Fonte VITA (del cui Comitato Editoriale Anffas è parte) - La riforma della disabilità, introdotta dal decreto legge n. 62/2024, ha imposto una profonda e articolata riflessione nelle tante anime del Terzo settore. I vari enti, cooperative sociali, associazioni di volontariato e organizzazioni varie, ciascuno con le proprie specificità, si interrogano sulle principali sfide da affrontare affinché le intenzioni non rimangano sulla carta e i diritti siano esercitabili.

Sulla strada da intraprendere c’è consenso unanime: rispondere ai nuovi bisogni e alle nuove richieste delle persone con disabilità e al loro diritto a un progetto di vita individualizzato, personalizzato e partecipato è più facile collaborando e agendo in modo collegiale. Sulle risposte pratiche ai desideri e alle aspettative delle persone con disabilità, in linea con quanto previsto dalla riforma, le soluzioni proposte sono diverse.

Nel nuovo numero di VITA è stato chiesto quali sono le principali novità introdotte dalla legge e i cambiamenti necessari alla sua applicazione a vari rappresentanti interessati tra cui anche Roberto Speziale, Presidente Nazionale Anffas, che è così intervenuto: «La sfida maggiore è senza dubbio quella di andare oltre alla funzione di semplici erogatori di servizi, che significa «non rimanere ancorati ad un passato che non c’è più, non farsi trovare impreparati, essere costantemente aggiornati e pronti a rispondere ai nuovi bisogni».

«L’ascolto e la partecipazione diretta sono fondamentali: le persone con disabilità sono le uniche vere esperte della propria vita e sono loro che possono dirci con certezza di cosa hanno necessità e cosa vogliono realizzare. Come tutti, le persone con disabilità cambiano nel tempo e di conseguenza con loro devono modificarsi anche i servizi a loro rivolti - prosegue il Presidente Speziale - dobbiamo continuare a garantire servizi anche se cambiano i contesti. Innovare fin da ora significa dunque iniziare a costruire alleanze territoriali, favorire la condivisione di risorse e competenze e attivare, già da subito, processi che permettano la co-finanziabilità e la co-realizzazione di interventi, anche in assenza di una formale sperimentazione».  

Dalle varie testimonianze è emerso, nel complesso, il bisogno di superamento del tradizionale ruolo del Terzo settore di fornitore di servizi e la necessità di diventare attore proattivo capace di rispondere ai bisogni in evoluzione delle persone con disabilità. Servono ascolto diretto, aggiornamento continuo e adattamento dei servizi nel tempo. Innovare significa creare reti territoriali, condividere risorse e co-progettare interventi anche in assenza di sperimentazioni formali. Occorre sviluppare modelli flessibili, collaborare con le istituzioni e promuovere politiche che valorizzino l’individualità dei percorsi. Il Terzo settore, grazie alla sua vicinanza alle persone e alla capacità di innovare, può favorire inclusione e monitorare l’attuazione delle riforme. Il cambiamento è iniziato, ma richiede un impegno costante e condiviso.