Pubblichiamo di seguito la mozione finale adottata da tutti i partecipanti al Convefgno Erickson sul tema della "Qualità dell'inclusione scolastica" che si è svolto a Rimini lo scorso 13-14 e 15 ottobre al quale ha partecipato anche Anffas.
Mozione finale
«Una vita non si boccia.
Mai»
Più di 4000 persone da
tutta Italia, del mondo della scuola, dei servizi sanitari e sociali,
dell'università e della ricerca, nonché familiari di persone con disabilità, si
sono incontrate, come ogni due anni, a Rimini nel più importante appuntamento
nazionale sui temi dell'inclusione scolastica e sociale. È stato un momento di
appassionato incontro non solo scientifi co e pedagogico, sullo sviluppo della
qualità del nostro lavoro. È stato, come sempre, anche un incontro di valore
civile, di riconoscimento dell'identità di chi crede in una società inclusiva e
non si arrende mai.
Due anni fa, i partecipanti alla sesta edizione del
convegno hanno approvato una speciale «carta di impegni» nella quale ognuno ha
condiviso di agire con la durezza e la tenerezza che l'argomento richiede,
partendo dal proprio lavoro, per dare qualità all'integrazione senza alibi e
reticenze. Con la stessa durezza e tenerezza di due anni fa, confermiamo il
nostro impegno personale. Ma altrettanto denunciamo i rischi di deriva sociale
che viviamo ogni giorno e che temiamo portino oggi a un punto di non ritorno.
Temiamo cioè il declino di una vera integrazione, verso nuove forme di
esclusione, di carità compassionevole, di assistenzialismo, cioè l'opposto di
una naturale realizzazione di diritti elementari, che pensavamo conquistati una
volta per tutte: diritto alla qualità della vita, allo studio, al lavoro, alla
relazione, allo sviluppo di tutte le potenzialità ed eccellenze, alla cura come
rispetto e dignità, all'autodeterminazione, alla non discriminazione e pari
opportunità.
Quest'epoca ci chiede una denuncia civile e ragionata che
coinvolge tutto il nostro paese, dai soggetti politici, a quelli sociali,
economici, e culturali: siamo in un paese che è ancora di eccellenza per
l'integrazione in Europa ma che rischia tra non molto di diventare solo un
ex.
Signori politici,
amministratori, responsabili istituzionali!
Non dimenticate mai che
la disabilità attraversa la vita, è nella vita, non è un destino fuori di noi.
Potrebbe capitarvi un giorno di avere bisogno di una carrozzina, di pannoloni,
di riabilitazione, di avere un figlio o un parente con disabilità.
Capireste allora il troppo grande scarto tra le tante buone parole delle
nostre leggi e i fatti concreti che si realizzano nella quotidianità del governo
dell'integrazione. Per troppi di voi la Legge 104, la Legge 328 sul progetto di
vita, la stessa convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità sono,
se vediamo i fatti, petizioni astratte, chiacchiere buoniste, illusioni di
diritti mai davvero concretamente realizzati per tutti. Mentre il mondo ci
interroga su come abbiamo fatto a creare un modello scolastico inclusivo,
l'Italia è assente dalla Conferenza di Salamanca del 2009, il più importante
appuntamento internazionale sull'inclusione. L'abulia, la marginalità di
interesse istituzionale, la troppa varietà di comportamenti istituzionali a
macchie di leopardo nel paese, denunciano la vostra assenza di visione del
futuro: ogni negativa integrazione di ogni singolo giovane diventa un costo
sociale ed economico in più nel futuro, oltre che una dolorosa lesione di
diritti, soprattutto una perdita di umanità. Con la vostra abulia voi bocciate
troppe vite. Ciò che vi chiediamo non sono solo investimenti economici, ma anche
una diversa cultura del servizio pubblico, dove governance attiva, promozione,
qualità dei servizi si alleano con ogni persona disabile diventando fatti, non
parole, diritti e non carità, responsabilità condivisa e non estenuante
contrattazione personale per i diritti quotidiani negati. Per questo
condividiamo il grido d'allarme che le federazioni delle persone con disabilità
della FISH e della FAND hanno lanciato in questi giorni. L'elenco delle vostre
abulie sarebbe lungo. Ci basta qui segnalarvi la scarsa attenzione alla
formazione di tutti gli operatori scolastici sul tema dell'integrazione,
accompagnata da disattenzione sulla qualificazione e organizzazione del
personale specifico per l'integrazione, spesso considerato di fatto marginale e
accessorio, più una concessione alla pietà che un progetto di sviluppo.
