Fonte www.vita.it - È del 3 marzo 2009 la legge di ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, entrata in vigore il 15 marzo. Dopo 10 anni, cosa è cambiato? Quanto quell'approccio così diverso, basato sui diritti e non sull'assistenza, è diventato realtà? Cosa manca ancora? Per Roberto Speziale la chiave è «la partecipazione».

Il 2019 segna il decimo anniversario della ratifica da parte dell’Italia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD) con legge con legge n. 18 del 3 marzo 2009 (in GU n. 61 del 14 marzo 2009) e la firma del Protocollo Opzionale. È fondamentale ricordare la firma del Protocollo opzionale in quanto tale atto è la dimostrazione del vero impegno assunto dal nostro Paese nel dare attuazione alla Convenzione e le responsabilità connesse. Dieci anni dalla ratifica: tante attese, pochi successi.

La Convenzione è un documento di riferimento che lavora per garantire il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone con disabilità. Grazie a tale documento viene stabilito un quadro internazionale per guidare le politiche e la legislazione nazionale per costruire una società inclusiva e promuovere lo sviluppo inclusivo della disabilità. In generale, la Convenzione implica la predisposizione di un “quadro normativo” nuovo e più complesso, obbligando le pubbliche amministrazioni a rimodellare i propri procedimenti, aprendo all’intervento di portatori degli interessi delle persone con disabilità, ponendo le basi per un ruolo pregnante della società civile nell’implementazione delle norme convenzionali e avvalorando meccanismi collaborativi.

Il grande pregio della Convenzione risiede nello spostare l’asse di tutela della disabilità dalla mera assistenza medica ad una comprensiva azione volta ad eliminare ogni forma di discriminazione intesa come «qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo». Al centro c’è la persona, con una disabilità, certo, ma sempre persona, l’accento va su quello: la disabilità non esaurisce l’identità della persona e non si sovrappone ad essa. La Convenzione non riconosce “nuovi diritti” per le persone con disabilità, ma costituisce lo strumento per garantire in modo effettivo l’uguale e pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

"Al centro c’è la persona, con una disabilità, certo, ma sempre persona, l’accento va su quello: la disabilità non esaurisce l’identità della persona e non si sovrappone ad essa. La Convenzione non riconosce “nuovi diritti” per le persone con disabilità, ma costituisce lo strumento per garantire in modo effettivo l’uguale e pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali".
Roberto Speziale


L’Italia è stata tra i primi paesi firmatari della CRPD, è stata il primo paese a redigere le Linee Guida sulla disabilità, ed a dotarsi di un Piano di Azione per la disabilità, in linea con gli standard internazionali di riferimento. A distanza di dieci anni, sono stati compiuti notevoli progressi nell'attuazione della Convenzione e nell'applicazione delle legislazioni, strategie, politiche e programmi, ma ancora lungo è il percorso per raggiungere la sua piena attuazione.

Cosa è stato fatto e cosa ancora c’è da fare
È stato istituito l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, che rientra nell’ambito dei meccanismi di coordinamento che gli Stati hanno l’obbligo di implementare per promuovere e monitorare l’attuazione della Convenzione. L’Osservatorio ha funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l’elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità. Al suo interno vi è un Comitato tecnico scientifico con finalità di analisi e indirizzo e vi operano 8 gruppi di lavoro per l’approfondimento di particolari tematiche. L’Osservatorio ha elaborato già due Programmi di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità (DPR 4 ottobre 2013 e DPR 12 ottobre 2017).

Nell’agosto 2016, a Ginevra, il Committee on the Rights of Persons with Disabilities ha incontrato una delegazione del Governo Italiano per comunicare le osservazioni conclusive sul primo rapporto inviato dall’Italia sull’attuazione dei principi e delle disposizioni contenute nella Convenzione. Il documento, articolato in 88 punti, contiene pochi apprezzamenti e molte preoccupazioni, alle quali fanno seguito altrettante raccomandazioni. Preoccupa, ad esempio, «l'esistenza di molteplici definizioni di disabilità in tutti i settori e nelle regioni, il che porta ad una disparità di accesso al sostegno ed ai servizi. Inoltre, la disabilità continua ad essere definita in una prospettiva medica e il concetto riveduto di disabilità proposto dall’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle Persone con Disabilità non è a sua volta in linea con la Convenzione ed è privo di una normativa vincolante a livello sia nazionale, sia regionale».

La sostanza è questa: l'implementazione della Convenzione richiede politiche, che non ci sono. Il Governo ha reso pubblico un Programma d'azione per il prossimo biennio, ma non lo ha finanziato. Ora siamo in prossimità dell’avvio del secondo rapporto di monitoraggio, ma ancora non si vedono attuate nessuna delle raccomandazioni fatte dopo il primo.

"La sostanza è questa: l'implementazione della Convenzione richiede politiche, che non ci sono"
Roberto Speziale


Nel gennaio 2016 il Forum Italiano sulla disabilità con la collaborazione di FISH* e FAND ha redatto un rapporto alternativo (“shadow report”). Lo shadow report consente alle organizzazioni che lavorano per difendere i diritti delle persone con disabilità di esercitare un ruolo nel sistema di monitoraggio nazionale ed internazionale. Inoltre elaborare uno shadow report permette alle associazioni di acquisire competenze e saperi per valutare politiche e provvedimenti sulla base del rispetto di Diritti Umani e della Convenzione.

