Vita.it - Pochi giorni fa il Committee on the Rights of Persons with Disabilities (CRPD), il comitato dell'Onu che monitora Paese per Paese l'attuazione della Convenzione Onu sulle persone con disabilità, ha pubblicato le sue osservazioni rispetto al report presentato dall'Italia (qui e in allegato il testo). Giampiero Griffo è stato membro della delegazione italiana ai tempi dei lavori per la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (accompagnò il governo italiano alla firma a New York) ed è uno dei rappresentanti del Forum Italiano sulla Disabilità, che nei mesi scorsi ha presentato al Comitato Onu lo Shadow Report sull'attuazione della Convenzione in Italia. A lui abbiamo chiesto un commento.
Che valutazione ha dato all'Italia il comitato dell'Onu?
Intanto non è una pagella né una valutazione: quello fra il Comitato Onu e l'Italia - e ogni altro Paese che ha scelto di ratificare la Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità – è un dialogo costruttivo. Purtroppo il problema è che l'Italia non si è presentata con questo spirito, ma con un atteggiamento difensivo che il comitato ha colto… Infatti le raccomandazioni per l'Italia sono particolarmente impegnative, basta confrontare il report con quello di un qualsiasi altro paese grande, paragonabile all'Italia: solitamente il Comitato resta sui temi generali, con l'Italia invece è entrato molto nel dettaglio. La cosa fondamentale è che l'approccio "diritti umani" è volontario, gli impegni che derivano dalla ratifica di una Convenzioni sui diritti sono volontariamente assunti dal Paese che la firma, dialogo costruttivo significa questo, lavorare insieme per un obiettivo, non pensare che il Comitato sia lì per dire se siamo bravi o no. Peraltro nella delegazione italiana non c'era nemmeno un politico, è segno di una sottovalutazione del tema.
"Purtroppo il problema è che l'Italia non si è presentata con questo spirito, ma con un atteggiamento difensivo che il comitato ha colto… Infatti le raccomandazioni per l'Italia sono particolarmente impegnative, basta confrontare il report con quello di un qualsiasi altro paese grande, paragonabile all'Italia: solitamente il Comitato resta sui temi generali, con l'Italia invece è entrato molto nel dettaglio" - Giampiero Grippo.
Quali sono le azioni indicate dal Comitato quindi?
È difficile sintetizzare, sono almeno una quarantina! Ci sono due ordini di raccomandazioni, alcune addirittura da realizzare nel giro di dodici mesi: riguardano l'introduzione di una definizione di accomodamento ragionevole (significa che quando c'è una discriminazione dei diritti umani legata alla disabilità va immediatamente messo in atto una soluzione pratica per superarla, ndr) e l'avvio immediato di un meccanismo di monitoraggio indipendente per la raccolta di dati in particolare sui minori con disabilità fra gli 0 e i 5 anni. Si parla poi anche di un rapporto immediato sulla situazione delle istituzioni segreganti. Tutto il resto è un insieme di indicazioni che vanno nella direzione di dare risposte sui temi più disparati, dall' accessibilità ai Lea e ai Liveas. Un elemento essenziale è la disparità di condizione tra territori, che deriva da una definizione di disabilità non uniforme e purtroppo non ancora derivante dalla Convenzione. La sostanza è questa: l'implementazione della Convenzione richiede politiche, che non ci sono. In questo periodo il Governo ha reso pubblico un programma d'azione per il prossimo biennio, ma non lo ha finanziato: le riforme non si fanno con i fichi secchi. E poi qual è peso che ha la popolazione con disabilità ha nelle politiche generali italiane? L'Istat 2013 dice che se usiamo gli standard internazionali il 25% della popolazione italiana convive con una qualche disabilità, anche lieve: la disabilità non è un piccolo target e soprattutto nel corso della vita riguarderà tutti – il bambino, l'anziano, chi ha un incidente – queste sono politiche generali, non settoriali o di nicchia… Nelle osservazioni del Comitato è sottolineato con forza come questo mainstreaming sistematico ancora in Italia non c'è, tutto si riduce a politiche sociali e sanitarie. Ad esempio si fa più volte riferimento ai Sustainable Development Goals, è un'altra delle coerenze politiche, siamo nell'ambito mainstreaming, è un altro approccio.
"Nelle osservazioni del Comitato è sottolineato con forza come questo mainstreaming sistematico ancora in Italia non c'è, tutto si riduce ancora solo a politiche sociali e sanitarie" - Giampiero Griffo