fonte invisibili.corriere.it - Stride ascoltare un giornalista che evoca l'ignoranza usando il termine mongoloide. E mi lascia interdetto chi sostiene che mongoloide è un termine scientifico che indica la fisionomia delle persone affette dalla sindrome di Down. Un simile concentrato di castronerie crolla su se stesso consultando il sito sulle linee guida del linguaggio sulla disabilità. In Italia comunichiamo male di disabilità. Ma c'è chi si impegna per tracciare la giusta rotta. Vedi il convegno di Torino del 22 settembre scorso Informazione cultura e accessibilità. Informarsi per informare meglio.
Non aggiungo materiale all'ampia letteratura fatta sul caso Travaglio. Ho già dato con l'articolo che si può leggere cliccando qui sopra, che fra le righe dice che ci sono termini che nell'uso devono misurarsi con la storia presente più che con quella passata. Aggiungo invece letteratura alla documentazione del giusto linguaggio su disabilità e accessibilità parlando dell'incontro torinese, con un'intervista che evidenzia concetti ineludibili nell'armamentario del buon comunicatore dell'accessibilità.
Grandi media partner e poi Anffas Piemonte, l'associazione Oltre la forma e l'Ordine dei giornalisti del Piemonte. Il principale attore dell'incontro è stato Torino + Cultura accessibile. Con una nutrita serie di professionisti orchestrata da Daniela Trunfio, che mi ha gentilmente invitato a partecipare.
Le chiedo di presentarsi.
«Daniela Trunfio ha 63 anni e dai tempi dell'università si muove nel campo dell'organizzazione culturale a Torino attraverso il teatro sperimentale, l'editoria democratica, l'arte contemporanea e per molti anni la fotografia. Da quasi dieci anni per la fondazione Carlo Molo onlus si occupa di rapporti con la stampa e di organizzazione culturale per le persone afasiche, una delle aree di attività della fondazione. Dal 2013, come naturale emanazione, la fondazione ha dato vita a Torino + Cultura accessibile, diventata no profit nel dicembre dello scorso anno e da me presieduta».
Cos'è Torino + Cultura accessibile?
«L'associazione è nata con lo scopo di promuovere e realizzare la resa accessibile alle produzioni artistiche culturali (musei, cinema, teatri…), e di promuovere l'integrazione della resa accessibile nella produzione artistica. Tenendo conto che l'Italia si trova in una fase regressiva di natalità, che la popolazione invecchia ma che proprio in quella fascia aumenta il consumo culturale, riteniamo che la politica non possa ignorare la cultura e viceversa. L'accessibilità deve essere per tutti, persone con disabilità, anziane, a basso tasso di scolarizzazione… Facciamo sensibilizzazione, promozione, ricerca e formazione. Collaboriamo con il Torino film festival e tantissime altre attività. Da settembre di quest'anno abbiamo aderito a Cinemanchìo.
Perché questo convegno?
«L'idea del Convegno nasce dalla necessità di comunicare meglio con i giornalisti e chi si occupa di informazione e nuovi media. Questo mondo o è spesso distratto, non sa come affrontare i temi legati all'accessibilità, non sa cosa significa tecnicamente quali siano gli strumenti che la consentono e quali professionalità hanno e possono generare. La non valorizzazione culturale dell'accessibilità innesta un meccanismo perverso anche per la sensibilizzazione e nella sostenibilità delle azioni. Vogliamo interrompere questo giro vizioso ormai noto: no ritorno di immagine = no intervento economico, cosa che vale sia per il pubblico che per il privato».
Quali sono stati i messaggi più significativi lanciati dal convegno?
«Ci sono state delle parole chiave che mi piace ricordare: legittimazione dell'individuo, di Stefano Pierpaoli. Vale a dire affermare sempre più la centralità della persona nei percorsi socioculturali; spostare l'attenzione dal prodotto fine a se stesso alla destinazione/fruizione la più collettiva possibile. Poi Società versus Museo, di Dario Scarpati. Il museo siamo noi. Questo mi riconduce al progetto che stiamo sviluppando con Icom Italia per individuare strumenti e politiche per rendere la fruizione delle collezioni e delle mostre in autonomia. Infine Mainstream versus Inclusione, di Pilar Orero. L'inclusione non sarà mai al 100%, secondo questa tesi, perciò meglio parlare di tendenza culturale. Per esempio sviluppare la lettura, che ha bassissimi indici internazionali con conseguente basso sviluppo culturale e quindi alto rischio di emarginazione. Ma ogni intervento ha lanciato sassi e anche macigni nel mondo del fare futuro. Ce ne hai dato esempio con il tuo intervento sul linguaggio della disabilità».
Cosa dobbiamo aspettarci adesso?
«Ci siamo ripromessi ciascuno nel proprio campo di contribuire a tenere acceso il dibattito sempre propositivo. Di interfacciarci sempre più con le realtà internazionali e di cercare di migliorare la situazione nel nostro paese».
Trainati da Daniela e dall'entusiasmo di quel giorno lavoriamo per altre occasioni. Un giorno non sia soltanto un giorno.
10 ottobre 2017