Fonte superando.it - Dopo avere raccontato il progetto lucano PeperonAut, in occasione del Primo Maggio, continua il percorso di approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo.
Questa seconda puntata ci porta a Mirandola, in provincia di Modena, dove La Frolleria, una pasticceria sociale che coinvolge giovani con disabilità in tutte le fasi della produzione e vendita, sta dimostrando come il lavoro possa essere un’opportunità concreta di crescita e autonomia.
Con Marzia Manderioli, presidente dell’Anffas Mirandola, esploriamo dunque le prospettive del progetto, tra “franchising”, “co-housing” e la volontà di costruire percorsi di inserimento lavorativo solidi e sostenibili.

L’inclusione è al centro della Frolleria, ma il progetto sta crescendo e si evolve con nuove prospettive, come il franchising e il co-housing: a che punto siete?
«Direi a buon punto. Abbiamo trovato un posto nel centro storico di Mirandola, molto bello, dove il proprietario ci dà la massima disponibilità: c’è la possibilità di avere due appartamenti, perché la nostra intenzione è creare il co-housing per le persone che lavorano a La Frolleria; tanti di loro sarebbero proprio pronti per iniziare questo percorso. Il problema, però, per sostenere le spese di un co-housing non è solo ciò che serve inizialmente, ma ciò che serve per mantenerlo nel tempo. Ma abbiamo un’idea. Siccome Mirandola è il terzo polo biomedicale più grande al mondo e necessita sempre di posti letto, abbiamo pensato di utilizzare un appartamento per il “co-housing” e nell’altro appartamento realizzare un bed & breakfast sempre gestito dalle persone della nostra Associazione. Quindi i clienti del beed & breakfast avranno la possibilità di fare colazione a La Frolleria, che si troverà al piano inferiore. In questo momento stiamo mettendo giù i progetti su carta, siamo in attesa di un aiuto da parte della Regione Emilia Romagna, perché un supporto iniziale serve; poi, come abbiamo dimostrato in questi due anni della Frolleriariusciamo anche ad autosostenerci.
Per quanto riguarda invece il “franchising” con Anffas Nazionale, ci mettiamo a disposizione per chiunque voglia aprire una Frolleria con le nostre ricette; andremo sul posto: una è quasi pronta per partire, sarà a Cento, in provincia di Ferrara. Andremo con i nostri giovani ad insegnare a fare biscotti».

La Frolleria coinvolge giovani con disabilità in tutte le fasi della produzione e della vendita dei biscotti. Sono retribuiti? E da quando hanno iniziato questa esperienza, quali cambiamenti avete osservato nella loro autonomia e fiducia in se stessi?
«Le persone coinvolte sono sedici, tra i 20 e i 30 anni, uno ne ha 40. Sono retribuite da circa due mesi, da quando cioè siamo diventati impresa sociale. A Natale abbiamo fatto un contratto di prestazione occasionale e siamo riusciti a dare un piccolo compenso. In Frolleria sono sempre presenti coordinatrici, educatrici, la pasticciera, ci sono tante spese da sostenere. Stiamo avviando anche dei percorsi con l’ASL per dei tirocini formativi.
Un altro passo che vogliamo fare è chiedere alle aziende di assumerli e di farli lavorare, perché qui nel nostro territorio le aziende preferiscono pagare le multe piuttosto che assumere persone con disabilità. Poi c’è da portare avanti la sensibilizzazione del territorio, perché La Frolleria è un luogo aperto a tutti. Abbiamo parlato con le scuole del nostro territorio: ci hanno mandato in Frolleria i ragazzi che vengono sospesi. Avevamo un po’ di timore, in realtà si sono rivelati ragazzi gentili, educati, ci hanno aiutato anche a fare dei video, facendoci risparmiare le spese per un videomaker.
Per ritornare sul discorso dei cambiamenti riscontrati nei ragazzi, dopo un mese che è iniziato il progetto della Frolleria, avevo le famiglie che venivano e mi dicevano: “Compriamo i muri, facciamo qui, facciamo là”, perché hanno visto anche a casa un cambiamento: sono infatti passati dall’essere noiosi, agitati ad essere sereni e tranquilli. Alcuni hanno diminuito l’assunzione di farmaci e questo ci è stato riportato proprio dalle famiglie; per noi è stato un grandissimo successo. Si sentono realizzati, utili, pensano che anche loro possono fare qualcosa».