Tratto da www.minori.it - Qualche volta i giornalisti dimenticano i dettami della Carta di Treviso che disciplina i rapporti tra informazione e minori. L'ultimo caso in queste settimane: la morbosa curiosità di stampa e tg per un recente caso di cronaca nera che ha coinvolto anche una bambina ha imposto la presa di posizione dell'Ordine dei giornalisti e confermato la spesso carente attenzione dei media verso la delicata condizione di bambini e adolescenti.

È stata la sovresposizione mediatica del cosiddetto "giallo dell'estate", l'uccisione di Melania Rea, a richiamare l'attenzione dell'organismo che vigila sull'attività degli operatori dell'informazione. Infatti, scrivono il presidente dell'Ordine nazionale Enzo Iacopino e il presidente dell'Ordine regionale abruzzese Stefano Pallotta, nelle «troppe cronache» emerge «una grave mancanza di rispetto per la più fragile tra le vittime della tragedia, la figlia dei due coniugi Parolisi».

I giornalisti devono «garantire l'anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi della sua personalità, come autore, vittima o teste», secondo i principi della Carta di Treviso, «uno dei principali strumenti adottati in piena autonomia dai giornalisti a salvaguardia della deontologia professionale».

Iacopino e Pallotta contestano infatti la scelta di «dare il massimo rilievo attorno a particolari (nome di battesimo, età ecc.) della figlia minore della coppia» pur in «in assenza di qualunque interesse pubblico a conoscere tali particolari» che dovrebbero essere invece sottoposti a specifica tutela, come prescrive il documento del 1990.

«I colleghi – scrivono i due vertici Odg - dovrebbero chiedersi qual è l'utilità di pubblicare quei particolari, assecondando una morbosità che nulla ha da vedere con il dovere di cronaca e dimenticando non solo «i principi deontologici della nostra professione» ma anche lo «scrupoloso rispetto per le persone». La riflessione sull'approccio dei mezzi di informazione a condizione e problemi di infanzia ed adolescenza è uno dei punti fondanti dell'attività del Centro nazionale fin dalla sua fondazione. La ritroviamo anche in un discorso del 21 gennaio 2005 di Alfredo Carlo Moro, tra i creatori del Centro nazionale che collaborò anche alla redazione della Carta di Treviso.

Tenuto a Cesena, durante il seminario Quando un fatto diventa notizia: storie di bambini e bambine, il discorso è incentrato principalmente sui "fattacci" alla ribalta in quel periodo, cioè il caso Cogne e la vicenda di Erika e Omar. Il ragionamento di Moro però allarga anche lo sguardo sulla rappresentazione dei bambini sui media, che – a suo avviso – "non sono stati ancora capaci di «una riflessione pacata ssui disagi che vive il bambino con problemi; sulle difficoltà che deve affrontare anche il bambino comune nel suo difficile itinerario iniziatico" .

Perchè, aggiunge Moro, «nel tanto parlare mediatico sull'infanzia rischia di scomparire proprio il bambino reale sostituito da un bambino fantasmatico – su cui l'intera comunità proietta le proprie angosce – che rimane il grande sconosciuto e l'incompreso per antonomasia» . Perchè, dice Moro, è assente proprio «il bambino normale e reale – con i suoi bisogni di essere più che di avere; con le sue profonde infelicità e insicurezze dovute alla sua condizione di debolezza, di dipendenza, di confusione che vanno colte e superate; con le sue continue ed esigenti richieste di aiuto per comprendere una realtà complessa, spesso percepita come ostile e castrante; con le sue sofferenze per le microviolenze, non meno laceranti della macroviolenze, fatte di ironia, di incomprensioni, di trascuratezze».

Su giornali e televisioni è presente dunque «o il bambino senza alcun problema o il "bambino-caso limite" perché vittima delle macroscopiche onnipotenze degli adulti: è assente il bambino comune, il bambino concreto con le sue effettive difficoltà quotidiane, il bambino "persona" con i suoi sentimenti reali non mitici».

Col risultato che «permangono così atavici pregiudizi e sostanziali banalizzazioni della realtà del bambino; si ratificano le ambivalenze del mondo degli adulti nei confronti dell'infanzia e i diffusi atteggiamenti di "desiderio – ripulsa", di "attrazione – preoccupazione", di "amore – timore"; si alimentano, nelle emozionali vampate per il più recente fatto di cronaca enfatizzato, riti collettivi liberatori – di rimozione e disimpegno – contribuendo a porre sempre più il bambino alla periferia della quotidiana vita degli adult».

Tante le proposte fatte negli anni per sollecitare una maggiore attenzione da parte degli operatori dell'informazione verso tutte le questioni che coinvolgono o riguardano minori. Educazione critica dei minori e sanzioni più puntuali e concrete: queste le idee avanzate nell'ambito del Progetto speciale di ricerca voluto nel 2004 dall'Autorità garante delle comunicazioni per elaborare più efficaci indicazioni sulla tutela di bambini e adolescenti da parte dei mezzi di comunizione.

Scriveva infatti il Comitato tecnico scientifico voluto dall'AgCom che vanno affrontati «due problemi legati tra loro: le misure preventive e la semplificazione e l'efficacia della normativa». La tutela dei minori è «un obiettivo che può essere meglio conseguito ove le misure di prevenzione non si limitino ad evitare il superamento dei vincoli, ma attivino anche una serie di azioni volte a promuovere un sempre più positivo rapporto tra i minori ed i mezzi di comunicazione. Promotori di queste azioni sono le agenzie formative che possono dedicare attenzione a sviluppare una capacità critica dei minori sull'utilizzo dei media, responsabilizzando gli stessi nella realizzazione di prodotti interessanti e coerenti con i processi educativi e formativi» .

Secondo punto: «L'adozione ed il rispetto da parte delle diverse categorie degli operatori di comunicazione di codici deontologici e di autoregolamentazione riconosciuti contribuisce indubbiamente a semplificare la vigilanza e l'interpretazione delle misure legislative, che potrebbero essere riviste per armonizzarne i contenuti, snellire e velocizzare i procedimenti sanzionatori, innovare le misure sanzionatorie. L'efficacia delle risposte alle violazioni costituisce, infatti, un deterrente certo al verificarsi di situazioni di illegittimità».

21 settembre 2011