Fonte VITA - Salta l’obbligo di avere un “controllore” del Mef negli organi di controllo degli enti che ricevono più di 100mila euro di contributi pubblici, ma niente innalzamento del tetto del 5 per mille. Zero euro e pure zero discussione.

È amaro il risveglio del Terzo settore, dopo che nella notte la commissione Bilancio della Camera ha concluso l’esame degli emendamenti alla Legge di Bilancio 2025, conferendo il mandato ai relatori. Il testo della manovra andrà in aula il 19 dicembre e su di esso (pare) sarà posta la fiducia; il Senato voterà dopo Natale. 

Margine per recuperare qualcosa, volendo forse c’è. Anche se ciò che più colpisce di queste giornate è la totale assenza dalla discussione dei temi rilevanti per il Terzo settore, come se fossero irrilevanti per la politica.

Risolta per un altro anno la questione dell’Iva con il Milleproroghe (leggi qui) e con la fiduciosa aspettativa di arrivare a breve alla tanto attesa autorizzazione europea per l’intero pacchetto fiscale del Terzo settore, messa una parziale toppa sull’articolo 112 nella parte che riguardava l’indebita ingerenza del Mef negli organismi di controllo delle organizzazioni, non hanno trovato quindi grande ascolto presso il ministro Giorgetti l’«attenzione» e l’«interessamento» assicurati dal viceministro al Lavoro e alle Politiche Sociali Maria Teresa Bellucci sull’innalzamento del tetto del 5 per mille: viceministra che ancora a metà novembre affermava che «l’innalzamento del tetto previsto [per il 5 per mille, ndr] risponde alla necessità di dare maggiormente seguito alle scelte dei contribuenti e sostenere l’azione degli enti del Terzo Settore che partecipano attivamente alla costruzione del bene comune».

Nel complesso la manovra è «uno schiaffo per il Terzo settore», commenta Maria Chiara Gadda, onorevole di Italia Viva. «Niente superamento del tetto del 5 per mille, niente misure di sostegno per svolgere queste attività spesso in sostituzione dello Stato. E oltre al danno, la beffa perché di fatto si tagliano le detrazioni per le donazioni al Terzo settore, scardinando il modello culturale portato dalla riforma del governo Renzi che anzi premiava fiscalmente cittadini e imprese su donazioni in denaro e in natura».

Il riferimento è al “combinato disposto” del tetto alle detrazioni e la non esclusione delle donazioni al non profit – come è stato fatto giustamente invece per le spese sanitarie. Attraverso il comma 4 dell’articolo 112, che resta, «mentre aumentano bisogni e povertà, di fatto si chiede al Terzo settore di non acquistare ambulanze o mezzi per trasporto anziani e disabili, celle frigorifere per conservare gli alimenti da distribuire ai poveri, attrezzature per farsi carico del territorio o dei beni culturali».

Ecco un riepilogo dei passaggi sui temi caldi e degli emendamenti approvati, secondo le bozze provvisorie uscite dalla commissione Bilancio durante la notte, che circolano in queste prime ore.

Articolo 112

Dopo che in serata ieri era girata una riformulazione pasticciata che prevedeva l’obbligo di avere un rappresentante del Mef negli organi di controllo di qualsiasi ente che percepisce contributi pubblici non più di 100mila euro, ma di 1 milione, ecco che la versione finale cancella del tutto la previsione di revisori del Mef e chiede solo agli organi di controllo già esistenti, già costituiti o da costituire, «delle società, degli enti, degli organismi e delle fondazioni che ricevono, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, un contributo di entità significativa a carico dello Stato» (entità che andrà stabilita da un successivo decreto) di «accertare che l’utilizzo dei predetti contributi sia avvenuto nel rispetto delle finalità per i quali i medesimi sono stati concessi e inviano annualmente al ministero dell’Economia e delle Finanze una relazione contenente le risultanze delle verifiche effettuate».

L’articolo 112 però mantiene il comma sulla spending review, per cui un ente di Terzo settore o una fondazione che prende contributi pubblici di entità significativa (da definire, appunto) non potrà acquistare beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità nel 2021, 2022 e 2023. Con esclusivo riferimento alle fondazioni lirico-sinfoniche e ai teatri di tradizione, gli esercizi finanziari di riferimento sono limitati agli anni 2022 e 2023.

5 per mille

Nessuna risorsa aggiuntiva è stata stanziata per ampliare il tetto attuale del 5 per mille, che ammonta attualmente a 525 milioni di euro. Dal 2017, il tetto è sistematicamente sforato poiché sempre più italiani scelgono di destinare il loro 5 per mille. Nell’ultima edizione, il tetto è stato superato di quasi 28 milioni di euro e l’importo da erogare alle organizzazioni del Terzo settore è stato così riparametrato per restare all’interno dei 525 milioni.

Era luglio quando il viceministro Bellucci a VITA disse che «è volontà di questo governo valorizzare le scelte dei contribuenti e quindi lavorare su un aumento dell’autorizzazione alla spesa. Stiamo lavorando con il ministero dell’Economia e delle Finanze e con l’Agenzia delle Entrate e per verificare un intervento normativo che possa consentirlo e auspichiamo che sia possibile con la manovra di bilancio». Il 31 ottobre, rispondendo a un’interrogazione parlamentare presentata da Virginio Merola (Pd), anche la sottosegretaria per l’economia e le finanze Lucia Albano sull’eventuale innalzamento del tetto aveva detto che «ferma restando la necessità di intervenire con specifica disposizione normativa di rango primario per la quale dovrà essere individuata idonea copertura finanziaria, ribadendo quanto già comunicato all’Assemblea della Camera lo scorso 10 luglio dal ministro dell’economia e delle finanze, il Governo valuterà – come già fatto in passato – le necessarie iniziative legislative per incrementare le suddette autorizzazioni di spesa, al fine di tener conto dell’evoluzione del dato relativo alle scelte dei contribuenti».

Ecco, prendiamo atto che il Governo ha valutato e ha deciso che non era il caso.

Stretta sulle detrazioni per erogazioni liberali

Con la Legge di Bilancio arriva il taglio delle detrazioni per chi ha un reddito superiore ai 75mila euro o ai 100mila euro. Per i primi, le detrazioni annuali potranno arrivare al massimo a 14mila euro, per i nuclei con due o più figli; per i secondi (sempre con più di due figli a carico) il tetto delle detrazioni sarà di 8mila euro. Un emendamento ha tolto dal conto le spese sanitarie, che continueranno ad essere detraibili, ma non le erogazioni per il Terzo settore.

Con la manovra quindi il plafond delle detrazioni sarà presto riempito dalle spese per lo sport dei figli, l’Università, la riqualificazione energetica ecc. È chiaro che non si dona solo o innanzitutto per il beneficio fiscale generato, ma senza dubbio questo è un incentivo alla donazione e la riforma del Terzo settore, con le agevolazioni fiscali introdotte, aveva portato un aumento dell’importo delle erogazioni liberali.