Fonte www.amnesty.it - "Si tratta di misure alla portata del nostro paese. Non realizzarle significa assumersi la responsabilità di negare il diritto a un futuro". Con queste parole Jason Nardi, portavoce del Social Watch Italia*, accompagna le raccomandazioni formulate dalla coalizione nel Rapporto italiano 2012, intitolato proprio "Diritto a un futuro".
Le richieste sono suddivise in base all'ambito cui si riferiscono. Dal punto di vista economico troviamo il sostegno all'occupazione, gli incentivi per lo sviluppo di produzioni e consumi verdi, quelli per le imprese che investono in settori di produzione ad alta qualificazione, una tassa dello 0,05% sulle speculazioni finanziarie e un'altra sui grandi patrimoni.
Dal punto di vista sociale, l'ampliamento delle risorse destinate all'assistenza sociale e alla lotta alla povertà, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, la protezione immediata per le donne vittime di violenza, maggiori e migliori aiuti alla cooperazione internazionale.
Infine, dal punto di vista della sostenibilità ambientale si chiedono adeguati stanziamenti per interventi di cura del patrimonio idrogeologico e di prevenzione del rischio, l'intervento per la realizzazione delle piccole opere, una strategia nazionale di riduzione delle emissioni di anidride carbonica a lungo termine, il conseguimento al più presto dell'obiettivo stabilito per l'Italia nel primo periodo dell'applicazione del Protocollo di Kyoto (riduzione del 6,5 per cento rispetto alle emissioni del 1990), l'inserimento nel codice penale italiano della voce "Delitti ambientali" e il rafforzamento dell'offerta dei servizi di trasporto pubblico locale per i cittadini.
Tali raccomandazioni scaturiscono da una lettura attenta del contesto socio-economico italiano: aumento della disoccupazione femminile nel Centro e Sud Italia; disoccupazione giovanile al 30 per cento; aumento del divario tra ricchi e poveri, con il 10 per cento di famiglie che possiede circa il 46 per cento del totale della ricchezza; persistenza degli stereotipi culturali relativi ai ruoli di genere; comportamenti di donne e uomini che contribuiscono al mantenimento di un alto livello di discriminazione per le donne nel mondo del lavoro, nella politica, nella sfera della salute riproduttiva; interruzione del rapporto di lavoro per il 30 per cento delle madri (contro il 3 per cento dei padri) dopo la maternità; diffuso fenomeno di violenza domestica nei confronti delle donne che resta ancora sommerso, con 117 donne uccise nel 2011, il 6,7 per cento in più rispetto a 12 mesi prima; ostacoli alla libertà di informazione; sviluppo sostenibile, politiche energetiche e ambientali, fuori dalle priorità di governo.
Senza una decisa inversione di marcia - come quella che la vittoria sui referendum nel 2011 ha cominciato a tracciare - sostenuta dalla mobilitazione della società civile, la crisi sarà irreversibile.
* Il Social Watch è una rete internazionale composta da oltre 500 organizzazioni dislocate in più di 70 paesi di tutto il pianeta, che dal 1995 si occupa di monitorare l'operato dei governi nazionali e degli organismi internazionali per lo sradicamento della povertà, per i diritti sociali e per l'equità di genere. In Italia riunisce ACLI, Amnesty International, ARCI, CRBM, FCRE, Lunaria, ManiTese, Oxfam Italia, Sbilanciamoci e WWF. Il Rapporto che ogni anno viene pubblicato rappresenta una delle analisi sulla situazione sociale più riconosciute al mondo ed è spesso considerato il "rapporto ombra" della società civile rispetto a quello dell'Undp (il Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite).
Per appronfondire
3 luglio 2012