Un interessante contributo di Angelo Fasani, presidente Anffas Milano e consigliere nazionale Anffas Onlus

Fonte www.affaritalian.libero.it - «Leggere stamattina (1 aprile 2011, n.d.r.) il Buongiorno di Massimo Gramellini è stato un pugno nello stomaco; un pugno che mi ha destato dagli ultimi torpori mattinieri. Ho diciotto anni e credo che voi un po' più anziani adesso iniziate a capire perché noi giovani ci stiamo allontanando dalla politica, sempre se di politica si tratti. Noi siamo il futuro, ma se il futuro è costruito per noi da gente così mi ritengo finito».

Questa frase è comparsa sul web lo stesso giorno in cui Massimo Gramellini ha commentato un pesante insulto che la parlamentare Ileana Argentin avrebbe ricevuto alla Camera dei Deputati il 31 marzo scorso da un onorevole, suo collega (l'uso del condizionale è dovuto al fatto che nei giorni successivi non si è avuta la conferma dello spiacevole episodio, né si sono registrate particolari prese di posizione al riguardo. Si è forse trattato di un malinteso?).

Ci si può comunque chiedere se veramente "gente così", come ha scritto il diciottenne sul web, possa essere presente anche in Parlamento, se sia possibile che un "onorevole" se ne esca con un insulto come quello, riferito il 1° aprile scorso da più di un quotidiano.

Personalmente, quando ho appreso la notizia e ho poi letto il commento di Gramellini, non ho pensato che si trattasse di un malinteso, anzi ho pensato: ecco prima o poi doveva pur accadere anche un fatto del genere. La campagna denigratoria nei confronti delle persone con disabilità era già iniziata nel 2010 con le pesanti affermazioni del ministro Tremonti, si erano poi succeduti diversi interventi contro l'inclusione scolastica, tra i quali quello di un professore del Conservatorio di Milano, che aveva sentenziato "Prima della didattica viene la genetica" e "Alla Rupe Tarpea bisognerebbe tornare" (anche se dalla Rupe Tarpea i romani non gettavano le persone con disabilità, ma i traditori della patria. Erano gli spartani che abbandonavano sul monte Taigeto i bambini nati deformi); infine era da poco uscito il numero di Panorama con il "pinocchio scroccone" sulla sedia a rotelle in prima pagina.

Si era dunque creato un clima che poteva favorire un abbassamento della soglia d'inibizione in chi, in un momento di eccitazione, nutrendo in cuor suo una certa insofferenza, un'avversione, un'antipatia per queste persone con disabilità che pretendono di essere rispettati, che sono "improduttivi" e vogliono far valere i loro diritti, perdesse il controllo e sbottasse in quel modo.

Perché il fatto potrebbe essere effettivamente accaduto? Perché un certo clima può aver indotto qualcuno ad esternare ciò che covava dentro da tempo? "Certe frasi sputate in un momento di irritazione non vengono dal nulla. Incubano, magari per anni, in una palude di pensieri facili e brutti" – aveva scritto Gramellini. Qui ci interessa proprio soffermarci su queste "eruzioni" ed invitare a riflettere su ciò che alberga nei più profondi recessi dell'animo umano nei confronti della disabilità, e che in certe situazioni, soprattutto oggi, si manifesta apertamente. Alla faccia di quella evoluzione culturale – in realtà, in gran parte di maniera – che, tra l'altro, cerca di mantenere nel lessico quel "diversamente abili", con cui proprio alcuni politici e amministratori pubblici credono di poter accreditare una loro visione avanzata della disabilità.

Che l'evoluzione culturale in tema di disabilità sia in gran parte di maniera è, a mio avviso, confermato da tutta una serie di esternazioni di cui quelle sopra ricordate costituiscono solo una piccola parte. In un periodo di forte crisi economica e sociale, la stampa ha purtroppo veicolato un'immagine della disabilità, inaugurata dal ministro Tremonti, come peso insostenibile per la società; è così emerso ciò che in realtà era semplicemente al di sotto di quella soglia di inibizione dettata dal "politicamente corretto"; sono emersi sentimenti nascosti, che dimostrano quanta strada vi sia ancora da percorrere per superare – sempre che sia del tutto superabile – l'avversione nei confronti di chi non è come gli altri e con la sua presenza ti obbliga a guardare in faccia alla realtà, a ciò che hai magari confinato nella sfera del rimosso; l'handicappato ti ricorda che tu (anche tu), in quanto essere umano sei soggetto a limiti, a volte anche molto pesanti.

O te ne fai una ragione e, partendo dal dato fondamentale che è la dignità di ogni essere umano, lavori per una società più inclusiva, o fai come gli spartani; la versione moderna di una simile scelta la conosciamo: Aktion T4 fu una tragedia che non si può (non si deve) dimenticare, ed è una strada che, sia pure con modalità diverse, più subdole magari, qualcuno potrebbe voler ripercorrere.

Se è troppo pessimistico affermare che oggi ci troviamo di fronte a un tale bivio, è un fatto però che si va accentuando la divaricazione tra il pensiero del movimento delle associazioni, che intende fermamente continuare a percorrere la prima strada, sancita anche a livello internazionale dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, e coloro che, anche quando non lo dicono apertamente, non si opporrebbero più di tanto a soluzioni spartane.

Vogliamo qui inoltre ricordare – a proposito di "selezione della razza" – che il presidente del Comitato consultivo di etica francese, Didier Sicard, già nel 2007 prese posizione contro un uso ormai chiaramente eugenetico della diagnosi prenatale generalizzata. Gli fece eco Giovanni Berlinguer, che è stato presidente del nostro Comitato nazionale di bioetica, dichiarando che quello denunciato da Sicard, "è un fenomeno che ora è in espansione, ma viene da lontano. Discende da fasi ed esperienze molto diverse tra loro, che hanno tutte in comune la pretesa di predeterminare e di selezionare chi ha diritto di nascere e di vivere" (cfr Oltre 1/2007).

03 ottobre 2011