Fonte www.personecondisabilita.it - Come dichiarato da Antonio Malafarina: "Le persone con disabilità in ospedale non hanno maggiori diritti bensì gli stessi diritti cui rispondere con soluzioni personalizzate, come per tutti". È l'accomodamento ragionevole il punto focale dell'intervento che Luisa Bosisio Fazzi, consigliere Ledha, ha tenuto lo scorso 3 ottobre durante il convegno " L'ospedale discrimina? L'accoglienza in ospedale delle persone con disabilità", promosso da Fondazione Ariel e dall'associazione "Spes contra spem".
Durante la giornata è stata presentata anche la "Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale" elaborata da "Spes contra spem". "Una carta scritta in modo encomiabile - sottolinea Luisa Bosisio Fazzi - che porta in rilievo purtroppo la necessità per le persone con disabilità di dover ricorrere a Carte, appunto, e Convenzioni che rammentino alla comunità (in questo frangente quella sanitaria) il loro diritto ad usufruire degli stessi diritti che per ogni cittadino è naturale".
Diritti che vengono sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (articolo 25) e nella Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (articolo 25) in cui si chiede "ai professionisti sanitari di fornire alle persone con disabilità cure della medesima qualità rispetto a quelle fornite ad altri".
Già, ma in che modo si possono tradurre in azioni concrete questi principi? Il primo tema da affrontare è quello dell'accessibilità. "Un principio generale ma anche un mezzo potente per la partecipazione e l'inclusione", sottolinea Bosisio Fazzi. Ma rendere accessibile un ospedale non significa solo rimuovere le barriere architettoniche, ma anche garantire alle persone con disabilità la possibiltà di accedere al sistema di informazioni e comunicazioni, nel sistema di trasporto privato e pubblico. Per non parlare dell'accessibilità e dell'usabilità delle strumentazioni sanitarie come per esempio la poltrona del dentista, il lettino ginecologico, il macchinario per la mammografia, le strumentazioni oculistiche. Accessibilità significa anche prestare attenzione alle esigenze dei pazienti con disabilità intellettive, relazionali e/o comportamentali.
Per trovare una risposta alle esigenze delle persone con disabilità in ospedale non è necessario stilare un rigido elenco di azioni, indicazioni e prassi da seguire "che, pur con l'obiettivo di garantire la qualità dei servizi, finirebbero per perseguire una accessibilità per tutti impossibile a priori da determinare", spiega Luisa Bosisio Fazzi. La soluzione - aggiunge - viene attraverso il cosiddetto accomodamento ragionevole. "Ovvero le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo. Adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali", spiega Bosisio Fazzi che sottolinea: "Accomodamento ragionevole non significa abbassare gli standard di qualità o la rimozione degli standard di qualità operativi".
Accomodamento ragionevole può essere la modifica di un protocollo, l'abbattimento di una barriera architettonica, una ristrutturazione, un adeguamento di una prassi o di un percorso. Ma per riuscire a realizzarlo è essenziale che il paziente con disabilità (o il suo tutore) sia coinvolto in questo processo di identificazione e valutazione del possibile accomodamento. " Poiché le limitazioni poste dalle differenti disabilità varia ampiamente tra i pazienti e nello stesso tempo le funzioni di in un sistema ospedaliero variano altrettanto, possiamo affermare che un efficace accomodamento deve essere determinato caso a caso - conclude Luisella Bosisio Fazzi -. Inoltre una dose di creatività e flessibilità sono strumenti importanti nel processo di incontro tra le necessità dei pazienti con disabilità e quelle della struttura ospedaliera".
Le buone pratiche non mancano. A partire dal progetto DAMA (attivo all'interno dell' ospedale San Paolo di Milano, a Mantova e a Varese) divenuto negli anni un'unità operativa in grado di offrire una risposta rapida ai problemi medici e chirurgici di persone con grave disabilità, in particolare con deficit comunicativo.
Per approfondire
Consulta la Carta dei diritti
6 ottobre 2014