come quella di una patologia degenerativa riconosciuta, perché è assurdo che una persona debba stare a disposizione della burocrazia. Quindi la prima cosa è togliere le valutazioni successive alla prima, naturalmente tranne che per gli aggravamenti e per alcune eccezioni. La seconda cosa sono gli atti di avvio del procedimento di richiesta di invalidità: ce ne sarà uno e non due o tre come oggi. Ci sarà anche la possibilità per tutti i medici di avviare la procedura tramite l’Inps, mentre adesso solo alcuni medici possono fare richiesta… Spiegheremo tutte queste novità nel dettaglio appena i decreti andranno in Consiglio dei Ministri, però diciamo che io – davanti a questa riforma epocale – vorrei poter dire: «Abbiamo provato a semplificare la vita delle persone».