Fonte VITA - Una storia lunga 40 anni al servizio dell’integrazione lavorativa delle persone fragili. La cooperativa sociale Spazio Aperto il 20 maggio ha celebrato il suo compleanno con un evento nella sede Cariplo di via Romagnosi a Milano. Un’occasione non solo per ripercorrere quattro decenni di lavoro con le persone fragili, ma anche per confrontarsi con le istituzioni, il mondo della ricerca e le imprese.

A raccontare l’esperienza della cooperativa sociale nata a Milano nel 1984 c’è anche un ebook “Fare impresa sociale: idee, storie, responsabilità”, a cura di Loris Camarin e Alberto Fontana (online allo store di VITA). 

La rivoluzione “Progetto di vita”

A prendere per prima la parola dopo l’introduzione del direttore di VITA, Stefano Arduini che ha moderato la mattinata è stata la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli.
Partendo dall’idea della valorizzazione delle capacità di ogni persona ha sottolineato il cambiamento di prospettiva rappresentato dal decreto sul “Progetto di vita”. «È una rivoluzione», ha esordito Locatelli, «perché mettiamo in primo piano i processi di capacitazione della persona che verrà presa in carico in modo complessivo, eliminando la frammentazione degli interventi che ha caratterizzato il sistema fino ad ora». «In questo quadro», ha chiosato il ministro «l’inclusione nel mondo del lavoro è un tassello cruciale». 

Il presidente di Fondazione Cariplo, Giovanni Azzone, ha voluto sottolineare come il tema del lavoro sia centrale nell’azione della fondazione impegnata nel rendere più robusto e resiliente il territorio valorizzando tutte le persone: «I fragili non sono una categoria». Sul lavoro inclusivo Azzone ha richiamato il ruolo di mediatori, di «enzima», delle fondazioni di origine bancaria come Cariplo che in questi anni ha investito 27 milioni in 80 progetti coinvolgendo 15mila persone nei territori di sua competenza.

La centralità del lavoro

Il lavoro è centrale per rendere più robusto un territorio, ha continuato Azzone, che ha citato i dati del mismatch: 1 milione di posti vuoti e 2 milioni di persone che non studiano né cercano occupazione. Per un lavoro inclusivo, ha concluso, «serve sia il pubblico che fa formazione sia l’impresa privata che crea un ambiente accogliente grazie al supporto del Terzo settore». 

Manca però ancora una vera cultura imprenditoriale dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. A richiamarne la necessità l’assesore all’Istruzione, formazione e lavoro di Regione Lombardia, Simona Tironi: «Ogni anno raccogliamo ancora 80 milioni di multe da aziende che preferiscono pagare le sanzioni piuttosto che adempiere agli obblighi di legge». 

Per favorire un approccio diverso il Pirellone ha messo sul piatto 2 milioni di euro per sostenere, a partire dal prossimo settembre,  una serie di incentivi per chi occupa persone con disabilità.  

Azioni concrete, non pacche sulle spalle

Sviluppare l’economia civile è, per l’assessore comunale al Welfare e Salute Lamberto Bertolè «fondamentale e l’amministrazione ha spazi per promuoverla. Occorre accelerare sugli appalti e le procedure ristrette. È un mondo che sta crescendo: non servono pacche sulle spalle, ma azioni concrete come le clausole a favore del lavoro delle persone con disabilità nelle gare che gestisce il Comune».

«Mi impegno a presentare un misura che vada in questa direzione nel piano per il Welfare della città», ha aggiunto, invitando però il Governo «ad ascoltare gli enti locali dando loro le risorse necessarie per fare in modo che i progetti di vita delle singole persone possano essere supportati concretamente dagli operatori sociali». 

Da parte sua il presidente di Federsolidarietà, Stefano Granata – che ha ricordato i suoi inizi da cooperatore proprio a Spazio Aperto 36 anni fa – ha sottolineato il valore strategico della cooperazione nell’inserimento lavorativo. «Oggi le cooperative stanno sul mercato, lavorano nelle filiere un tempo impensabili della transizione green e digitale, relazionandosi con le aziende ed essendo un valore aggiunto per le stesse imprese profit»

All’origine le famiglie in cerca di risposte

Il presidente nazionale di Anffas, Roberto Speziale ha non solo ricordato come nella genesi di Spazio Aperto ci siano state le famiglie di Anffas Milano che cercavano una risposta ai bisogni dei propri figli, ma anche come in questi decenni per rispondere al tema della dignità delle persone con disabilità il cammino sia proseguito con la nascita in seno all’associazione di 250 enti tra associazioni, cooperative sociali e gruppi sportivi.

