Fonte www.superando.it - Scriviamo a nome delle associazioni, enti, rappresentanze sindacali (sono quaranta) e dei molti professionisti del settore sociale e sanitario, che a Roma hanno aderito al FORUM – Disabilità-Formazione-Lavoro, promosso dall'Opera don Calabria e dalla Comunità di Capodarco.
Sentiamo forte, in questo momento, il bisogno di richiamare l'attenzione sua e quella di tutti gli Amministratori della cosa pubblica, poiché vediamo sempre più ridursi le già scarse opportunità di inclusione lavorativa e sociale per le persone con disabilità. Noi sentiamo l'urgente necessità di promuovere nuovi percorsi che siano solide occasioni di inclusione a tutto tondo, vale a dire di esercizio della cittadinanza e di senso di appartenenza ai diversi contesti.
Per questo abbiamo centrato la nostra attenzione prima di tutto sul tema del lavoro poiché costituisce il vero termine di paragone per riconoscere la validità di un percorso inclusivo, coerente e unitario, segno facilmente percepibile della propria autorealizzazione, dell'esercizio di un ruolo attivo nella società e del raggiungimento di livelli soddisfacenti di autonomia psicologica ed economica. Si tratta di un percorso che inizia con il sostegno rispettoso alla vita in famiglia, che prosegue con la scuola, la formazione e il lavoro e si completa con l'opportunità di vivere una vita in un habitat sociale normale (il cosiddetto "Dopo di Noi"!).
Del resto è ciò che ci indica la nostra Costituzione, e che viene riaffermato dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. La Convenzione ha ormai più di sei anni e sono passati anche più di quattro anni dalla ratifica dell'Italia [Legge 18/09, N.d.R.].
Abbiamo la forte sensazione che i diversi attori facciano fatica – se non resistenza – a raccogliere la sfida lanciata da quel Trattato e pertanto temiamo che quei solenni princìpi restino una pura enunciazione ideale. In realtà noi vogliamo che quei princìpi siano incardinati in ogni azione politica che possa rafforzare il riconoscimento del diritto al lavoro delle persone con disabilità, e rimuovano gli ostacoli che limitano la libertà e il pieno sviluppo della persona umana.
Non possiamo però negarci il fatto che comunque l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità incontri spesso notevoli ostacoli. Gli stessi Servizi che dovrebbero sostenere le persone con disabilità, a causa del prevalere del modello bio-medico individuale, spesso sono strutturati per offrire interventi parziali di compensazione delle condizioni deficitarie della persona e poco, o quasi nulla, per aiutare ad esercitare il diritto di cittadinanza, promovendo un ruolo sociale attivo.
I Servizi di Roma Capitale di aiuto alla persona e alla famiglia, di mobilità, di assistenza scolastica, di sostegno all'abitare, di promozione delle opportunità lavorative sono attualmente in sofferenza, sia in termini quantitativi e sia, soprattutto, in termini qualitativi. Spesso hanno subìto revisioni che – partendo da una preoccupazione di mancanza di risorse finanziarie – hanno ignorato il parere dei diretti interessati e mostrato pesantemente lo smarrimento del vero motivo del loro esistere: lo star bene delle persone.
Sappiamo benissimo quali effetti negativi produce sulla salute e sul benessere delle persone l'assenza di un sostegno o la presenza di un sostegno sbagliato, o non continuativo, o non personalizzato o, comunque, non aderente al contesto di vita.
Per tutto questo chiediamo a lei, futuro Sindaco di una grande città come Roma, di sostenere e promuovere un diverso approccio politico nel governo della città, segnando una forte discontinuità con il passato.
Noi crediamo che tutti gli attori debbano orientarsi alla "co-costruzione" del progetto di vita in una dimensione evolutiva e personalizzata, innescando processi di abilitazione dei contesti e producendo la piena partecipazione della persona con disabilità all'esperienza sociale e alla realizzazione del proprio progetto di vita.
Questa prospettiva permetterebbe il passaggio da un welfare dei servizi a un welfare comunitario, mettendo al centro di ogni intervento le persone e non le strutture e le prestazioni ed evidenziando che il loro star bene dipende soprattutto dalle relazioni e dalla costruzione di legami di comunità in un'armonica connessione delle varie dimensioni: sociale, economico, ambientale, abitativo, oltre che sanitario.
Abbiamo bisogno di riattivare il protagonismo delle famiglie e della società civile e di promuovere un decisivo cambiamento del ruolo del Terzo Settore: non più esecutore di programmi predefiniti, ma partner, co-responsabile e co-produttore del benessere e dei legami di comunità e, infine, di costruire un'organizzazione dei servizi responsabilmente condivisa e sostenuta da tutti gli attori coinvolti, secondo principi di equità, di solidarietà, di partecipazione e di sussidiarietà (come, ad esempio, si prospetta attraverso il modello operativo del budget di salute [in sintesi si può dire che quest'ultimo analizzi i vari aspetti della persona durante il suo percorso di vita, sotto il profilo del sostegno educativo, assistenziale, sociosanitario, dei servizi sostitutivi della famiglia, formativo, lavorativo ecc., considerando la persona stessa nel suo complesso, in coerenza con quanto previsto anche dall'articolo 14 della Legge 328/00].
Si tratta di promuove sinergie "istituzionali", per arrivare alla tanto sospirata integrazione sociosanitaria dei servizi e superare la loro organizzazione a "canne d'organo" che attualmente non permette un valido dialogo tra i suoi vari componenti.
L'istituzione del Distretto Sociosanitario – punto unico di riferimento per tutti i cittadini in relazione a programmazione, indirizzo, coordinamento, valutazione, rapporti amministrativi e accesso unico per i servizi sociali, sociosanitari e sanitari – potrebbe risultare un primo passo di semplificazione e di rispetto dell'unitarietà della persona. L'inserimento, poi, in ognuno dei Distretti Sociosanitari del Servizio per l'Inclusione Lavorativa (SIL) delle persone con disabilità completerebbe il sistema delle risposte.
Sono i sostegni necessari per mettere in atto condizioni di sviluppo, grazie alle quali si renderanno disponibili opportunità occupazionali altrimenti impossibili, permettendo una limpida applicazione della Legge 68/99 ["Norme per il diritto al lavoro dei disabili", N.d.R.], e consentendo la sperimentazione di nuove modalità di inclusione socio/lavorativa, attraverso borse lavoro o altri incentivi. Noi crediamo che un tale diverso approccio, oltre a significare uno stile e un diverso modo di occuparsi della cosa pubblica, potrebbe sicuramente produrre un benefico influsso sulla vita di tutti i cittadini e, con molta probabilità, permetterebbe di esercitare una sana riorganizzazione della spesa, senza ridurre servizi e qualità della vita per tutti i cittadini.
Già in una lettera indirizzata a suo tempo al futuro Presidente della Regione Lazio, avevamo evidenziato questi temi e crediamo che lei possa autorevolmente sostenere questo percorso di cambiamento, negli incontri istituzionali con il Presidente della Regione. Siamo infine a sua completa disposizione per avviare, dal basso, una nuova stagione di buona qualità sociale per tutti i cittadini di Roma, partendo, ovviamente, da coloro che da soli fanno fatica a tenere il passo.
*In rappresentanza rispettivamente dell'Opera don Calabria di Roma e della Comunità di Capodarco, per il FORUM – Disabilità-Formazione-Lavoro
4 giugno 2013