Io sono convinto che la sostenibilità della Convenzione nei paesi che l’hanno ratificata deriva in gran parte dalla capacità della società civile di quei paesi di conoscere e far rispettare i diritti riconosciuti dalla stessa. Solo dove si sviluppa una voce forte e consapevole delle associazioni che lavorano per la tutela delle persone con disabilità ci può essere il rispetto dei diritti e l’attuazione delle soluzioni più appropriate per garantire la piena inclusione delle persone con disabilità, compresa la definizione e la messa in esercizio di politiche pubbliche appropriate. In Italia purtroppo non è mai stata fatta una vera campagna informativa per la diffusione della Convenzione ONU e del Protocollo Opzionale tra le associazioni, le famiglie, gli operatori e le pubbliche amministrazioni, le quali spesso rimangono ancorate al vecchio modo di vedere la disabilità, con le discriminazioni che ne conseguono. La verità è che la Convenzione Onu in Italia è largamente inattuata perché in gran parte sconosciuta. La fatica è proprio nel far comprendere che la Convenzione Onu non è un libro dei sogni ma qualcosa che se tradotta in concreto dà dignità, diritti, capovolge i paradigmi.

"Solo dove si sviluppa una voce forte e consapevole delle associazioni che lavorano per la tutela delle persone con disabilità ci può essere il rispetto dei diritti e l’attuazione delle soluzioni più appropriate per garantire la piena inclusione delle persone con disabilità, compresa la definizione e la messa in esercizio di politiche pubbliche appropriate"
Roberto Speziale

 

Anche se l’adozione da parte dell’Italia della Convenzione ha avviato l’auspicato processo di inclusione della disabilità nel sistema dei diritti umani, la prassi e le esperienze raccolte testimoniano che il cambiamento culturale che sottostà a questo nuovo approccio non è ancora del tutto consolidato ed omogeneo nel nostro Paese. La disabilità continua ad essere un tema piuttosto trascurato dalle agende politiche.

Insomma, effettivamente l’Italia la Convenzione ONU l’ha ratificata ed emerge la volontà di evitare che questo testo rimanga lettera morta, ma riguardo l’applicazione c’è ancora molto da lavorare. In futuro, azioni e misure più concrete devono e possono essere adottate per rimuovere ulteriormente le barriere, creare ambienti e condizioni accessibili e abilitanti e garantire pari opportunità di partecipazione di tutte le persone con disabilità come agenti di cambiamento nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile per il futuro che vogliamo per tutti.

Siamo ancora ai temi generali: si doveva dare una definizione nuova di disabilità, non è stata fatta. Sulla vita indipendente si è fatta una sperimentazione, è uno dei pochi punti su cui c'è stato un investimento: l'indipendenza è il punto di partenza, implica un riformulare le politiche, che spesso non sono indirizzate alla vita indipendente ma alla protezione, all'assistenza e a volte "al parcheggio" delle persone con disabilità. Di scuola si è parlato molto ma ad oggi è stato fatto troppo poco. Sul lavoro anche, la disoccupazione fra persone con disabilità supera l'80% e in questi anni abbiamo perso tantissimi posti di lavoro, la legge 68 se applicata potrebbe dare risposte al 6-7% degli attuali disabili disoccupati, ma non è applicata: non c'è coerenza, non c'è sostegno, non c'è monitoraggio degli inadempienti. Le famiglie Anffas chiedono a gran voce che il Governo prenda alcuni impegni che producano un miglioramento delle condizioni delle persone con disabilità.

La partecipazione delle persone con disabilità
Consci che la piena attuazione del nuovo modello di disabilità richiederà tempi piuttosto lunghi, siamo convinti che solo con la partecipazione delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni nei luoghi decisionali e di confronto si possa effettivamente raggiungere la realizzazione dei principi della CRPD.

Qualche passo avanti c’è stato. In Italia le esperienze più innovative nate dalla Convenzione Onu hanno la firma di Anffas, la quale ha fatto proprio senza se e senza ma il paradigma della Convenzione. Dalla ratifica della Convenzione da parte dell’Italia, Anffas si è messa subito all’opera avviando il progetto “Accorciamo le distanze” per la realizzazione un percorso di promozione, semplificazione ed assimilazione dei contenuti e del testo della Convenzione, tale da agevolarne l’apprendimento sia alle persone con disabilità stesse, sia a chi di loro si prende cura come i genitori, i familiari e a chi li rappresenta nel processo di empowerment, con l’obiettivo di determinare concretamente l’avvio del processo di piena inclusione sociale in essa sancito. Grazie a questo progetto Anffas ha redatto la versione in “Facile da leggere e da capire” della Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità.

Anffas inoltre, ha subito abbracciato la Convenzione ONU dei Diritti delle Persone con Disabilità ri-orientando le proprie linee di azione e adottando il Manifesto di Milano, nella cui definizione le stesse persone con disabilità sono state coinvolte, forti del motto “Nulla su di noi, senza di noi!”: successivamente c’è stata la modifica dello Statuto, che mette la persona con disabilità e la sua Qualità di Vita al centro di ogni azione di Anffas.

A questo è seguito il progetto “Io cittadino” che ha visto la nascita della prima Piattaforma italiana degli autorappresentanti (l’esempio più concreto del cambiamento di approccio), portando in Italia, per la prima volta, la cultura dell’autodeterminazione delle persone con disabilità intellettive le quali, consapevoli dei propri diritti, si mettono in prima linea affinché tali diritti siano rispettati alla pari di qualsiasi altro cittadino. Infine nel 2017 è stato avviato il progetto “Capacity: la legge è eguale per tutti” (concluso il 18 febbraio 2019) per la sperimentazione di modelli innovativi di sostegno al processo decisionale per le persone con disabilità intellettive e del neurosviluppo, come previsto dall’art. 12 della Convenzione ONU (eguale riconoscimento dinanzi alla legge).

*Cui Anffas aderisce