Fonte www.vita.it - Dall'esclusione all'auto-rappresentanza, dalla vergogna (o paura) alla voglia di esserci, di potersi esprimere in prima persona e di poter contare e raccontare le proprie esigenze. Le persone con disabilità intellettiva riaffermano con forza la necessità di promuovere, diffondere (e applicare) la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità (adottata nel 2006 a NY e ratificata in Italia nel marzo del 2009)
Lo hanno fatto oltre 300 rappresentanti di Inclusion Europe (l'associazione europea alla quale aderisce l'Italiana Anffas) che hanno concluso la loro conferenza annuale "Europe in Action 2105" a Roma con una Dichiarazione di impegno e di proposta politica. Che ha un punto chiave di svolta: la delega, il sostegno di terzi – pur in buona fede - a loro favore, o, peggio, l'emarginazione (ancora oggi in 21 paesi dell'Unione Europea non si consente alle persone con disabilità intellettiva di votare o di candidarsi, e le famiglie spesso sono in condizioni di povertà per scarse istruzione e sostegni economici), non sono più ammissibili.
Le esperienze dove l'auto-rappresentanza ha cominciato a prendere piede da anni (in Gb, Svezia, Paesi Bassi, ecc) dimostrano, infatti, che gli auto-rappresentanti che fanno parte di associazioni "parlano ai loro governi e alle persone che prendono decisioni nei loro Paesi.
"E così facendo "lavorano per rendere migliore la vita delle persone con disabilità intellettiva". Per questo è importante "essere sicuri che l'auto rappresentanza sia resa possibile a tutti e che riceva il giusto supporto".
In Europa esiste la Piattaforma Europea degli auto-rappresentanti che è in grado di dire "la propria al Parlamento Europeo, alla Commissione e al Consiglio d'Europa". "Purtroppo – scrivono nel documento – non riceve abbastanza supporto nel vostro Paese e anche a livello Europeo": "per questo i partecipanti della Conferenza Europe in Action 2015 di Roma approvano questa dichiarazione" Che – tra l'altro – auspica: che i gruppi di auto-rappresentanza siano presenti in tutte le città; che abbiano sufficiente supporto economico per la loro nascita e crescita; e per il lavoro dei singoli; che sia un supporto indipendente; che gli autorappresentati siano membri attivi, partecipino, votino e siano eletti nelle organizzazioni locali per la disabilità; che possano scegliere se costruire una propria organizzazione oppure far parte di un'organizzazione per la disabilità e prendere le proprie decisioni in esse.
E – soprattutto – "che i gruppi di auto-rappresentanti siano consultati per tutte le decisioni che riguardano le loro vite". Non si nascondono, inoltre, delle realistiche preoccupazioni, i membri dell'Inclusion Europe: "siamo spaventati dal fatto che il supporto venga ridotto a causa della crisi economica e desideriamo che resti disponibile".
Per questo è sempre più necessario che questi principi siano diffusi in tutti i Paesi europei, si conclude la Dichiarazione, perché – come dice Geert Freyhoff (direttore generale di Inclusion Europe) - "i self-advocates (gli auto-rappresentanti) quando si tratta della loro vita, sono degli esperti, sono nella posizione migliore per dare suggerimenti e opinioni ai decisori politici e dovrebbero essere coinvolti direttamente in tutte le decisioni che riguardano gli interessi e il benessere di tutti coloro che hanno disabilità intellettiva".
Una prospettiva che l'Anffas (fondata nel 1958, che ora ha 172 organizzazioni locali, più di 14mila associati e supporta oltre 30mila persone con disabilità) promuove ad ampio raggio. Prossimo importante appuntamento il 15 giugno con l'evento finale di un progetto annuale dal titolo: "Strumenti per l'inclusione sociale – matrici ecologiche e progetto individuale di vita per adulti con disabilità intellettive e/o evolutive".
Sarà questa l'occasione in cui l'Anffas consegnerà al governo "un nuovo sistema di approccio fortemente ancorato ad evidenze scientifiche attraverso il quale si potranno valutare i reali bisogni di ogni singola persona con disabilità e la quantità, qualità e intensità dei sostegni necessari a garantire la piena inclusione sociale, e soprattutto la possibilità di misurare la qualità della vita delle persone con disabilità e modificare eventuali interventi che dovessero rivelarsi inadeguati".
26 maggio 2015