Fonte www.redattoresociale.it - Cuoche, sarte, allevatrici: la mostra di Andrea e Magda photographers racconta le storie delle donne palestinesi con disabilità che, grazie al loro entusiasmo e al sostegno della ong EducAid, si sono realizzate. Inaugurazione a Rimini.
Venti scatti, 20 storie di riscatto di donne palestinesi con disabilità che grazie allo studio, al lavoro e a tanto impegno hanno realizzato il loro percorso di autonomia e autodeterminazione. Inaugurato sabato scorso alla Galleria dell’Immagine di Rimini la mostra “I am a woman. No more and no less”, di Andrea e Magda photographers, un itinerario fotografico creato dai due fotografi all’interno di un progetto di cooperazione internazionale realizzato in Palestina dalla ong riminese EducAid.
Immagini ironiche, forti, per affermare i diritti delle persone con disabilità e le loro potenzialità oltre gli stereotipi e i pregiudizi in un contesto, quello palestinese, in cui la loro condizione è fortemente stigmatizzata, tanto nella sfera familiare quanto in quella sociale. “Solo conoscendo queste ragazze ho capito il vero significato di resilienza – spiega Michela Fabbri di EducAid –. Hanno un’energia incredibile, una positività ammirevole. Le foto sono belle e allegre, assolutamente in linea con quando come ong abbiamo sempre cercato di fare: mai, infatti, abbiamo voluto abbandonarci a un approccio paternalistico o assistenziale”.

Da molti anni EducAid nell’area lavora in due direzioni: in ambito educativo forma gli insegnanti dei campi profughi, mentre in Cisgiordania e a Gaza porta avanti progetti con persone con disabilità, soprattutto donne, che sulla loro pelle vivono una doppia discriminazione: quello di essere donna e quello di avere una disabilità “in un Paese in cui la disabilità non è accettata. Siamo anche in una zona di conflitto, aspetto non secondario: molti ausili e molti servizi che potrebbero facilitare le loro vite non sono nemmeno reperibili – continua Fabbri –. Lavoriamo sull’empowerment, da sempre”. Così, in un primo momento le ragazze vengono messe a conoscenza dei contenuti della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Vengono poi inserite in percorsi di formazione, gestiti da altre persone con disabilità: la formazione è alla pari e, di volta in volta, le ragazze che concludono il progetto diventano punto di riferimento per tutta la comunità.

“Per loro avere un lavoro ha una duplice valenza: sostentamento economico e realizzazione personale. Senza questa possibilità non uscirebbero mai di casa. Duole dirlo, ma in Palestina le donne escono di casa solo quando si sposano, e queste ragazze con disabilità hanno pochissime possibilità di sposarsi. Un lavoro, invece, permette loro di crearsi e coltivare relazioni con l’esterno”. Così, c’è una ragazza sorda che ha dato vita a un laboratorio di pasticceria, proprio come un’altra donna che, invece, ha aperto un negozio di bigiotteria, cosmesi e abbigliamento che è diventato il cuore del quartiere. Poi ci sono sarte e ricamatrici, fotografe e allevatrici di piccioni o conigli, soprattutto nelle campagne. EducAid offre aiuto e assistenza per l’avvio della startup e le affianca per 2/3 anni, poi lascia che proseguano in autonomia: “Per questo noi parliamo sempre di cooperazione allo sviluppo”.

L’idea della mostra era nata proprio per documentare queste storie, ma si è evoluta in qualcosa di autonomo. “Mostrare una parte della loro vita, delle loro passioni e del loro lavoro, è stato un modo per definire le loro personalità – commentano i due fotografi Andrea e Magda, lui italiano, lei francese, che dal 2009 vivono in Medio Oriente –. Abbiamo ascoltato le loro storie e abbiamo provato a mettere in luce cosa fosse importante per loro. A volte dalle testimonianze sono emerse con chiarezza storie di discriminazione e di lotte sociali, mentre da altre sono emersi la determinazione e il supporto ricevuto dalla comunità o dalla famiglia”. L’obiettivo di “I am a woman. No more and no less” (dalla poesia “No more and no less” del poeta palestinese Mahmoud Darwish) è permettere a queste donne di uscire dall’ombra per essere riconosciute come soggetti attivi e titolari di diritti. “Non è facile combattere gli stereotipi di chi crede che la diversità sia una minaccia alla ‘normalità’ – concludono i fotografi –, ma la determinazione e la carica delle donne che abbiamo incontrato non può lasciarci indifferenti ed è modello non solo per altre persone con disabilità, ma per l’intera umanità”.
La mostra, realizzata nell’ambito della rassegna “Rimini foto d’autunno” anche con la collaborazione del Festival del turismo responsabile It.a.cà., durerà sino al 28 ottobre