Nei giorni scorsi è stata pubblicata, sul settimanale "Vita" , una lettera aperta di Riccardo Bonacina rivolta alle associazioni intitolata "Disabili dite la vostra". Bonacina lancia un messaggio provocatorio: " Amici con disabilità, non è che vi stanno cancellando dalla piazza? La vostra realtà è diventata un argomento per esperti, sociologi, medici, avvocati, magistrati, politici: vere cavallette dei talk show. E voi che ne dite?"
Anffas, tramite il suo Presidente, Roberto Speziale, risponde così a questa domanda.
Preg.mo Dott. Bonacina,
ho letto con molto interesse la
sua lettera aperta alle associazioni pubblicata sul numero del 20 febbraio di
Vita. Vorrei cogliere il Suo interessante stimolo per fare alcune riflessioni
che sarei grato potessero essere pubblicate per contribuire al dibattito tra
associazioni innescatosi con il Suo articolo.
Abbiamo assistito tutti, nei giorni scorsi, alla
"rappresentazione mediatica" della conclusione della vita della giovane Eluana,
alla sua morte praticamente "in diretta", alla strumentalizzazione della
condizione sua e della sua famiglia, alla "scesa in campo" dei diversi
schieramenti politici; abbiamo tutti sentito ogni genere di personaggio politico
ed anche televisivo esprimere la propria opinione su questo delicatissimo
argomento.
Purtroppo, siamo costretti per l'ennesima volta a constatare che
gli organi di informazione e comunicazione del nostro Paese, ma anche, cosa ben
più grave, le Istituzioni ed i rappresentanti politici, si "accorgono" della
disabilità, della fragilità e del disagio solo quando "fa scalpore": e così
stiamo, di volta in volta, ad ascoltare storie di violenze a persone con
disabilità, storie in cui ci si scontra per definire se le vite di persone con
grave disabilità debbano essere o meno vissute, o, peggio, storie di padri,
madri o fratelli che "esasperati" compiono gesti tragici. Queste notizie ci
fanno male, ci fanno riflettere e generano, spesso, nella cosiddetta società
civile le più variegate reazioni.
Purtroppo, agli occhi degli ignari lettori, ascoltatori o
spettatori, spesso la visione della disabilità si riduce a questo, alla
"spettacolarizzazione", al dramma strappalacrime, allo strumento su cui
imbastire diatribe politiche. Ci si interroga sui "poveri handicappati" e la
"persona", insieme alla sua famiglia, con la sua dignità ed i suoi diritti viene
accantonata.
Tutto ciò accade forse perché è troppo difficile e complesso
raccontare la disabilità, soprattutto quella grave e gravissima, nella sua
quotidianità e forse perché è anche più facile non vedere né conoscere quali
siano le reali condizioni di vita di una persona con disabilità e della sua
famiglia, dal momento che questo, probabilmente, scuoterebbe le coscienze di
tutti, e magari farebbe sentire "i politici" anche un po' in colpa.
Anffas,
che da più di 50 anni raccoglie genitori, familiari ed amici di persone con
disabilità (spesso grave e gravissima) sa bene che non è tutto qui, sa bene
quanto può essere dura la vita di una famiglia se al suo interno c'è una persona
con disabilità, ma sa anche quanto, se non si è lasciati soli e nella totale
indifferenza da parte del contesto sociale e delle istituzioni, questa vita
possa essere bella e degna di essere vissuta alla pari di tutte le altre.
