Fonte:
Corriere della Sera Disabilità - Diventare uno chef, servire a
tavola, spiegare un piatto o consigliare il vino giusto. A scuola per imparare
un mestiere e provare a inserirsi nel mondo del lavoro, a dispetto della
disabilità mentale. L'occasione è un corso di «Cucina inclusiva», promosso dalla
Comunità di Sant'Egidio e finanziato dalla Fondazione Telecom Italia con il
bando «Lavoro e inclusione sociale». «Partecipano 26 persone tra i 20 e i 30
anni ma c'è anche qualche adulto; molti hanno la sindrome di down, tutti una
gran voglia di imparare – dice la direttrice del corso, Paola Scarcella -. Il
settore della ristorazione è in continuo sviluppo soprattutto nel centro di
Roma; dopo l'esperienza di successo della trattoria Gli Amici nel cuore di
Trastevere, la Comunità di Sant'Egidio ha deciso di replicare, organizzando un
corso di cucina e sala».
SERIA PREPARAZIONE - Intenso il programma,
con un ciclo di lezioni articolato in 3 moduli, ciascuno di circa un mese e
mezzo. Durante il primo, i discenti imparano le nozioni di base: dall'igiene al
diritto del lavoro, dall'inglese alla storia della ristorazione. Altre materie
d'insegnamento dei prossimi 2 moduli, che si svolgeranno a ottobre e dopo
Natale, sono: nozioni teorico-pratiche di ergonomia, tipologie di ristorazione,
fondamenti di cucina (gli elementi da conoscere per cucinare e spiegare un
piatto), il vino, il carrello dei formaggi, i prodotti del Lazio. «Al termine
delle lezioni i ragazzi faranno uno stage presso alcuni ristoranti romani che
già stiamo contattando; sperando che poi siano assunti – si augura Scarcella -.
S'impegnano con molta serietà, sono puntuali e precisi».
SBOCCHI
PROFESSIONALI - È già accaduto coi 13 soci della cooperativa sociale
promossa nel ‘91 dalla Comunità di Sant'Egidio, che poi hanno dato vita alla
trattoria degli Amici. «È segnalata dalle più importanti guide dei ristoranti di
Roma – fa notare la direttrice del corso -. I clienti apprezzano la competenza e
l'umanità del personale, che si divide il lavoro: c'è chi fa il sommelier, chi
il cuoco, chi lavora in sala. A turno danno una mano anche i volontari di
Sant'Egidio». Insomma, una scommessa vinta. Qui ci sono soltanto persone che
lavorano con professionalità e passione, senza «diversità» se non nelle mansioni
che svolgono.
Maria Giovanna Faiella
17 settembre 2010