Fonte www.personecondisabilita.it* - A seguito delle osservazioni pervenute da associazioni ed enti gestori la Regione Lombardia aumenta i tempi di remunerazione in caso di assenza, ai soli servizi per persone con disabilità e dell'area dipendenze. Il limite passa da 20 a 50 giorni per i servizi residenziali per persone con disabilità (RSD, CSS) e da 20 a 30 giorni per i servizi semiresidenziali (CDD).
Cosa cambia
La Regione Lombardia modifica le modalità di trattamento economico del cosiddetto "vuoto per pieno" nelle unità di offerta sociosanitarie, ovvero del pagamento della quota sanitaria anche in assenza della persona assistita. La vicenda prende il via con la DGR 1185 - "Determinazione in ordine alla gestione del servizio sociosanitario regionale per l'esercizio 2014" - che stabiliva di mantenere il precedente vincolo del "limite massimo dei 10 giorni consecutivi" individuando però anche un limite massimo di assenze rimborsabili per 20 giorni all'anno per tutte le Unità di Offerta Sociosanitarie.
La nuova DGR n. 1953 del 13 giugno 2014 mantiene intatto il principio, modificando i limiti previsti per le strutture dell'area disabilità e dell'area dipendenze.
Per quanto riguarda le unità di offerta residenziali per persone con disabilità (RSD e CSS) il limite viene posto a 50 giorni per anno (esteso a 90 giorni per i minorenni). Per le persone che frequentano i Centri Diurni (CDD) invece l'incremento si ferma a quota 30 giorni all'anno ma "comprensivi dei 4 giorni ammissibili per la programmazione".
Si tratta di quei giorni in cui il Centro potrebbe rimanere chiuso per permettere agli operatori di svolgere attività di pianificazione. Anche in questo caso si prevede un'eccezione per i minorenni, compresi quelli che frequentano i Centri Diurni Continui di Riabilitazione. Sarà possibile rendicontare i giorni in cui non si frequenta il centro per andare a scuola, a condizione che la frequenza scolastica sia di almeno 4 ore giornaliere e sia sostenuta da personale educativo.
Questo insieme di "eccezioni alla regola" dovranno essere motivate e comprese nei Programmi Educativi e Terapeutici Individuali ed essere espressamente autorizzate dalle Asl. Si tratta di "integrazioni" che nel caso dei servizi residenziali, anche a detta di alcuni referenti di enti gestori, migliorano di molto la situazione. Non si può dire altrettanto per i CDD. L'incremento, di fatto di soli 6 giorni, del limite di assenze remunerate non sembra infatti risolvere i problemi sul tappeto. Quale è stato il percorso Il percorso che ha preceduto questa delibera di "integrazione alle regole" non è stato facile.
Il passaggio sulla modifica del trattamento del vuoto per pieno, a dire il vero, non era stato molto notato ad una prima lettura. La stessa direzione regionale, nella fase di presentazione della Delibera, non lo aveva particolarmente enfatizzato. Solo in seguito, associazioni ed enti gestori hanno iniziato ad interrogarsi sul senso di questa misura e sulle possibili ripercussione sia dal punto di vista gestionale ed economico che sulla qualità della vita ed il rispetto dei diritti delle persone in carico (si veda articolo di Ledha).
L'espressione di questi timori, sia in sede pubblica che negli incontri di consultazione, ha aperto una fase di confronto molto serrata, sul senso generale di questa misura e, soprattutto, sulla lettura dei dati sulle presenze e assenze del 2013, da cui si potevano ricavare proiezioni significative sulle conseguenze dell'applicazione di questa norma nel corso del 2014. Il timore degli enti gestori era quello di veder decurtato il budget disponibile mentre quello delle associazioni delle persone con disabilità era di assistere, nei fatti, ad una ulteriore chiusura dei servizi, scoraggiando il coinvolgimento delle persone con disabilità a momenti di vita familiare e di inclusione sociale, come, ad esempio, rientri in famiglia durante i week end ed i periodi di vacanza.
L'eco di questa discussioni è chiaramente rintracciabile nella stessa delibera, nei passaggi in cui la Regione prende atto "delle sollecitazioni" pervenute da parte di Asl, gestori e associazioni ma anche di "dati più aggiornati" sulle assenze e sulle relative motivazioni. La differenza di trattamento tra unità di offerta residenziali e Centri diurni è tutta da rintracciare nell'analisi di queste motivazioni. La Regione ha infatti valutato come accettabili e quindi, in una certa misura, remunerabili le assenze per rientri dai servizi residenziali ma non per quelli semiresidenziali.
Alcuni temi che rimangono aperti
Si è trattato di una discussione che ha permesso un'analisi sulla situazione dei servizi che è andata oltre il semplice la questione del "vuoto per pieno" e che ha messo in evidenza alcuni nodi riguardanti il sistema delle Unità di offerta sociosanitari: parliamo certamente dell'appropriatezza degli inserimenti ma anche della natura stessa di servizi che sono organizzati e remunerati in base alla sola quantità ed intensità della prestazioni offerte.
Realtà chiamate a far fronte ad un serie di esigenze (e di riconoscimento di diritti) che non possono essere invece rinchiusi nel recinto assistenziale e sanitario perché investono la sfera delle relazioni personali e della partecipazione alla vita della comunità. Del resto lo stesso concetto di "assenza" è di difficile applicazione per un servizio, come la RSD, a cui viene dato il mandato di farsi carico la persona totalmente, 24 ore al giorno per 365 giorni l'anno. Non è una caso quindi che dall'analisi dei dati delle presenze / assenze e delle relative rendicontazioni economiche la Regione dia mandato alle Asl di individuare "modalità di utilizzazione delle strutture più coerenti con il bisogno rilevato".
Una strada per trovare soluzioni reali e durature alle criticità che l'applicazione della DGR, anche nella sua forma attuale, potrà comportare a molti enti gestori, che non sembrano avere a disposizione facili soluzioni alla questione. In questa sede è bene ricordare infatti come, in nessun caso, i problemi economici che l'applicazione della Dgr comporteranno agli enti gestori, possano comportare conseguenze negative alle persone con disabilità in carico ai servizi o alle loro famiglie.
La Delibera non stabilisce infatti un tetto di massimo di assenze che una persona con disabilità possa fare ma solo il numero massime di assenze remunerate dal Fondo Sanitario Regionale. E' stata la Regione stessa, in fase di illustrazione del provvedimento a esplicitare, su sollecitazione delle associazioni, come in caso di assenze superiori l'ente gestore non possa comunque imporre il pagamento del quota non versata dalla Regione né tantomeno pensare di imporre le dimissioni dell'utente.
Richieste che invece in alcuni casi gli enti hanno posto, più o meno esplicitamente, ai familiari, creando situazione di grave disagio ed in alcuni casi di rabbia verso questo provvedimento regionale. L'auspicio è che la applicazione di questa delibera, venendo incontro almeno in parte alle esigenze gestionali degli enti, mantenga invece aperta la possibilità di ragionare sulla natura ed il mandato delle RSD, delle CSS e dei CDD e sulle necessarie evoluzioni e cambiamenti che il sistema dei servizi sociosanitari è chiamato a compiere per garantire la sua sostenibilità, tanto dal punto di vista economico come da quello sociale.
*Articolo già pubblicato su LombardiaSociale.it
8 luglio 2014