«La sfida del mercato del lavoro è quella di non guardare alla persona con disabilità come a un peso, ma a una risorsa». Perché questo sia vero occorre ripensare anche il mondo della formazione: «I nostri figli restano nel sistema scolastico 15 anni, un tempo che sarebbe utile venisse usato per prepararli al mondo del lavoro e non a essere solo utenti di un CDD». 

«I pazzi si precipitano là dove persino gli angeli non oserebbero neppure posare il piede», è una frase del poeta Alexander Pope quella scelta dall’attuale presidente di Spazio Aperto, Gianluca Casalini (https://www.vita.it/linnovazione-al-servizio-dellinclusione-come-funziona-il-modello-spazio-aperto/)  per descrivere l’evoluzione di una realtà che oggi conta 950 occupati di cui 275 persone con disabilità.  

L’importanza di studiare i dati per innovare

Nel secondo panel si  è poi parlato della ricerca realizzata dalla Fondazione Giordano dell’Amore, inserita nel volume “Fare impresa sociale: idee, storie, responsabilità”.  A presentarla Gian Paolo Barbetta (Evaluation Lab della Fondazione Social Venture Giordano dell’Amore e Università Cattolica di Milano), con Paolo Canino, anch’egli dell’Evaluation Lab, Loris Camarin, responsabile progetti di Spazio Aperto ed Elena Garbelli, responsabile servizio occupazione per le persone con disabilità di Afol Metropolitana Città.

«Una ricerca che serve per capire attraverso i dati se il modello di intervento ha effetti positivi e se nel confronto si possono migliorare le politiche lavorative rivolte alle persone», ha detto Canino. Mentre Camarin ha rimarcato l’importanza, per chi lavora da 40 anni come impresa sociale, «di trovare il tempo per studiare, analizzare i dati per poter innovare su basi solide».

Il lavoro, le imprese raccontano

Nel terzo panel sono intervenuti tre rappresentanti di aziende partner di Spazio Aperto, all’avanguardia nell’inserimento lavorativo delle persone fragili. 

«Per noi non si tratta di una sfida, ma di un’opportunità», ha esordito Babila Bruni, cluster director of People & Culture di Mandarin Oriental, marchio dell’hotelleria di lusso. Perché un’opportunità? «Perché non solo l’inclusione migliora il clima aziendale, ma allarga anche le possibilità di attirare persone di talento che sempre più apprezzano imprese che fanno propria la cultura dell’inclusività. È un valore aggiunto che sempre più viene cercato e percepito». Mandarin Oriental ha studiato con Spazio Aperto un progetto che sta permettendo alle persone con fragilità e disabilità di lavorare nella sanificazione, nelle pulizie e lavanderia entrando nella normale turnazione con tutti i colleghi.

Per Marco Capponi, Head of Purchasing Italia Boehringer Ingelheim Italia quella dell’inserimento lavorativo delle persone fragili è un’esperienza iniziata venti anni fa e «che è cresciuta nel tempo». Capponi ha ricordato che «la partnership con Spazio Aperto è iniziata con piccoli lavori di lavanderia per evolversi fino alle pulizie in passaggi marcati da un’integrazione continua». Capponi ha poi evidenziato che per un’azienda farmaceutica che ha tra gli obiettivi di business il benessere delle persone è importante anche condividere dei valori con i propri fornitori.

Un’isola formativa per il futuro

Ha parlato di concrete opportunità nella partnership tra pubblico, privato e cooperazione Marco Carrubba People Business Partner, M&S Origgio Site Sanofi Healthcare Italia portando l’esempio dell’Isola formativa realizzata nello stabilimento in provincia di Varese. L’azienda di fronte all’aumento dei volumi e di conseguenza dell’organico «ha scelto di fare inclusione partendo dalla formazione e dal reskilling», ha raccontato.

Nel progetto è stato direttamente coinvolto il management del sito dove sono stati adeguati gli spazi in un’area accessibile dell’azienda. In un anno e mezzo dall’avvio dell’Isola formativa sono state inserite nove persone «rafforzando inoltre nei collaboratori la cultura sui temi Inclusion & diversity. Due persone sono state assunte e altre due lo saranno nel 2025», ha concluso.