Ci
basta segnalarvi l'abnorme aumento del numero degli alunni per classe, fuori dal
DPR 81/09 e da qualsiasi buon senso pedagogico, in presenza di un grande numero
di alunni con disabilità, a discapito di una minima qualità dell'insegnamento
per tutti. Ci basta segnalarvi come i processi scolastici in atto sembrano
confondere merito con selezione, come se l'integrazione con successo dell'alunno
con disabilità non fosse il primo indicatore di eccellenza per tutti gli altri.
Vogliamo quindi dire a voi chiaro e tondo basta , almeno noi che
con durezza e tenerezza giorno per giorno lavoriamo nell'integrazione, ricevendo
da questa esperienza un senso vero della vita e uno scopo alto di umanità.
Signori
sindacalisti!
Non dimenticate mai che la disabilità attraversa la
vita, è nella vita, non è un destino fuori di noi. Potrebbe capitarvi un giorno
di avere bisogno di una carrozzina, di pannoloni, di riabilitazione, di avere un
figlio o un parente con disabilità.
Capireste allora che tra il giusto
interesse del lavoratore e il diritto della persona con disabilità bisogna una
volta per tutte scegliere a favore della seconda. È ora di sostenere, ad
esempio, senza drammi che la continuità didattica del docente di sostegno è
necessaria senza se e senza ma, che questa professione va ben selezionata e
formata, e va valorizzata la sua professionalità non come alibi per entrare nei
ruoli. È ora soprattutto di sostenere che tutti i docenti -assolutamente tutti-
debbano essere esperti di inclusione. È ora di riconoscere insieme che conta di
più il diritto di ogni bambino ad essere promosso e non bocciato da regole
contrattuali corporative. Non vi pare che così si renderebbe il lavoro docente
migliore, più professionale per tutti? Con il vostro corporativismo voi bocciate
troppe vite.
Anche a voi diciamo, quindi, chiaro e tondo basta ,
almeno noi che con durezza e tenerezza giorno per giorno lavoriamo
nell'integrazione, ricevendo da questa esperienza un senso vero della vita e uno
scopo alto di umanità.
Signori delle chiese
e del terzo settore!
Crediamo e speriamo che anche voi condividiate i
diritti inalienabili di ogni persona umana ad avere una vita dignitosa, aperta,
di autorealizzazione. Vi chiediamo quindi più coerenza con questi principi per
evitare che tra alcuni di voi prevalga un assistenzialismo caritatevole,
l'offerta mimetizzata di istituzioni chiuse, con classi speciali e
differenziali, evitando una sorta di business della carità a fronte della
manchevolezze dei sistemi sociali pubblici e aperti di integrazione: Non fate
degli errori pubblici un vostro affare, siate invece con noi a migliorare la
qualità dell'integrazione. Non bocciate nessuna vita assieme a noi, assieme a
quella grande scuola di Barbiana, del nostro comune ispiratore Don Lorenzo
Milani, per il quale «la scuola che espelle Gianni non ha diritto di chiamarsi
scuola».
Signori
dell'economia e della produzione!
Non dimenticate mai che la
disabilità attraversa la vita, è nella vita, non è un destino fuori di noi.
Potrebbe capitarvi un giorno di avere bisogno di una carrozzina, di pannoloni,
di riabilitazione, di avere un figlio o un parente con disabilità.
