Il 10 dicembre scorso la Corte di Cassazione ha stabilito il principio per cui, ai fini dell'assunzione di una persona con disabilità, non è di alcuna importanza l'effettiva vacanza dei posti in organico. In altre parole, l'obbligo per un'azienda di assumere una persona con disabilità permane anche quando l'organico ha raggiunto il numero massimo. Si precisa inoltre, passaggio importante, che lo stesso obbligo permane anche nei "momenti di crisi" economica. Le uniche aziende che possono essere temporaneamente esonerate dall'assunzione sono quelle destinatarie dell'intervento straordinario della cassa integrazione guadagni e quelle soggette ad amministrazione straordinaria (art. 3 legge 68/99). E proprio su quest'utlima categoria si è fatto molto parlare ultimamente, quando l' Associazione Bancaria Italiana (ABI) richiese un parere ufficiale al Ministero di Sacconi circa la possibilità di esonerare dal collocamento obbligatorio le banche che avessero fatto richiesta di accedere al "Fondo di solidarietà dei dipendenti del credito". Il Fondo, istituito nel 1999, ha lo scopo di ammortizzare le ricadute delle ristrutturazioni bancarie in grandi aggregazioni degli ultimi anni e che hanno portato un sempre crescente numero di lavoratori alla pensione con i famosi "scivoli", assegni coperti finanziariamente dalla parte "straordinaria" del Fondo, essendo le banche, come precisa il Ministero, sprovviste di ammortizzatori sociali. Ci sembra importante questa premessa perché si evince che le banche che accedono al Fondo, non necessariamente navigano in cattive acque a seguito della crisi finanziaria mondiale, bensì seguono un percorso di ristrutturazione con l'obiettivo ultimo (ovviamente) di divenire più produttivi.
Alla luce di tutto questo, il parere richiesto dall'ABI di
poter esonerare dall'obbligo di assunzione di persone con disabilità quelle
banche che accedono al fondo (quasi tutte), ma soprattutto il successivo "via
libera" da parte del Ministero, non può che sollevare dubbi e perplessità
tra i cittadini circa la legittimità di tale parere nonché allarmarli circa la
possibilità che questo crei un pericoloso precedente che segni l'inizio di
una pratica discriminatoria che porti all'esclusione sistematica delle persone
con disabilità in alcuni ambiti lavorativi.
Che poi questo modo di
affrontare la crisi da parte del governo sia distante da ciò che noi
associazioni riteniamo utile, efficace e sostenibile è un'altra questione. Noi
rimaniamo convinti, infatti, che la crisi economica non trova rimedio con
miseri sussidi e bonus una tantum (
per saperne di più, leggi l'articolo sul bonus e la social card ) e con
i tagli al welfare ma piuttosto sostenendo le politiche di inclusione
sociale ed di accesso al lavoro.
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