Riceviamo e pubblichiamo la recensione scritta da Angelo Fasani, consigliere di Anffas Onlus Milano, del libro "Ziguli'. La mia vita dolceamara con un figlio disabile".
Il termine handicappato ¨¨ fuori corso¡ ma non del tutto. Massimiliano Verga, nel suo libroZiguli'. La mia vita dolceamara con un figlio disabile, Mondadori 2012, lo utilizza spesso parlando della situazione che vive con Moreno, uno dei suoi tre figli. Il linguaggio scelto dall'autore appare consono allo sfogo nel quale ha scelto di coinvolgere il lettore e credo che l'utilizzo di termini che meglio esprimono emotivamente il suo stato d'animo era forse inevitabile, perchè Verga ¨¨ sincero e la sua sincerità dà modo al lettore che non ne ha idea, di vedere, senza i veli del politicamente corretto, quale possa essere la vita con e per un figlio affetto da gravi menomazioni; così come obbliga i genitori che tale condizione di vita conoscono ad interrogarsi su come la stanno vivendo.
Un amministratore della cosa pubblica poi che si degnasse di leggere questo libro dovrebbe essere indotto a riflettere su un passaggio come questo: "Per una riflessione in tema di handicap, occorre sempre partire da due concetti fondamentale: quello di "pari opportunità"e quello di "integrazione". Seguono, in ordine di importanza: la rava e la fava, la Nina, la Pinta e la Santa Maria"; un'arguta licenza poetica per evidenziare in modo incisivo quanto poco siano applicate le buone leggi di cui nel tempo il nostro Paese si è dotato.
Credo però che l'amore per Moreno sia il tema centrale del libro, anche se emerge da pagine che hanno suscitato domande come questa: "Come si fa a chiamare Zigulì un bambino? Come si fa a trattarlo male, pagina dopo pagina, rivelando il peggio del peggio di una disabilità plurima ? (Franco Bomprezzi, VITA, 20 gennaio 2012).
Ma la sincerità dell'autore arriva a questo punto: "Preferirei masticare la sabbia piuttosto che sentirti. Anche dei chiodi nelle mutande sono più piacevoli della tua voce. Quando urli così non ho scelta. O ti sbatto in camera e chiudo la porto oppure ti prendo a sberle. Quasi sempre finisci in camera. La ritengo una conquista"; tant'è che Bomprezzi gli ha anche chiesto: °Non le è venuto davvero il timore di essere un po' un mostro ?" "Si, certo, ancora adesso" ha risposto Verga "Sono pensieri dei quali non mi vergogno, perchè la verità. Però mi rendo conto che sono molto duro, anche se sto parlando davanti ad uno specchio¡ quando prendo in giro Moreno in modo molto crudo, non me la sto prendendo con lui, me la sto prendendo con qualcosa che ti arriva addosso, e che è più grande di te e che non è possibile gestire completamente".
Non credo che un padre possa rivelare apertamente certi sentimenti se non è intimamente sicuro del suo amore per il figlio, anche se su ciò è costretto continuamente ad interrogarsi. "Amo Moreno. Anche se è handicappato. Non sempre ne sono convinto. Ma fatti due conti, non riesco a pensare davvero alla mia vita senza di lui. Nonostante tutto".
Libri che riportano testimonianze di genitori di persone con disabilitàce ne sono molti, ma non sono quasi mai così sinceri; raramente gli autori guardano in faccia alla realtà delle cose con fermezza, senza reticenze, rimozioni, pietismi e buonismo. Le scene di vita quotidiana ai limiti del tollerabile che Massimiliano Verga ti sbatte in faccia in modo crudo e violento, ti costringono a vedere qual è in molti casi la vita accanto a una persona con gravi menomazioni. Piantiamola di prenderci in giro e di raccontarcela, ci dice in sostanza Verga, il quale dedica anche un capitoletto all'uso ipocrita dei termini, in particolare alla locuzione tanto cara a certi politici: diversamente abile.
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