La riflessione di Maurizio Nicosia, presidente Anffas Onlus Caltanissetta
Il dramma che ha colpito questo ragazzo è tanto grande quanto ignoto è il mondo della disabilità che colpisce indistintamente l'uomo comune della strada così come i personaggi alla ribalta della cronaca. Oggi si tratta di un giovane calciatore che prima di ogni cosa era una persona che rappresenta uno spaccato di vita in una società molto malata, affetta da una forma gravissima di "primatismo" che non lascia scampo a nessuno.
A questo giovane Icaro il destino ha regalato generosamente guai a non finire e gli ha anche dato paradossalmente un paio di ali di cera che si sono letteralmente squagliate dinanzi ai raggi di sole da cui è stato attratto fatalmente, drammaticamente: il successo, a coronamento di un impegno straordinario. Una vita breve ma di una intensità straordinaria, vissuta con quel senso responsabilità che gli è costata la vita. Le immagini televisive trasmesse impietuosamente hanno causato un grandissimo dolore in tantissime persone. Io ho pianto, per l'emozione mediatica diffusa ma soprattutto per il peso psicologico e morale che Iddio ha voluto caricare sulle spalle di un ragazzo, come la Croce che Cristo si caricò addosso sulla via del Calvario, che di certo non meritava e che non ha potuto condividere con una struttura sociale che di tutto ciò si occupa solo quando è troppo tardi.
La disabilità, questo strano, variegato e inesplorato mondo in cui versano milioni di persone e milioni di familiari, oggi fa vedere il volto vero della sua esistenza. Piermario non era diverso da migliaia di giovani genitori che hanno avuto in dono un figlio con disabilità.
Piermario non era diverso da tanti familiari che svolgendo la propria vita lavorativa, cercando in essa le giuste motivazioni e forse anche le giuste e legittime distrazioni, si porta inconsciamente il peso psicologico che nessuno può alleviargli. Piermario non era diverso da ciascuno di noi che vive questa dimensione umana della disabilità.
A Piermario però era stato affidato il compito durissimo, per certi versi impossibile, di vivere una vita costellata di enormi pesi legati a una famiglia dilaniata da disgrazie e sulla quale si sono abbattuti con incredibile concentrazione oneri ed eventi di rara pesantezza.
Come si può pensare che un giovane con tale carico di responsabilità e di muto intimo dolore, possa essere ancora sovraccaricato di grandissime tensioni, apparentemente estranee alla vita di tutti i giorni, che lo vedevano impegnarsi allo spasimo per ricercare quella forma di riscatto umano e sociale che rappresentava, per lui, per la storia della sua famiglia e per la sorella rimastagli la sola persona cui dedicare le sue attenzioni, senza che tutto ciò potesse causargli anche un solo piccolo malessere?!
Noi, come Piermario, abbiamo l'obbligo di non abbassare mai la guardia. Abbiamo l'obbligo di lottare, fino alla morte, per le cause di cui siamo paladini ma che talvolta ci vedono su fronti diversi, forse anche non contrapposti, ma attori con parti diverse che non si aiutano a rivendicare in modo unico e univoco quei diritti, ancorchè scritti nella Convenzione Mondiale sui Diritti delle Persone con Disabilità, che ci vengono negati con cinica ciclicità da istituzioni pubbliche insensibili, inadeguate, irresponsabili.
Quanti di noi hanno pensato che al suo posto, al posto di questo giovanissimo eroe, potessimo trovarci noi, con i nostri problemi, con i nostri pesi, con la nostra gioia di vivere, con i nostri splendidi figli e familiari!
Quan ti di noi hanno pensato di trovarsi nella medesima situazione di dovere lasciare improvvisamente i propri figli, i propri familiari nelle mani incerte di una società impreparata. Quanti di noi hanno pianto per Piermario e per un dolore che potrebbe colpirci a tradimento senza che ci si possa opporre. Non possiamo farci sopraffare dalla disperazione e per questo siamo chiamati giornalmente, minutamente a lottare.
Piermario sognava una società diversa, una vita diversa, con la giovane e disperata fidanzata che era divenuta unico punto di riferimento della sua difficoltosissima vita. Dobbiamo stringerci attorno a questa ragazza e attorno alla sorella di Piermario per cercare di lenire in qualche modo, anche se in minuscola misura, lo strazio cui la Natura ha sottoposto un ragazzo di 25 anni, la sua famiglia, la sua compagna, i suoi amici, i suoi colleghi.
Proporrei di farci vivi con la società di Calcio Udinese per capire se possiamo essere utili in qualcosa e se possiamo farlo con la solita discrezione, con lo spirito di servizio che ci è congeniale, col silenzio ma anche mantenendo fede agli impegni istituzionali che ci vogliono attori principali in questa società, schierati inconfutabilmente contro ogni forma di discriminazione al solo fine di venire fuori da problematiche complesse e pesantissime come quelle in cui si è visto catapultato il povero Piermarco.
19 aprile 2012