Senza una vera presa in carico da parte di tutti i docenti, non si fa integrazione ma emarginazione
Fonte: superando.it
- Di Salvatore Nocera* - Maria Luisa Busi conduce la
trasmissione di Raitre «Articolo 3», dove il 29 ottobre si è parlato anche di
scuolaLa recente trasmissione di Raitre, Articolo 3, dedicata all'integrazione
scolastica degli alunni con disabilità [in onda venerdì 29 ottobre, N.d.R.], ha
suscitato commenti contrastanti, poiché, a mio avviso, è stata centrata su un
argomento ritenuto erroneamente principale, vale a dire le ore di sostegno
didattico.
Se si ragiona infatti esclusivamente in termini di ore di
sostegno - intese come unica risorsa didattica - allora hanno ragione sia
l'onorevole Valentina Aprea, la presidente della VII Commissione alla Camera,
Cultura-Scienza-Istruzione, ospite della trasmissione, sia i suoi contestatori,
cioè i genitori e alcune loro associazioni.
Ha ragione l'onorevole Aprea a
dire che ci sono talune certificazioni di disabilità improprie, concernenti
difficoltà di apprendimento non causate da minorazioni, come espressamente vuole
l'articolo 3 della Legge quadro sulla disabilità 104/92. Ma hanno ragione pure i
genitori a dire che le ore di sostegno sono poche, anche quando assegnate col
rapporto di uno a uno. Infatti - quando finiscono le ore settimanali di sostegno
- i loro figli vengono totalmente abbandonati dai docenti curricolari che o li
emarginano in un angolo della classe o li mandano in corridoio con i bidelli.
Se invece si ragiona secondo la cultura e le buone prassi di integrazione
scolastica - raccolte anche dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento
dell'Handicap), ad esempio con il concorso Le chiavi di Scuola - hanno torto
entrambe le parti contendenti, dal momento che il sostegno è un'importante
risorsa per l'integrazione, ma non è né può essere l'unica.
Altre due sono
le risorse importanti: i docenti curricolari e i compagni di classe, come è
avvenuto nel primo periodo dell'inclusione, a partire dalla fine degli anni
Sessanta, quando mancavano gli insegnanti di sostegno, ufficialmente introdotti
solo dalla Legge 517/77.
Senza una vera presa in carico da parte dei docenti
curricolari, non si fa integrazione, ma delega ai soli docenti per il sostegno e
quindi emarginazione, specie nel momento in cui le ore di sostegno arrivassero a
coprire tutto l'orario scolastico. Senza poi un clima di accoglienza reciproca
con i compagni di classe, non si fa integrazione, ma esclusione.
Pertanto
occorre battersi per una formazione obbligatoria iniziale e in servizio di tutti
i docenti curricolari e per una riduzione del numero di alunni nelle classi
attualmente sempre più affollate che non consentono assolutamente lo svolgimento
di un reale dialogo educativo.
Finalmente - dopo assidue insistenze da parte
delle associazioni, specie di quelle aderenti alla FISH - il Ministero ha varato
il Regolamento sulla Formazione Iniziale di tutti i futuri docenti che prevede -
per quelli della scuola dell'infanzia e primaria - l'obbligo di trentuno crediti
formativi durante l'università (circa un semestre) sulle problematiche
didattiche dell'integrazione.
Purtroppo non si è riusciti ad ottenere più di
sei crediti formativi per i futuri docenti curricolari di scuola secondaria; ma
su questo aspetto la FISH tornerà certamente alla carica.
Manca invece
ancora un obbligo contrattuale di formazione in servizio su questi problemi e la
nostra Federazione dialogherà con i Sindacati perché a ciò si pervenga
prestissimo.
Sempre la FISH sta anche dialogando con il Ministero per la
riduzione del numero di alunni nelle classi frequentate da studenti con
disabilità, che dovrebbe essere massimo di 22, mentre di fatto si arriva anche a
classi con 30 e più alunni.
Il Ministero - che purtroppo in questi ultimi
anni sta impostando le politiche dell'integrazione scolastica esclusivamente in
termini di tagli alla spesa - non si rende conto che è su una strada sbagliata.
Infatti, finché terrà le classi numerose e i docenti curricolari non preparati
sull'integrazione, i genitori continueranno a chiedere sempre più il massimo
delle ore di sostegno e le otterranno dai Tribunali Amministrativi Regionali
(TAR), come sta avvenendo ormai da anni, facendo pagare al Ministero non solo le
spese di causa, ma anche il risarcimento dei danni non patrimoniali.
Solo se
il Ministero si convincerà dunque della bontà della cultura dell'integrazione e
la metterà in pratica, riuscirà a risparmiare e a soddisfare le giuste richieste
dei genitori che sono quelle di un'offerta educativa di qualità anche per i
propri figli e per i loro compagni.
*Vicepresidente nazionale della
FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap).
6 novembre 2010