Capireste allora che la vostra apparente furbizia per evitare di
assumere un cittadino disabile, aggirando le leggi, rende la qualità della
nostra ricchezza nazionale inquinata, il profi tto una vera ingiustizia. Ma
perdete così anche un'opportunità di fare delle imprese e del lavoro un
patrimonio capace di fare insieme sviluppo economico e civiltà del lavoro.
Anche a voi diciamo chiaro e tondo basta , ricordandovi che la
recente crisi economica non è derivata dai lavoratori che chiedono lavoro
stabile e salari decenti, e neppure dai disabili che chiedono un lavoro
dignitoso, ma dall'ingordigia di alcuni di voi che hanno speculato nella
finanza, alla faccia di una migliore distribuzione delle ricchezze. Voi
rischiate così di bocciare la vita di tanti, non solo dei disabili, se non
saremo insieme capaci di trovare una nuova etica nell'economia e nel lavoro.
Signori cittadini
qualsiasi della nostra Italia!
Non dimenticate mai che la disabilità
attraversa la vita, è nella vita, non è un destino fuori di noi. Potrebbe
capitarvi un giorno di avere bisogno di una carrozzina, di pannoloni, di
riabilitazione, di avere un figlio o un parente con disabilità.
Capireste allora che la disabilità riguarda tutti, che non è bene girarsi
dall'altra parte perchè oggi non vi riguarda. Capireste che quel bambino
compagno di banco di vostro fi glio è una risorsa di civiltà e di apprendimento
per tutti, non un peso perchè così vostro fi glio non va avanti. Vi diciamo che
non serve pietà, non serve benefi cenza, non serve commuoversi per qualche
lacrimevole storia che passa in tv, ma partecipare tutti con responsabilità al
destino di ogni nostro vicino di casa. Il destino di tutti è il vostro personale
destino. Non bocciate la vita degli altri, perchè vi interessa solo la
promozione della vostra. Così bocciate la vostra umanità.
Anche a voi
diciamo basta al disinteresse, alla pietà ingenua che spesso diventa cinica, ve
lo diciamo noi che con durezza e tenerezza giorno per giorno lavoriamo
nell'integrazione, ricevendo da questa esperienza un senso vero della vita e uno
scopo alto di umanità.
L'emergenza educativa e sociale a cui molti dicono di
porre oggi attenzione, spesso disseminando più paura che speranza, ha bisogno di
credere invece in tutte le persone, oggi più che nel passato, ora che nelle
nostre classi e nelle nostre città aumenta l'eterogeneità individuale, sociale
ed economica. Un balzo in avanti di eguaglianza, di comunità e di solidarietà, è
la nostra unica possibile eccellenza per il futuro, non la nascita di nuovi
ghetti, il brevetto di nuovi farmaci chimici e ideologici miracolosi,
l'organizzazione coatta di nuovi sofisticati assistenzialismi. Non bocciamo
nessuna vita, ve lo diciamo noi che quotidianamente viviamo con le vite che
rischiano esclusione e abbandono. Come ci ha insegnato De Andrè, dai diamanti
non nasce niente, dal letame nascono i fiori. È dalla vita di ognuno, a partire
da quella più diffi cile da realizzarsi, che la vita ha senso per tutti, anzi
spesso dal letame nasce migliore di quella che nasce nel lusso e nell'apparenza.
Non è l'eccellenza di alcuni che renderà felice una società, ma se questa è
aperta a tutti, in una terra comune fertile per la vita di ognuno, una società
diventerà felice per valori essenziali condivisi (alla dignità, allo sviluppo,
alla felicità realisticamente possibile) realizzati a partire da chi ha avuto di
meno.
Con la solita durezza e con la solita tenerezza, noi siamo ancora qui ad impegnarci in prima persona, proprio per questo non possiamo fare sconti a nessuno né trovare attenuanti.
Come ci dice lo slogan
di questo convegno: « quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a
giocare » e dunque felici di essere italiani se e perchè accoglienti.
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24 novembre 2009