Si, perché spesso quando si raccontano vicende del genere si "trascura" di sottolineare che, nella stragrande maggioranza dei casi, le persone con disabilità e le loro famiglie, contrariamente a quanto indicato e sancito da diritti che dovrebbero essere per legge garantiti ed esigiti, vivono nel più totale abbandono e nella più cieca indifferenza da parte delle istituzioni competenti e spesso quando a queste ci si rivolge per rivendicarne l'applicazione, la loro risposta è che "non ci sono risorse". Ai lettori, ascoltatori e spettatori non si racconta, inoltre, delle miriadi di situazioni, forse, ahimè, di minor impatto mediatico, nelle quali vengono quotidianamente violati i più elementari diritti delle persone con disabilità: il diritto di una madre ed un padre a conoscere tempestivamente la diagnosi del proprio figlio ed a garantirgli gli adeguati interventi abilitativi-riabilitativi, il diritto dei genitori a poter svolgere con serenità il proprio lavoro ed, al tempo stesso, prendersi cura del proprio figlio con disabilità, il diritto di un bambino di frequentare la scuola godendo della piena inclusione scolastica, il diritto di un uomo al lavoro, il diritto di un genitore anziano di sapere che, dopo la sua scomparsa, qualcuno si prenderà cura del proprio figlio con disabilità con lo stesso amore e la stessa cura che lui gli ha dedicato per tutta la sua esistenza…, come non si raccontano tutte le splendide e positive esperienze che dimostrano che, dove tutti i soggetti preposti operano bene, si realizzano cose straordinarie e positive ed in quanti casi la presenza di una persona con disabilità all'interno di un nucleo familiare dà più forza e vigore ai genitori ed all'intero contesto familiare e sociale.
Anffas, unitamente alla FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap) da anni è pienamente partecipe, nel nome del "Niente su di noi, senza di noi", al dialogo, monitoraggio e sollecito costante presso le Istituzioni affinché i diritti civili ed umani delle persone con disabilità e delle loro famiglie siano pienamente rispettati; ha seguito l'iter della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità che si discute in questi giorni alla Camera e che è, senza dubbio, lo strumento che dovrà indirizzare tutte le nostre azioni e politiche per gli anni a venire; realizza una massiccia campagna di comunicazione ed informazione, nel tentativo costante di "fare cultura" non solo sulla disabilità, ma sul tema dei DIRITTI, della non discriminazione e delle pari opportunità per tutti, il tutto in una visione inclusiva del nostro modello di società.
Ma soprattutto Anffas, ma come Anffas tantissime altre
associazioni in Italia, sta dalla parte delle persone, delle famiglie SEMPRE,
ogni giorno ed in qualunque contesto, prendendole in carico e sollecitando le
Istituzioni affinché adempiano al loro importante dovere.
Questa non vuole
essere una "difesa", oppure un elencazione delle attività, ma semplicemente la
risposta ad una provocazione, la spiegazione del perché la nostra associazione
non abbia partecipato "mediaticamente" al dibattito dei giorni scorsi su Eluana
Englaro: non crediamo che un argomento così delicato e complesso come la VITA di
una persona, a prescindere dal suo stato di salute, possa essere discussa con
"superficialità" e per questo ci siamo presi spazio e tempo per riflettere,
partecipando anche attivamente al dibattito ed ai lavori realizzatisi in FISH, e
continuando a dedicare tutto il nostro impegno e la nostra azione alla tutela
dei diritti, al sostegno delle persone e delle famiglie, alla presa in carico,
temi sui quali crediamo ed operiamo affinché se ne parli ogni giorno di più.
RingraziandoLa per la Sua disponibilità ad accogliere questo
nostro contributo vorrei chiudere informando Lei e tutti i lettori di "Vita"
circa l'iniziativa che abbiamo promosso rispetto alla legge sul testamento
biologico. Abbiamo rivolto l'appello alle varie componenti istituzionali e forze
politiche di sospensiva temporanea dell'iter del provvedimento allo scopo di
poter includere nello stesso tutti gli elementi di tutela delle persone che non
sono in grado di rappresentarsi quali le persone con disabilità intellettiva e
relazionale, condizione di vita (e quindi anche di morte) che a nostro avviso
non è stata considerata nell'ambito della proposta di legge in corso di
discussione.
La saluto cordialmente.
Roberto Speziale
(20 febbraio 2009)