Fonte VITA - «In Veneto non ci sono risorse sufficienti per i servizi alle persone fragili» Questo l’allarme lanciato da Roberto Baldo, presidente Confcooperative federsolidarietà Veneto insieme a Francesco Facci, presidente Uneba Veneto e Davide Schiavon, delegato Anffas Veneto, a fronte di tante persone con disabilità che non trovano posto nelle strutture sociosanitarie accreditate e uomini e donne, con problemi di salute mentale, esclusi dai centri diurni di cui, invece, avrebbero bisogno per stare meglio.
I servizi delle strutture sociosanitarie venete, solo negli ambiti della disabilità e della salute mentale, coinvolgono oltre 14mila persone.
«La nostra preoccupazione», spiega Schiavon, «è che, nonostante in Italia possiamo vantare ottime leggi che tutelano i diritti delle persone fragili, senza risorse non è possibile rendere effettivi tali diritti. Servono i giusti sostegni economici. Al momento non è così. C’è stato il rinnovo del contratto collettivo, un passo importante perché i lavoratori del nostro comparto devono avere il giusto riconoscimento per quello che fanno per le persone fragili. Un lavoro, il loro, prezioso che ha nella relazione umana il suo valore aggiunto. C’è il rincaro dei costi delle utenze. E mille altre spese che chi gestisce i servizi alla persona deve affrontare. Dunque il non profit ha bisogno di essere sostenuto dalle istituzioni».
Quota sanitaria: esigui gli incrementi proposti dalla Regione
Gli incrementi proposti dalla Regione alla quota sanitaria, cioè la parte a suo carico della retta, per i servizi per la disabilità e la salute mentale, è tra il 5% e il 10% in tre anni: pari solo a un terzo degli aumenti dei costi per gli enti. I restanti due terzi di aumenti diventerebbero quindi a carico degli enti, un peso insostenibile.
Addirittura, per i centri diurni per la salute mentale, i servizi comunali all’infanzia e altri casi, la Regione prevede aumento zero delle risorse messe a disposizione.
A rischio quindi c’è la tenuta dell’intero comparto sociosanitario e sociale accreditato, che ha finora garantito in Veneto la maggior parte dei servizi di cura e assistenza offerti alle persone più fragili.
Fare rete con le famiglie per salvare i servizi
«Il nostro obiettivo è quello di far comprendere le nostre difficoltà anche alle famiglie», conclude Facci, «questo per noi vuol dire fare squadra perché se non c’è cura per i loro familiari non c’è neanche attività produttiva perché i familiari sono i primi a non poter lavorare per prendersi cura dei loro cari. Siamo in un sistema che o fa rete e chiede l’affermazione dei diritti in maniera compatta o si rischia la rottura. È giunto il momento che la politica dia il proprio contributo».
Anffas, Uneba e Confcooperative Federsolidarietà hanno annunciato che nei primi mesi del 2025 si realizzeranno delle iniziative che potranno coinvolgere anche le famiglie degli utenti di questi servizi, per ribadire la forte preoccupazione e il concreto rischio di dover interrompere i servizi, a causa delle insufficienti risorse regionali e comunali.