Il Veneto è la prima regione in Italia ad adottare il progetto "Noppain"
Tratto da:
Corriere della Sera, disabilità.VICENZA - Interpretare i segni di un
dolore «muto», eppure talvolta insostenibile, leggere come su una pagina i
simboli della sofferenza fisica e psicologica: è lo scopo del progetto Noppain,
(Non-communicative patient's pain assessment instrument), ovvero «strumento di
valutazione del dolore in pazienti non comunicanti». Si tratta di una nuova,
semplice, scheda di valutazione del dolore in persone colpite da forme di
demenza senile, in traumatizzati gravi che non hanno la possibilità di
comunicare verbalmente, in pazienti colpiti dal morbo di Alzheimer e in malati
oncologici in fase terminale. La classificazione, denominata Scala Snow (dal
nome della professoressa Andrea Lynn Snow dell'Università di Alabama negli Stati
Uniti, che l'ha messa a punto) sarà introdotta per la prima volta in Italia
nell'ambito dei protocolli della Asl 8 del Veneto.
PAZIENTI NON
TRATTATI - «Nel microcosmo della popolazione che soffre, nella maggior parte
dei casi, ospedalizzata – spiega il direttore dei servizi sociali della Asl 8,
Gian Luigi Bianchin - il paziente non comunicante costituisce un ulteriore
sottogruppo che rischia di essere considerato non valutabile, per cui spesso gli
operatori socio-sanitari non entrano nemmeno nel merito di una possibile
sofferenza. È importante quindi codificare, valutare e monitorare il grado di
sofferenza dei pazienti che non riescono ad esprimerla per poterla affrontare
con tempestività ed efficacia». Un sottogruppo, la cui dimensione numerica non è
da sottovalutare se, come dicono fonti della Asl veneta, si contano oltre 400
nuovi casi di malati di demenza all'anno; attualmente sono circa 2500, l'1 per
cento della popolazione totale della regione.
LA SCALA «SNOW» - Sulla scheda
di valutazione vanno annotate le diverse reazioni del paziente in ogni fase
della giornata; anche il più piccolo segno diventa importante: la mimica del
viso, i movimenti del corpo, le rigidità, i vocalizzi o i gemiti,
l'irrequietezza o i tentativi di indicare con le mani la zona del dolore. E
ancora, la capacità di star seduti o il desiderio di cambiare spesso posizione a
letto, la capacità di sopportare massaggi, bagni o spugnature, la volontà di
alimentarsi. Un alfabeto da decifrare, diverso da paziente a paziente, che alla
fine consente di calcolare il «punteggio Noppain». Un punteggio che, se
superiore ad una certa soglia, permette di affermare che il paziente, pur non
riuscendo a comunicare in modo chiaro, prova dolore e che è necessario
intervenire con una terapia mirata. Va da sé che la scheda di valutazione è
personale, poiché ogni paziente ha una sua soglia specifica di sopportazione
della sofferenza e reazioni individuali che devono essere interpretate dagli
infermieri e dai medici, ma anche dai familiari.
LA SPERIMENTAZIONE
DAL 2005 - Il progetto Noppain, in realtà, è stato sperimentato fin dal 2005
all'Ipab di Vicenza e dal 2006 all'Ospedale San Bortolo. Pioniera di questo
nuovo metodo di valutazione del dolore in pazienti con deficit di comunicazione
è stata la psicologa Renata Ferrari. «La scheda Snow è un metodo tanto semplice
quanto rivoluzionario – afferma – proprio perché modifica la percezione e la
sensibilità attorno al tema del dolore cronico e acuto nei pazienti non
comunicanti. I riscontri sono stati evidenti fin dall'inizio, sia sul fronte
della qualità della vita delle persone malate, sia nella capacità da parte degli
operatori di rassicurare e coinvolgere in maniera attiva i familiari».
«L'obiettivo del progetto Noppain – precisa Renata Ferrari – non è quello di
limitare l'uso dei farmaci analgesici, ma di utilizzarli in maniera più mirata e
corretta. La scala Snow, decodificando i segni di dolore, permette di capirne
l'origine che non è solo riconducile alla malattia. Talvolta, infatti, possono
essere gli stessi operatori sanitari che, senza volerlo, durante specifiche
manovre assistenziali possono causare dolore al paziente o, ancora, possono
essere fonte di sofferenza stimoli ambientali inadeguati. Eliminare già queste
cause esterne, procura al paziente un certo sollievo e consente poi di
intervenire con la somministrazione corretta dei farmaci». Una prima «squadra»
di trenta operatori di tutte le Asl venete sono stati già formati nel mese di
giugno, mentre un secondo corso si svolgerà a ottobre a Vicenza. Basterà formare
due o tre operatori per ogni Asl, che a loro volta diventeranno formatori nelle
proprie strutture sanitarie. «Vicenza è diventata un polo d'avanguardia –
conclude Ferrari - forte di un metodo molto avanzato che fa scuola e che
speriamo si espanda presto su tutto il territorio nazionale».
16
luglio 2010
Mariateresa Marino
Fonte:
Corriere della Sera, disabilità