Ecco in anteprima il numero di dicembre 2010 della rivista Anffas Onlus "La rosa blu"
Vi proponiamo in anteprima il numero 2 - dicembre 2010 de "La rosa blu", rivista Anffas Onlus sulla disabilità.
Questo numero del periodico associativo è dedicato principalmente al tema
delle politiche a favore delle famiglie al cui interno sono presenti una o più
persone con disabilità.
Vi anticipiamo il sommario:
Editoriale - Roberto Speziale
Conferenza Nazionale sulla
Famiglia: la partecipazione di Anffas Onlus - Massimo Fenzi
Hanno detto della Conferenza…
Le giovani famiglie hanno
cominciato a bussare alla porta Anffas - Michele Imperiali
I
sibling e i sette sogni - Antonino Prestipino
La condizione di
esclusione sociale della persona con disabilità e della sua famiglia -
"disabilità e povertà – seconda parte - Marco Faini
Il dialogo
tra famiglie, territorio, servizi ed enti locali per l'inclusione sociale delle
persone con disabilità: una esplorazione sul territorio della provincia di
Milano - Brunella Castelli, Roberto Guzzi, Marta Rampinini, Silvia
Solari, Maurizio Colleoni
Un percorso chiamato delfino -
Valentina Salandini
Verifiche straordinarie Inps: istruzioni per
l'uso - Gianfranco de Robertis, Filomena Paciello
"Accorciamo
le distanze!" La Convenzione Onu arriva alle persone con disabilità ed alle loro
famiglie - Emanuela Bertini
Una proposta di legge sul "Dopo di
noi" - Emilio Rota
Una, due…millecinquecento volte invisibili.
La percezione della disabilità intellettiva e/o relazionale in un'indagine del
Censis - Roberta Speziale
Un aggiornamento: buon compleanno
328!
Inserto - Osservazioni e proposte Anffas Onlus al documento
"verso un piano nazionale di politiche per la famiglia – documento preparatorio
per la Conferenza Nazionale sulla Famiglia – Milano, 8-10 novembre 2010"
Per stimolare la lettura vi anticipiamo inoltre l'editoriale
del Presidente Nazionale Anffas Onlus, Roberto Speziale
Sono tempi duri per noi e per i
nostri diritti.
A dire il vero, qualcuno potrebbe eccepire a questa mia
affermazione ribattendo che sono tempi duri per tutti. Ed in effetti è così.
Il nostro Paese vive un momento di profonda crisi, non soltanto economica,
ma anche culturale, sociale e valoriale. Il nostro Stato è alle prese con un
cospicuo debito pubblico e l'Unione Europea incombe con le sue minacce di
sanzioni. I nostri connazionali sono alle prese con un lavoro che non c'è e che,
quando c'è, non è sufficiente a garantire gli standard di vita cui gli ultimi
decenni di "parvente benessere" ci hanno abituati. Le famiglie del nostro Paese
sono sempre meno numerose, sempre più fragili, ormai quasi definitivamente
inghiottite dal vortice di generalizzato disagio che le colpisce con particolare
durezza. I nostri studenti affollano le strade, le piazze, i tetti ed i
monumenti per protestare contro una riforma che vedono come minaccia al loro
futuro. I nostri rappresentanti politici sono impegnati, ai malpensanti verrebbe
da dire "tra un festino e l'altro", nella defatigante impresa di decidere le
sorti del nostro Governo.
In questo quadro noi, e per noi non intendo
soltanto persone con disabilità e loro genitori, familiari, amici, ma
generalizzo all'intero "mondo" del sociale, delle persone che si trovano in una
condizione di disagio, di particolare vulnerabilità, di rischio di esclusione
sociale e povertà, sembriamo quasi un gruppetto sparuto, di poco conto. In
questo quadro, agli occhi della cosiddetta società civile e dell'opinione
pubblica, noi non ci siamo.
Eppure, noi siamo in ognuna delle poche e
"stereotipate" categorie che ho citato sopra: siamo persone, lavoratori,
famiglie, studenti, etc etc e siamo colpiti più e più volte, ancor più
duramente, da ognuna delle ripercussioni che la "crisi" e, diciamolo, anche le
soluzioni volte a risolverla, generano per tutti i cittadini. In più, siamo
colpiti direttamente, nella nostra essenza di persone e di famiglie con
vulnerabilità e, quindi, a rischio.
Infatti, la legge di Stabilità 2011 ha
tagliato, tra gli altri, il Fondo sulle Politiche Sociali, ha azzerato quello
sulla Non Autosufficienza ed ha letteralmente messo le mani in tasca agli
italiani che finora hanno sostenuto le attività del "Terzo Settore" riducendo ad
¼ la copertura 5 mille, risorsa straordinaria per tante eccezionali realtà che
suppliscono (alla faccia dell'ottica della sussidiarietà) in tutto e per tutto a
quanto lo Stato è chiamato a porre in essere. E non dimentichiamo che questi
tagli si vanno a sommare ad una situazione di costanti, discriminatorie e
discriminanti restrizioni ai nostri diritti: a partire, solo per fare qualche
esempio, dai tagli alla scuola, passando ai piani di rientro della sanità (che
mettono a rischio, ricordiamolo, anche la riabilitazione), nonché
all'inserimento lavorativo (dove siamo costretti a contenderci con orfani di
guerra e vittime di terrorismo quei posti che già non erano minimamente
sufficienti anche soltanto per noi), per non parlare dell'assurda logica
dell'accertamento dell'invalidità civile e stato di handicap, le strette
sull'indennità di accompagnamento e le modalità delle verifiche dirette al
contrasto dei falsi invalidi che creano solo ulteriori disagi alle persone con
disabilità "vere". A ciò fa da contorno e da base la cultura di fondo, che
purtroppo passa e si sedimenta nell'immaginario collettivo, che torna a parlare
di "classi speciali", che ci taccia quale "spesa improduttiva", che subdolamente
ci accusa di essere noi (ma come? Non eravamo solo un piccolo e povero gruppo
sparuto?!) la causa primaria del debito pubblico e che vorrebbe relegarci
caritatevolmente in un cantuccio di pietismo e "tapparci la bocca" con la
cultura del dono.
La cosa più impressionante è che su tutto questo regna
sovrano il silenzio.
Tornando all'immagine, particolarmente suggestiva, cui
accennavo prima degli studenti sui tetti che gridano "Ci state tagliando il
futuro!", credo proprio che noi dovremmo gridare "Ci state condannando
all'invisibilità, all'esclusione, alla morte!". Ma noi purtroppo su quei tetti
non ci siamo, forse perché il nostro compito, cioè quello di rappresentare
persone che spesso da sole non possono farlo e che sono "deboli" portatori di
interessi, non è facile.
Tuttavia, se non vogliamo che davvero questa
"crisi" ci ingoi, in un battibaleno, e ci "cancelli" i diritti, le speranze ed i
sogni di una vita "di qualità", su quei tetti dobbiamo salirci ed il modo per
farlo, per noi, è uno solo: partecipare. E' solo insieme, infatti, che possiamo
far sentire la nostra voce. E per questo, mie care famiglie, vi invito a
sentirvi realmente parte della nostra associazione, nella sua più profonda
essenza ed a non vedervi, come spesso succede, come soli utenti o fruitori di un
qualche servizio.
La nostra associazione è il tetto sul quale possiamo
salire, è la trincea che abbiamo costruito insieme in questi 52 anni per
difendere la dignità umana ed i diritti fondamentali di quanto di più caro
abbiamo al mondo: i nostri congiunti ed amici con disabilità.
21 dicembre 2010
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